Nell’ormai celebre Special report 15 (Sr15), il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) ha messo bene in chiaro qual è la strada da seguire per scongiurare la catastrofe climatica: azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050, arrivando al tempo stesso a coprire il 75-80 per cento del fabbisogno di energia con le fonti rinnovabili. Il colosso tecnologico Apple accetta la sfida, anzi, rilancia. Dopo aver azzerato l’impatto climatico degli uffici, promette di fare lo stesso con i prodotti e la filiera. Tutto questo con vent’anni di anticipo rispetto alla scadenza sancita dall’Ipcc. Il “come” è descritto nell’Environmental Progress Report 2020.
Gli uffici di Apple sono già a impatto climatico zero
Dal 2018 tutti gli uffici, i negozi e i data center di Apple, disseminati in 44 Paesi, sono alimentati esclusivamente dalle fonti pulite. A fornire l’83 per cento dell’energia elettrica (circa 1,2 gigawatt) sono impianti che il colosso di Cupertino ha costruito in prima persona o sostenuto finanziariamente, acquisendone delle quote o siglando contratti di fornitura a lungo termine. La parte restante viene comprata dai mercati vicini o da fornitori locali.
Parallelamente, le misure di efficientamento messe in campo nell’anno fiscale 2019 hanno permesso di sforbiciare del 18 per cento i consumi di elettricità, risparmiando 26,4 milioni di chilowattora annui.
Un altro 2 per cento delle emissioni è prodotto dalle trasferte di lavoro e dai tragitti casa-ufficio degli oltre 132mila dipendenti. Dal mese di aprile 2020 anch’esse risultano interamente bilanciate da progetti di compensazione. Azzerando, così, l’impronta di carbonio degli uffici.
La sostenibilità comincia dal design dei dispositivi
Dentro le mura delle sedi però si genera soltanto una parte della carbon footprint di Apple, che complessivamente è stimata in 25,1 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Una cifra che è già stata tagliata del 35 per cento dal 2015 (mentre il fatturato cresceva dell’11 per cento) e dovrà calare di un altro 75 per cento entro il 2030 per conseguire la tanto ambita carbon neutrality. La parte rimanente è legata alle fasi di realizzazione, trasporto e uso dei prodotti. Ed è qui che si apre la prossima sfida per il colosso di Cupertino.
Gli interventi sul design dei dispositivi si sono focalizzati su tre direttrici. Innanzitutto, ridurre il fabbisogno di materie prime e prediligere quelle a bassa impronta di carbonio. Un esempio è l’alluminio. Oltre ad averne drasticamente diminuito l’impiego in determinate linee di prodotti, l’azienda reintroduce i suoi scarti nel processo produttivo e si approvvigiona il più possibile di alluminio riciclato. In parallelo, sostiene lo sviluppo del primo processo diretto di fusione dell’alluminio a zero emissioni. L’impronta di carbonio di tale materiale è così crollata del 63 per cento rispetto al 2015, quando rappresentava il 27 per cento del totale legato alla fabbricazione. Infine bisogna ridurre il consumo di energia da parte dei dispositivi, che già oggi è inferiore del 73 per cento rispetto al 2008.
By 2030, Apple’s entire business will be carbon neutral — from supply chain to the power you use in every device we make. The planet we share can’t wait, and we want to be a ripple in the pond that creates a much larger change. https://t.co/bltmlnau1X
Una multinazionale del calibro di Apple ha legami con migliaia e migliaia di fornitori in tutto il mondo. Da loro derivano circa i tre quarti della sua attuale impronta di carbonio. L’azienda ha quindi avviato un programma per l’efficienza energetica dei fornitori che prevede ispezioni in loco e consulenze mirate sugli interventi per ridurre il dispendio di energia (in primis riparazioni e sostituzioni di impianti obsoleti). I 92 aderenti hanno già ridotto le proprie emissioni di oltre 779mila tonnellate di gas serra nell’arco del 2019. Visto che la principale barriera spesso è rappresentata dalle spese necessarie per ammodernare gli impianti, Apple ha stretto una partnership con il Green Fund di Stati Uniti e Cina, che investirà 100 milioni di dollari in soluzioni per l’efficienza energetica della sua filiera.
I progetti di Apple per la tutela degli ecosistemi
In collaborazione con il Conservation Fund e il World Wildlife Fund, la società guidata da Tim Cook finora ha migliorato la gestione di oltre 400mila ettari di foreste in Cina e negli Stati Uniti. Nel 2018, insieme a Conservation International e altri partner locali, ha contribuito a proteggere e recuperare una foresta di mangrovie di quasi 11mila ettari in Colombia, che sequestrerà dall’atmosfera un milione di tonnellate di CO2. Sempre con Conservation International si sta occupando del ripristino di un’area di savana degradata in Kenya, a breve distanza dal confine con il parco nazionale del Kilimangiaro. Ad oggi tale ecosistema è talmente compromesso da non riuscire più a catturare CO2 in modo efficace, né tanto meno a garantire cibo per la fauna selvatica e sostentamento per le comunità locali.
A partire da quest’anno, Apple intende mettere a sistema queste esperienze istituendo un fondo che investirà nel ripristino e nella tutela dei sistemi naturali in tutto il mondo. Così facendo, compenserà le emissioni che non riesce a evitare.
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