Martedì 23 novembre, il parlamento europeo ha approvato definitivamente la nuova Politica agricola comune (Pac), con 452 voti a favore, 178 contrari e 57 astensioni. Si tratta della versione (che rimarrà in vigore dal gennaio del 2023 fino al 2027) dell’insieme di regole che l’Unione europea fissa per il settore.
La nuova Pac approvata dopo tre anni e mezzo di negoziati
Il programma rappresenta la base per “orientare” le sovvenzioni pubbliche e, più in generale, le politiche rivolte agli agricoltori dei Paesi membri. Dopo tre anni e mezzo di negoziati, i Ventisette stati, assieme al parlamento, hanno trovato un punto di incontro, che tuttavia non ha accontentato tutti. Suscitando in particolare aspre critiche dal punto di vista ambientale e climatico.
La nuova Pac è stata infatti approvata con i voti favorevoli del Partito popolare europeo e dei liberali di Renew; al contrario il gruppo Socialisti e democratici si è mostrato diviso sull’argomento, mentre la sinistra e i Verdi si sono opposti con forza. Allo stesso modo, numerose organizzazioni non governative hanno puntato il dito sulle mancanze della Pac. La stessa militante svedese Greta Thunberg ha definito il programma “disastroso per il clima e per l’ambiente” e “non allineato all’Accordo di Parigi”.
Ma facciamo un passo indietro: cosa è la Pac? La Politica agricola comune è necessaria per via della complessità del lavoro di chi coltiva la terra. Lavoro che, tra l’altro, spesso è poco remunerativo. Malgrado l’importanza della produzione alimentare, infatti, i redditi degli agricoltori sono in media del 40 per cento inferiori rispetto agli altri settori in Europa. I raccolti dipendono da numerosi fattori in gran parte non controllabili, come nel caso delle condizioni meteorologiche e climatiche. E chi lavora la terra è chiamato inoltre a rispettare l’ambiente, preservare il suolo e la biodiversità.
387 miliardi di euro per il periodo 2023-2027
Tutte queste incertezze giustificano di fatto la scelta di far assumere un ruolo preponderante di gestione al settore pubblico. Così, la Pac prevede un sostegno ai redditi, così come delle misure di controllo sui mercati finalizzate a fronteggiare, ad esempio, dei crolli brutali della domanda. Tali sovvenzioni passano attraverso il Fondo europeo agricolo (Feaga) e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr). La nuova Pac sarà dotata di 387 miliardi di euro, di cui 270 miliardi di aiuti diretti.
La principale critica mossa alla nuova Pac è legata all’allocazione delle risorse. Si teme che esse possano andare molto più a vantaggio di grandi gruppi agroindustriali piuttosto che al sostegno ai piccoli contadini. A questi ultimi, infatti, è destinato il 10 per cento degli aiuti diretti. Greenpeace Italia ha spiegato che “la nuova PAC continua a destinare gran parte dei fondi per l’agricoltura al sistema degli allevamenti intensivi. Per difendere il Pianeta è necessario cambiare rotta e siamo qui per fare in modo che accada”. Allo stesso modo Eleonora Evi, eurodeputata dei Verdi, ha affermato: “Oggi a Strasburgo abbiamo celebrato il funerale dell’agricoltura sostenibile”.
Gli ecoregimi e il ruolo accresciuto dei singoli governi
In linea teorica, la nuova Pac dovrebbe essere più “green”. Una parte del budget sarà destinato infatti agli agricoltori che adottano programmi particolarmente ambiziosi dal punto di vista della conservazione degli ecosistemi. La riforma prevede in particolare che il 25 per cento degli aiuti diretti debbano andare ai cosiddetti “ecoregimi”. Se per chi difende la nuova Pac si tratta di un buon modo per incentivare ad adottare pratiche ecologiche, secondo i detrattori le regole sono talmente poco chiare da aprire facilmente la strada al greenwashing. Inoltre, di fatto ciò significa che il 75 per cento degli aiuti diretti non sarà sottoposto ad alcun vincolo ambientale.
Sciopero per il clima N.116
L'allevamento intensivo e l'agricoltura industriale, sulla quale si basa la PAC (politica agricola comune) non sono compatibili con nessuno dei tanti obbiettivi climatici che la scienza ci ha palesato.
Sarà inoltre la Commissione ad analizzare e approvare i progetti, e sembra che la scelta sia quella di non farlo sulla base dei principali obiettivi del green deal in materia di agricoltura, ovvero il dimezzamento dell’uso di pesticidi, l’aumento del biologico al 25 per cento del totale e la riduzione del 20 per cento dell’uso di fertilizzanti. I paesi membri si sono infatti opposti, sottolineando che tali obiettivi non sono stati ripresi dalla normativa. Tuttavia, i piani strategici che ciascun governo dovrà presentare entro la fine dell’anno per beneficiare dei fondi dovranno essere “coerenti” con le leggi che discendono dal green deal.
Di contro, la scelta di articolare la Politica agricola comune sulla base di tali piani nazionali porta di fatto ad attribuire grandissimo potere a ciascuno stato. Non a caso, c’è chi ha denunciato una “ri-nazionalizzazione” di fatto. Al contempo, la nuova Pac non mette in discussione la struttura di base della distribuzione degli aiuti, che continueranno ad essere concessi in funzione degli ettari disponibili, premiando dunque i più forti.
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