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Il caso Aquarius deve obbligare l’Europa ad aprire una riflessione sui migranti
Di navi Aquarius cariche di migranti ce ne saranno centinaia nei prossimi mesi. Come sempre. Ecco perché l’Europa deve aprire una riflessione.
Ai migranti l’Europa sta voltando le spalle. Guardiamo ai fatti e ai numeri. Finora Bruxelles e i suoi stati membri non sono riusciti a mettersi sul serio dalla parte di questa Babele di disperati che spesso ha attraversato deserti, prigioni, torture e violenze, e che accetta di imbarcarsi per una traversata pericolosissima al solo scopo di mantenere accesa la speranza.
Il braccio di ferro tra Malta e Italia sulla Aquarius
Il drammatico rimbalzo di responsabilità al quale si è assistito attorno alla vicenda della Aquarius ne è la diretta conseguenza, ma non è che la punta dell’iceberg. Quando la nave delle ong Sos Méditerranée e Medici senza frontiere, carica di centinaia di migranti strappati a morte certa, è stata bloccata dalle autorità italiane, si trovava a 35 miglia nautiche dalle coste della penisola e a 27 da quelle maltesi. Distanze sostanzialmente equivalenti.
Entrambi i paesi avrebbero potuto considerare uno dei loro porti come “sicuro” per l’attracco e lo sbarco di bambini, donne e uomini. Ma nessuno ha fatto un passo in avanti. A risolvere la querelle, è stata la Spagna, il cui primo ministro socialista Pedro Sanchez ha annunciato: “Li accogliamo noi”.
Il presidente francese Macron: “Italia cinica e irresponsabile”
Nel frattempo sono arrivate le dichiarazioni del presidente della Francia Emmanuel Macron, che ha parlato di “cinismo” e “irresponsabilità” del governo italiano. Eppure proprio in Francia, nelle scorse settimane, ha suscitato indignazione ed emozione la notizia del riaffiorare di cadaveri di migranti nelle montagne tra il Piemonte e la Provenza. Corpi di persone che erano bloccate a Ventimiglia da tempo e che hanno tentato la traversata: dopo quella del Mediterraneo, quella delle Alpi. Come in una moderna Odissea.
La stessa Francia ha inoltre trascinato in tribunale chi, nei villaggi di montagna, ha teso una mano ai migranti, concedendo loro un riparo dal gelo dell’inverno. E, a Calais, ha costruito un muro lungo la tangenziale, con l’obiettivo di impedire loro di nascondersi nei camion diretti nel Regno Unito.
I paesi europei che non hanno mantenuto gli impegni sui migranti
Nella mattinata di mercoledì, la Aquarius era ancora a un passo da Agrigento, in rotta verso la penisola iberica. La vicenda, almeno, ha avuto il merito di sottolineare ancora una volta che soltanto con la buona volontà di tutti la questione potrà essere risolta. Buona volontà che, finora, spesso non è stata manifestata. Secondo le decisioni del Consiglio europeo del settembre 2015, 120mila richiedenti asilo presenti in Italia e Grecia, e considerati “in evidente bisogno di protezione internazionale”, avrebbero dovuto essere “ricollocati” negli altri paesi dell’Ue. Ciascuno dei quali aveva accettato di prenderne in carico una quota.
Eppure, i dati della Commissione europea indicano che finora la procedura è stata effettuata soltanto in 33.800 casi. Ciò perché soltanto due nazioni, Irlanda e Malta hanno fatto di più del poco che avevano promesso: 900 migranti accolti contro i 600 annunciati nel primo caso, 168 contro 131 nel secondo. Mentre due nazioni in particolare, Germania e Francia, sono ancora lontanissime dal mantenere i loro impegni. Il governo di Angela Merkel ha accolto infatti solo 10.300 richiedenti asilo, a fronte dei 27.500 promessi; la nazione di Macron meno di 5mila su 20mila.
In ogni caso si tratta solo di una parte del problema, dal momento che molti di coloro che arrivano non sono richiedenti asilo. Infatti, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, nel solo 2017, in Italia, Grecia, Cipro e Spagna sono sbarcate oltre 171mila persone. Di Aquarius cariche di migranti, dunque, nei prossimi mesi estivi, ce ne saranno centinaia. Come sempre. Perché “persone che scappano da una casa in fiamme si buttano nel vuoto. Sanno che si andranno a sfracellare, ma non si lasciano bruciare dal fuoco”, aveva sintetizzato con grande efficacia lo scrittore Erri De Luca. “I disperati della storia nessuno li fermerà”, gli ha fatto eco padre Alex Zanotelli.
Rendere l’Europa una “fortezza”, in altre parole, non serve sostanzialmente a nulla. Lo dimostrano i fatti. Che fare, dunque? Alcuni anni fa, un gruppo di ricercatori francesi, guidati da Catherine Wihtol de Wenden, del Centro nazionale per le ricerche (Cnrs) propose una strada diametralmente opposta a quella scelta finora dall’Europa. Era il progetto Mobglob (Mobilità globale e governance delle migrazioni), le cui conclusioni furono riassunte al quotidiano Le Monde da François Gémenne (del Centro per gli Studi e le Ricerche Internazionali di Parigi): “Abbiamo constatato che le frontiere in tutto il mondo non sono mai stati così chiuse. Eppure non ci sono mai stati così tanti migranti. Qualcosa non torna…”.
“I divieti non servono a niente, se non ad accrescere i rischi”
“I nostri studi – aggiunse – dimostrano che l’apertura o la chiusura delle frontiere non crea né impedisce i flussi. Una frontiera chiusa non impedisce ad un migrante di pagare 5 mila dollari e rischiare la propria vita. A Ceuta e Melilla (sulla costa settentrionale del Marocco, ndr), ci sono migranti che tentano cinque, dieci, cento volte di passare. I divieti non servono a niente, se non ad accrescere i rischi”.
Al contrario, una libera circolazione degli uomini (sulla scorta di quanto già accade per merci e capitali…), gioverebbe ai migranti come agli stati che li accoglierebbero. “Abbiamo analizzato le conseguenze possibili di una liberalizzazione dei passaggi – aveva spiegato Gémenne – in cinque aree geografiche. Possiamo affermare che non si verificherebbe alcun aumento dei flussi. È per questo che l’apertura delle frontiere sarebbe la soluzione”. Si tratta solo di una proposta, certo. Ma visto che la politica attuale non paga – nel solo 2017 sono stati più di 3.100 i morti nel Mediterraneo – forse vale la pena di aprire almeno una riflessione.
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