Un tribunale dell’Arabia Saudita ha condannato a morte tre persone appartenenti alla tribù Huwaitat che si sono rifiutati di lasciare i propri terreni.
Nella regione dove nascerà Neom abita la popolazione Huwaitat, cui è stato imposto di abbandonare il territorio per lasciare spazio alla costruzione della mega-struttura nel deserto.
Le autorità saudite fanno ripetutamente ricorso a sgomberi forzati per liberare le aree dai loro storici residenti.
Un attivista della stessa tribù è stato ucciso nel 2020 per aver pubblicato dei video contrari al progetto Neom che comprende la città lineare The Line.
La Corte penale speciale dell’Arabia Saudita ha condannato a morte tre membri della tribù Huawaitat che, insieme a molti altri, si sono opposti allo sgombero forzato dalla loro terra per far posto al mega-progetto Neom. La nuova città futuristica voluta dal principe ereditario Mohammed bin Salman sorgerà nella regione saudita vicino alla città di Tabuk, dove da secoli abitano gli Huawaitat. Negli ultimi mesi le autorità saudite avrebbero arrestato, molestato, perseguitato e persino ucciso membri della tribù dopo che questi non hanno voluto vendere i propri terreni allo stato. La costruzione di Neom e The Line si fa sempre più oscura, nonostante le promesse sulla sostenibilità del principe e l’assegnazione dei Giochi asiatici invernali 2029.
Fra Olimpiadi e proteste
Il luogo dove nascerà Neom è in mezzo al deserto, eppure l’Arabia Saudita ha ottenuto di ospitare lì l’evento dedicato agli sport invernali del 2029. Per costruire le piste da sci, il lago artificiale e le altre strutture del progetto, il governo aveva deciso inizialmente di offrire un trasferimento in altre zone dell’Arabia Saudita ai membri della popolazione Huawaitat. L’associazione per i diritti umani Alqst riporta che chi si rifiutava veniva ostracizzato; di recente le forze dell’ordine sono passate a minacce e spostamenti coatti.
Alqst comunica che, il 2 ottobre 2022, il tribunale speciale solitamente usato per gestire i casi di terrorismo ha emesso condanne a morte nei confronti di Shadli, Ibrahim e Ataullah al-Huwaiti, tre membri degli Huawaitat. I tre si sono opposti allo sgombero delle loro case e hanno manifestato contro la decisione del governo. Ataullah al-Huwaiti ha pubblicato dei video in cui mostrava i metodi irrispettosi e violenti con cui le forze dell’ordine saudite ordinavano alla sua famiglia di lasciare la casa, e per questo è stato arrestato. Poco dopo è arrivata la sentenza di condanna a morte.
Nel 2020 Abdul Rahim al-Huwaiti, attivista degli Huawaitat e fratello di Shadli, è stato ucciso in strada vicino Tabuk dopo che alcuni suoi video e foto contro il progetto Neom erano stati pubblicati sui social media. Shadli ha iniziato uno sciopero della fame in carcere ed è stato poi torturato, come riferito da Alqst. Ibrahim al-Huwaiti faceva parte della delegazione di residenti locali che nel 2020 ha incontrato la commissione ufficiale incaricata di trattare i trasferimenti dalle terre necessarie per il progetto Neom. Ataullah al-Huwaiti è stato visto in diverse clip mentre parlava della miseria che la sua famiglia e tutti gli altri residenti sfollati stavano affrontando a causa della decisione di sfrattarli.
Le autorità saudite hanno più volte fatto ricorso a sgomberi forzati per liberare le aree dei loro residenti, in operazioni caratterizzate da mancanza di trasparenza e abusi come il mancato pagamento di risarcimenti pattuiti in precedenza con la delegazione locale. Il portale Al-Jazeera racconta che i rappresentanti della tribù Huwaitat hanno inviato una comunicazione urgente alle Nazioni Unite chiedendo un’indagine sugli sgomberi per Neom. La mega-città, una volta ultimata, coprirebbe un’area di 26.500 chilometri quadrati nel nord-ovest dell’Arabia Saudita; circa 200mila persone abitano nelle zone dove sorgerà anche la città lineare The Line.
“Mohammed bin Salman non sta nemmeno cercando di spostare la tribù, sta fingendo che non esista. Questo è tipico del modo in cui opera”, ha dichiarato Dawn Chatty, professore di Antropologia all’università di Oxford. Le operazioni di marketing milionarie per rendere l’immagine dell’Arabia Saudita migliore all’estero si scontrano con i metodi violenti e oppressivi utilizzati dal governo contro la popolazione.
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