Sette idee per vivere l’atmosfera natalizia tra lo shopping nei mercatini, passeggiate in borghi vestiti a festa e mirabili opere d’arte.
Sexy a 100 anni, le fotografie di Arianne Clément che raccontano la sensualità nella terza età
Fuori dai cliché, la terza età è un universo inesplorato di bellezza e sensualità. La fotografa canadese Arianne Clément ci racconta come ha scelto di portarlo alla luce.
Ogni sera, stringo il mio Paul a cucchiaio e lo tengo forte tra le braccia per tutta la notte. Nemmeno una mosca può volare tra noi.Christine, 88 anni
Paul ha 101 anni. L’abbraccio senza pause, senza distanza è di Christine, sua moglie, 88 primavere. A esplorare l’universo nascosto della bellezza, della sensualità e del desiderio nella terza età è Arianne Clément, fotografa canadese di 38 anni con l’obiettivo da sempre puntato ai margini, all’invisibilità e all’uscita di scena, soprattutto quando è forzata.
La profondità della bellezza negli scatti di Arianne Clément
Dal fotogiornalismo, dopo il Master alla University of Arts di Londra, Arianne si sposta verso lo stile del documentario iniziando a viaggiare a tutte le latitudini per indagare la realtà attraverso i suoi contrasti: la serenità e il senso di angoscia, la compassione e la crudeltà. La fotografa ci racconta come negli ultimi anni abbia scelto la terza età come tema dominante, che ritrae rigorosamente in bianco e nero perché la luce, per lei, è più importante del colore.
Il suo obiettivo è dare luce a chi vive in ombra per raccontare le persone in modo inaspettato?
Esattamente. In una società in cui essere bella significa essere giovane e il terrore di invecchiare è dilagante, gli ultimi tabù sono proprio il nudo e la sfera sessuale degli anziani. Al contrario, l’intimità che si rivela in queste foto è qualcosa di molto vicino a uno stato di grazia. Un modo di essere che è possibile coltivare, insegnare e imparare. Nulla a che vedere con i cliché, ma un’essenza meno tangibile e più duratura.
È partita da un progetto dedicato alla bellezza nelle donne centenarie che ha chiamato appunto “100 anni, l’età della bellezza”. Com’è nato?
La verità è che all’inizio non avevo una direzione precisa; sapevo di voler mettere sotto i riflettori queste incredibili donne, quasi scartate direi dalle logiche sociali e culturali dominanti. È sempre stata questa la mia sensibilità. Ho iniziato a fotografare in modo totalmente sciolto tutto quello che circondava la loro vita e mi sono resa conto che la preoccupazione di tutte era, banalmente, quella di venire bene in foto. La loro ricerca della bellezza è diventata quindi il tema, l’angolazione del progetto. Bellezza che io intendo come amore, rispetto e accettazione verso un corpo che porta inesorabilmente i segni del tempo. Lo sforzo di prendersene cura attraverso i piccoli rituali quotidiani, precisi, anche maniacali a volte, ma così ricchi di vitalità. Dalla scelta del rossetto, alla voglia di coltivare le passioni con intensità, al coraggio di alzarsi la mattina e di volersi sentire attraenti nonostante tutto.
Nel progetto successivo, “L’arte di invecchiare”, è passata alla sensualità.
Che si possa essere sexy anche a 102 anni me l’ha dimostrato Marie-Berthe Paquette, una delle protagoniste di “100 anni, l’età della bellezza”. Aveva accettato senza esitazione di posare in lingerie e dopo due ore di scatti il figlio, 76 anni, era intervenuto dicendo: “Va bene così, mamma, ora può bastare”. Sembrava esausto, francamente lo ero anch’io, ma Marie-Berthe no, lei voleva andare avanti, era come se volasse sopra la fatica. Meravigliosa, sensuale, forte. Diceva, “la maggior parte del tempo mi sento bella e quando non è così, faccio di tutto per esserlo”. Se n’è andata recentemente, una donna straordinaria, così lontana da qualsiasi tipo di condizionamento e di ideale estetico da spingermi oltre, verso il nudo e la fotografia boudoir ne “L’arte di invecchiare”, che a maggio ho esposto in Francia, ad Arles, per la 18esima edizione del Festival europeo della fotografia di nudo e con la quale ho vinto le medaglie d’oro e d’argento in due categorie al Moscow international foto awards.
Come ha fatto a trovare i soggetti per questo progetto?
All’inizio è stato difficile, quando chiedevo di posare in scene di intimità il rifiuto era la reazione più naturale. Paul e Christine sono dei miei cari amici, lui da subito si è dimostrato entusiasta e alla fine ha convinto anche lei. È stato subito un successo: appena pubblicata sui social network, la foto di loro due a letto è diventata virale e le richieste sono arrivate a pioggia. Di punto in bianco la situazione si era ribaltata.
Che tipo di relazione è riuscita a instaurare?
È stato uno scambio preziosissimo. Da un lato i protagonisti si sono finalmente ripresi la scena con coraggio, mostrando al pubblico anche le fragilità. Io, osservandoli, ho imparato ad accettare il mio corpo in modo completamente diverso. Sono molto grata per la fiducia che hanno riposto in me e per quello che mi hanno insegnato.
A cosa sta lavorando attualmente?
Sto portando avanti un progetto sulle Blue zone, ovvero le cinque zone del mondo in cui, in uno studio del 2004, il ricercatore italiano Gianni Pes e il belga Michel Poulain registrarono un’aspettativa di vita nettamente superiore alla media. Da viaggiatrice accanita sto visitando questi luoghi per conoscerne gli abitanti. Sono stata a Nicoya in Costa Rica e a Ogliastra, in Sardegna, il luogo con la più alta concentrazione di centenari maschi di tutto il Pianeta, dove ho incontrato una dimensione rurale unica. Mi ha colpita in particolar modo il sistema parentale e il rispetto riservato agli anziani che sono accuditi in casa dai figli, zii, nipoti, cugini che si alternano condividendone la responsabilità. In Canada questo non esiste e arrivati a una certa fase della vita, l’unica possibilità è l’ospizio. Ho dovuto invece rimandare per motivi personali il viaggio in Giappone, a Okinawa, che avevo programmato per la scorsa primavera. A brevissimo sarò in California, nella comunità degli “Avventisti del settimo giorno” di Loma Linda che segue una rigorosa alimentazione vegetariana.
Dalle trame forti e intense, gli scatti di Arianne Clèment restituiscono un senso di verità fuori dagli schemi. Come la foto di Paul che bacia tra gli alberi la sua Christine. Un uomo a cui non manca nulla, nemmeno il segno dei calzini sui polpacci. Perché lo schema è un limite quando taglia fuori la profondità dell’umana bellezza.
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