Trovato un accordo sul testo del trattato di pace con Baku, che non è ancora stato firmato e presuppone grosse concessioni da parte di Erevan. Intanto il parlamento approva un disegno di legge per la richiesta di adesione all’Ue.
In Armenia si sta scrivendo un nuovo capitolo di storia. Questo paese del Caucaso meridionale di circa tre milioni di abitanti, ex repubblica sovietica, sta attraversando alcuni cambiamenti di portata potenzialmente epocale. Il primo riguarda un possibile trattato di pace con il confinante Azerbaigian. L’altro, un possibile avvicinamento all’Unione europea. Obiettivi difficili da raggiungere in entrambi i casi. Ma che potrebbero cambiare radicalmente gli equilibri dell’intera regione.
L’accordo sul testo per il trattato di pace
Il 13 marzo Azerbaigian e Armenia hanno fatto sapere di aver raggiunto un accordo sul testo del trattato di pace, che non è ancora stato firmato.
I due paesi sono in guerra da oltre tre decenni per il territorio conteso del Nagorno Karabakh (Artsakh, in armeno), da sempre al centro di dominazioni e conquiste, storicamente abitato in prevalenza da armeni, ma assegnato da Stalin all’Azerbaigian nel 1921. Con il crollo dell’Unione Sovietica, la maggioranza armena, con il sostegno del vicino stato armeno, iniziò a rivendicare l’indipendenza dall’Azerbaigian e la riunificazione con Erevan.
All’inizio degli anni Novanta le tensioni sfociarono nella prima guerra del Nagorno Karabakh che causò più di 30mila vittime e portò la maggioranza armena a dichiarare la nascita della Repubblica dell’Artsakh, mai riconosciuta dalla comunità internazionale, né da Baku. Dopo la seconda guerra del Nagorno Karabakh, condotta nell’autunno del 2020 e conclusasi con un cessate il fuoco sul quale avrebbe dovuto vegliare la Russia, nel settembre 2023 l’Azerbaigian, con un’offensiva lampo, ha ripreso il pieno possesso del territorio, provocando un esodo totale della popolazione armena che vari osservatori internazionali e l’Unione europea hanno definito una pulizia etnica condotta dall’Azerbaigian.
Ora, con l’intesa raggiunta sul testo del trattato di pace, la riconciliazione tra Baku e Erevan non è mai stata così vicina.
Dopo l’iniziale entusiasmo per la notizia, un’analisi più attenta rivela però che la firma sul trattato di pace è ancora molto lontana. “A mio avviso, i passi per arrivare realmente alla firma del trattato sono tanti, lunghi e pieni di ostacoli”, ha spiegato a LifeGate Cesare Figari Barberis, esperto di politica del Caucaso, ricercatore post-doc presso l’Università di Leiden, nei Paesi Bassi. Da quanto si apprende, il testo dell’accordo è composto da diciassette punti, quindici dei quali erano già stati approvati in precedenza.
Il vero nodo da sciogliere riguarda ora due questioni, sulle quali l’Armenia ha evidentemente fatto importanti concessioni:
la prima sulla dissoluzione del cosiddetto Gruppo di Minsk, un organismo dell’Osce guidato da Francia, Russia e Stati Uniti, nato per mediare il conflitto;
la seconda sulla Costituzione armena, che contiene dei riferimenti alla riunificazione con il Nagorno Karabakh. E per questo andrebbe cambiata.
“Secondo l’Azerbaijan, la costituzione armena rivendica ancora il Karabakh, quindi la questione non può dirsi definitivamente chiusa finché non verrà modificata – dice Cesare Figari Barberis –. Ma cambiare la costituzione non è semplice: bisognerebbe passare attraverso un referendum popolare, che non si terrebbe prima del 2026. E non è scontato che la popolazione armena lo approvi”.
Finché non saranno risolti questi due punti, quindi, sarà difficile vedere la firma sul trattato di pace. E mentre Erevan lavora per risolvere le tensioni con l’Azerbaigian, al contempo punta anche a rafforzare i rapporti con Bruxelles.
Il progetto di adesione all’Unione europea
L’altro cambiamento potenzialmente epocale riguarda la volontà dell’Armenia di aderire all’Unione europea. Il parlamento armeno infatti ha appena approvato un disegno di legge per la richiesta di adesione all’Ue. Il testo è stato approvato in seconda e ultima lettura con 64 voti a favore e sette contrari.
⚡️⚡️⚡️ 🇦🇲🇪🇺 Minutes ago the National Assembly of the Republic of #Armenia has adopted the Law on the launch of the process of accession of the Republic of Armenia to the European Union! The bill, brought by a civil initiative, was adopted in the second reading. A historic step!… pic.twitter.com/Za5PY68T4e
Ciò avviene in un momento in cui Erevan sembra allontanarsi da Mosca, suo storico alleato nella regione, accusandola di non aver fatto abbastanza nel conflitto con l’Azerbaigian. Lo strappo è iniziato dopo la sconfitta dell’Armenia nella seconda guerra del Nagorno-Karabakh nel 2020 e si è aggravato per il mancato sostegno della Russia e dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, guidata a Mosca, durante gli attacchi azeri del 2021 e 2022.
La risposta della Russia non si è fatta attendere. “Comprendiamo che, se l’Armenia si sta avvicinando all’Europa, sarà inevitabilmente necessaria una revisione complessiva delle nostre relazioni economiche con il paese. Purtroppo, questo avrà un impatto sul tenore di vita in Armenia, cosa che vorremmo davvero evitare”, ha detto il vice primo ministro russo Aleksej Overchuk.
Un paese ancora dipendente da Mosca
Nonostante gli sforzi del primo ministro armeno Nikol Pashinyan di avvicinare politicamente il paese all’Occidente, l’Armenia è ancora economicamente dipendente dalla Russia, con un volume d’affari significativamente più alto rispetto a quello tra Armenia e Bruxelles.
La Russia infatti è il primo partner commerciale di Erevan e nel 2023 l’Armenia ha esportato in Russia beni per un valore di 3,4 miliardi di dollari. Inoltre, sebbene in leggero calo, nel 2023 quasi il 70 per cento delle rimesse affluite nel paese provenivano dalla Russia.
A ciò si aggiunge il fatto che l’Armenia è attualmente membro dell’Unione economica eurasiatica (Uee) insieme a Russia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan, e l’eventuale adesione all’Ue richiederebbe l’uscita da questa unione economica.
Perché l’ingresso dell’Armenia nell’Ue è poco probabile
“L’adesione dell’Armenia all’Unione europea dipende da tre fattori chiave – ha commentato a LifeGate Cesare Figari Barberis, esperto di politica del Caucaso –, primo, dalla volontà politica di Erevan, che sembra comunque forte e mi aspetto che prosegua finché il primo ministro Pashinyan o il suo partito rimarranno al potere: lo smarcamento dalla Russia ormai è evidente. Tuttavia, se dovesse vincere l’opposizione più filorussa, sul lungo termine potrebbe avvenire un riavvicinamento a Mosca. Secondo, dal lungo e complesso processo burocratico: l’Armenia dovrebbe implementare riforme strutturali per adeguarsi agli standard Ue, un percorso che richiede tempo e maggioranze parlamentari solide. Terzo, dalla volontà dell’Ue stessa di accogliere l’Armenia, che al momento sembra assente.
Neppure la Georgia è così vicina all’ingresso nell’Unione europea: anche prima dello sbilanciamento di Tbilisi verso la Russia, quando il partito al governo Sogno Georgiano era fortemente pro-europeo, Bruxelles non ha fatto granché per avere la Georgia in Ue. Secondo me, la Georgia e l’Armenia non entreranno mai nell’Unione europea finché non entrerà anche la Turchia: solo così si creerebbe una continuità territoriale tra Grecia, Turchia, Georgia e Armenia. Diversamente, avere la Georgia e l’Armenia così isolate, nel Caucaso, tra l’altro con un confine con l’Iran, sarebbe un po’ complicato. Infine l’Armenia continua a essere percepita da alcuni Paesi europei come troppo legata alla Russia: un ostacolo che potrebbe rendere il suo ingresso improbabile nel breve e medio termine”.
Baku ha rifiutato di firmare il documento basato su articoli già concordati da ambo le parti. Secondo l’Azerbaigian, l’Armenia avrebbe rimosso diversi punti chiave.
Si è riacceso il conflitto tra Azerbaigian e Armenia sul Nagorno Karabakh. C’è l’accordo per la tregua, ma non si sa cosa spetterà alla popolazione armena.
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