Il boss della mafia Matteo Messina Denaro è stato arrestato

Il boss di Cosa Nostra, ricercato da 30 anni, è stato arrestato dai carabinieri in una struttura sanitaria nella quale si era recato per accertamenti.

Il boss della mafia Matteo Messina Denaro è stato arrestato. Dopo 30 anni, finisce la latitanza di uno degli uomini più ricercati della storia della criminalità organizzata. Il malvivente è stato catturato dal Ros dei carabinieri in una struttura sanitaria nella quale si era recato per degli accertamenti.

Chi è il boss mafioso Matteo Messina Denaro

Messina Denaro, nato il 26 aprile 1962 a Castelvetrano, in provincia di Trapani, è considerato uno degli eredi di Totò Riina, il “boss dei boss” arrestato il 15 gennaio 1993 e morto nel carcere di Parma il 17 novembre 2017. Noto negli ambienti mafiosi con i soprannomi di “Diabolik”, “Don Ciccio” e “U siccu” (“Il secco”), negli anni Ottanta e Novanta spalleggiò i corleonesi nella loro scalata ai vertici di Cosa Nostra. Si alleò quindi con la frangia più violenta e sanguinaria della mafia.

Totò Riina, morto in carcere
Totò Riina, morto in carcere

Messina Denaro è stato considerato responsabile di decine di omicidi. Oltre ai più noti, anche quelli di Vincenzo Milazzo, boss della famiglia rivale di Alcamo, e della fidanzata Antonella Bonomo, incinta, che venne strangolata. Al momento dell’arresto di Riina, Messina Denaro aveva una trentina di anni ed era appena entrato a far parte della cosiddetta “cupola”, l’organismo decisionale della mafia siciliana. È l’epoca in cui Cosa Nostra è entrata da tempo in guerra con lo stato: la strategia della tensione; gli omicidi dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; gli attacchi al patrimonio artistico nazionale a Roma, Firenze e Milano; il tentativo di una strage allo stadio Olimpico della capitale durante una partita di calcio.

L’ergastolo, il potere e la latitanza

Condannato all’ergastolo in contumacia negli anni Novanta, Messina Denaro continuerà indisturbato la sua carriera criminale. Anche dopo il secondo arresto “eccellente”, quello di Bernardo Provenzano (anche lui corleonese), avvenuto nel 2006. Il boss di Castelvetrano si vede spalancate le porte del potere all’interno di Cosa Nostra. Con lui, probabilmente, anche un altro uomo della “nuova generazione” di mafiosi: Giuseppe Graviano, soprannominato “Madre Natura”, della famiglia palermitana di Brancaccio-Ciaculli, arrestato negli anni Novanta ma che in molti ritengono non soltanto ancora estremamente potente nell’organizzazione criminale, ma soprattutto depositario di segreti inconfessabili.

Attorno a Messina Denaro cadono nel corso dei decenni decine di boss. Vengono sequestrate imprese, immobili, droga, armi, denaro. Ma lui rimane introvabile. Perché? Il criminale era “coperto” dagli stessi segreti che custodiva? Quando Giovanni Brusca, boss che partecipò in prima persona all’assassinio di Falcone, si pentì, rilasciò numerose dichiarazioni. Tra le quali una ricordata dal procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci, nel corso della requisitoria contro Messina Denaro nell’ambito del processo per le stragi del ’92: “Brusca fornisce un’indicazione fondamentale. Siamo alla fine del ’92. Riina gli fa una confidenza e gli dice ‘Guarda che se mi succede qualcosa, i picciotti Giuseppe Graviano e Matteo (inteso Messina Denaro, ndr) sanno tutto'”.

I mille interrogativi sul passato e sul futuro di Messina Denaro

Sanno tutto. Di Messina Denaro, però, per decenni si sa pochissimo. Non ci sono immagini se non vecchie foto segnaletiche e ricostruzioni al computer del possibile volto del boss invecchiato. Anche per questo, probabilmente, dopo l’arresto di Riina terminò la stagione del terrore. Il boss preferì il silenzio: meglio continuare a fare affari nell’ombra, nella discrezione, senza troppo rumore. E anche lui diventa un fantasma. Una scelta criticata dallo stesso Riina, che avrebbe preferito continuare con le stragi.

Dopo la notizia della cattura, sono giunte le congratulazioni dell’intero mondo della politica, a partire dal QuirinaleSecondo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, l’arresto di Messina Denaro rappresenta “una grande vittoria dello Stato che dimostra di non arrendersi di fronte alla mafia”. La leader di Fratelli d’Italia ha aggiunto: “Non abbiamo sconfitto la mafia ma era una battaglia fondamentale da vincere ed è un colpo duro per la criminalità organizzata. Possiamo direi ai nostri figli che la mafia si può battere. Ho detto a magistrati, carabinieri e polizia che l’Italia è fiera di loro”.

Una vittoria piena, però, di interrogativi. Chi ha coperto per così tanti anni il boss? Come ha fatto a sfuggire alla cattura innumerevoli volte? Quale rete di coperture ne ha garantito una latitanza indisturbata? Chi lo ha eventualmente tradito, e perché? Ma soprattutto: cosa farà ora Messina Denaro? Deciderà di collaborare con la giustizia e vuotare il sacco o preferirà scegliere la strada di Giuseppe Graviano, che non si è mai pentito? Solo il tempo fornirà risposte. Forse.

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a cura di Legambiente