Il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, è stato arrestato nella mattinata di mercoledì 19 marzo. L’esponente di spicco del Partito repubblicano del popolo (Chp) è finito in manette assieme a un centinaio di altre persone, compresi alcuni suoi collaboratori, colleghi e giornalisti, nell’ambito di un’operazione condotta dalla polizia su ordine della procura della metropoli turca. Le accuse mosse nei confronti del primo cittadino sono particolarmente pesanti: si va dalla truffa alla turbativa d’asta, passando per la corruzione e il favoreggiamento nei confronti di un movimento politico considerato terrorista dalle autorità della Turchia, il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).
The detention of Istanbul mayor Ekrem İmamoğlu on March 19, along with over 100 other officials and politicians, is a politically motivated move to stifle lawful political activities.
A confermare l’arresto è stato lo stesso Imamoglu, che in un video pubblicato su X ha riferito di numerosi agenti che si sono presentati presso la sua abitazione per prelevarlo. Secondo quanto riferito dal Chp, il sindaco è stato quindi portato presso il comando centrale della polizia. Il movimento politico ha denunciato la vicenda come un “colpo di stato” atto ad impedire alla popolazione della Turchia di poter scegliere il proprio prossimo presidente.
Imamoglu – che per due volte è stato eletto alla guida del municipio di Istanbul – aveva infatti da poco espresso la propria volontà di candidarsi alle elezioni presidenziali, previste nel 2028. E immediatamente erano fioccati i primi problemi: per poter avanzare la propria candidatura è necessario essere in possesso di una laurea, che il sindaco aveva conseguito a Cipro nei primi anni Novanta: l’università di Istanbul proprio nei giorni scorsi ne ha però revocato il riconoscimento.
Nei giorni scorsi revocata la laurea, necessaria per candidarsi alla presidenza
Di qui i sospetti che l’arresto possa essere stato dettato soprattutto da motivazioni politiche. Migliaia di persone si sono riunite, bandiere turche in mano, di fronte alla sede del municipio scandendo slogan contro Erdogan e a sostegno di Imamoglu. Il presidente del Chp, Özgür Özel, ha arringato la folla dal tetto di un autobus: “Quello a cui assistiamo è un tentativo di golpe. Non c’è alcuna corruzione, alcun gruppo terroristico. Il solo crimine commesso dal sindaco è di aver conquistato i cuori delle persone. Il suo solo crimine è che sarà il prossimo presidente”.
Last night, thousands of Istanbulites gathered at Saraçhane Square to demand justice and democracy in Türkiye.
United by a strong common desire for a better future, a nation’s will becomes unstoppable. pic.twitter.com/rbyy7jW1E9
— Ekrem İmamoğlu (International) (@imamoglu_int) March 20, 2025
A preoccupare è anche la notizia che 37 persone sono state arrestate per aver condiviso sui social messaggi di solidarietà nei confronti di Imamoglu, giudicati “provocatori” dalle autorità. Lo stesso ministero degli interni di Ankara, Ali Yerlikaya, ha spiegato che sono 261 gli account posti nel mirino in questo senso. Ciò nonostante, il Chp ha indetto una manifestazione per il 23 marzo, dichiarando che sarà “l’inizio della primavera turca”.
Le reazioni internazionali e la lettera dei sindaci europei per chiedere la liberazione
La vicenda ha suscitato immediatamente numerose reazioni a livello internazionale. Il ministero degli Esteri della Germania ha giudicato l’arresto “un grave passo indietro per la democrazia”, che “fa parte di una serie di pressioni giudiziarie subite dal sindaco di Istanbul”. Il portavoce del dipartimento di stato americano, Tammy Bruce, ha chiesto alla Turchia “di rispettare i diritti umani e di gestire il proprio paese in modo appropriato”. Il governo di Parigi ha espresso poi “profonda preoccupazione” per una questione che potrebbe comportare “pesanti conseguenze per la democrazia turca”.
Un gruppo di sindaci europei ha inoltre lanciato un appello per la liberazione immediata di Imamoglu. Ad aderire, assieme ai primi cittadini di Parigi, Amsterdam e Barcellona, anche il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Nel documento si esprime condanna per l’arresto e si denuncia quella che viene definita una carcerazione arbitraria nonché una violazione dei principi democratici.
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