La fine di “re spazzatura”

Tra i sette arrestati a Roma per la creazione di un giro di malaffare e monopolio sui rifiuti, tra dirigenti pubblici e manager privati c’è anche “re spazzatura”, Manlio Cerroni, oggi agli arresti domiciliari. Secondo i Carabinieri del Noe e la Procura di Roma si era creata una banda che operava per mantenere la posizione

Tra i sette arrestati a Roma per la creazione di un giro di malaffare e monopolio sui rifiuti, tra dirigenti pubblici e manager privati c’è anche “re spazzatura”, Manlio Cerroni, oggi agli arresti domiciliari. Secondo i Carabinieri del Noe e la Procura di Roma si era creata una banda che operava per mantenere la posizione di monopolio nella gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio, un business milionario mantenuto con sistemi non sempre leciti che sconfinavano anche in truffe.

 

Il “re monnezza”, come ironicamente è definito a Roma, è Manlio Cerroni, 87 anni, patron della discarica ormai chiusa di Malagrotta e, si pensa, del sistema costituito da soggetti privati, funzionari pubblici e politici che almeno a partire dal 2008 ha avuto ricadute negative sull’intera collettività. Per il gip Massimo Battistini quelli contestati sono “fatti di inaudita gravità anche per le dirette implicazioni sulla politica di gestione dei rifiuti”, mentre il procuratore Giuseppe Pignatone esprime l’auspicio che l’operazione “sia un contributo alla soluzione del problema rifiuti a Roma”.

 

Secondo la Procura la banda mandava in discarica anche tonnellate di differenziata, mantenendo gli impianti dedicati fermi ma prendendosi contestualmente i soldi. Inoltre questo sistema permetteva, secondo l’accusa, di mandare Malagrotta costantemente in emergenza: da qui la necessità per le amministrazioni di cercare nuovi siti dove mandare i rifiuti – ricerca che, per i Pm, il sodalizio comunque riusciva ad influenzare ancora a vantaggio di impianti di proprietà di Cerroni.

 

Agli arresti domiciliari, con lui, altre sei persone: Bruno Landi, ex presidente della Regione Lazio, Francesco Rando, amministratore unico di molte imprese riconducibili a Cerroni, Piero Giovi, socio di imprese e storico ‘braccio destro’ di Cerroni, Giuseppe Sicignano, supervisore delle delle attività operative condotte presso gli impianti di Cecchina, Luca Fegatelli, già dirigente dell’Area Rifiuti della Regione Lazio attualmente direttore dell’Agenzia regionale per i beni confiscati nel Lazio alle organizzazioni criminali, e Raniero De Filippis, ex responsabile del Dipartimento del Territorio della Regione Lazio. La più grave delle accuse mosse contro loro dal pm Alberto Galanti è quella di associazione per delinquere finalizzata al traffico dei rifiuti. Contestualmente al loro arresto è scattato anche il sequestro preventivo di beni per 18 milioni di euro, ossia l’ammontare del profitto illecito.

 

L’elenco degli indagati, non meno di 24, comprende nomi eccellenti come quello dell’ex Governatore del Lazio Piero Marrazzo, accusato di abuso d’ufficio e falso in relazione all’emanazione nel 2008 di un’ordinanza che consentiva al consorzio Coema di Cerroni di avviare la realizzazione dell’impianto di termovalorizzazione di Albano, l’ex assessore Pd in Campidoglio Giovanni Hermanin e Romano Giovannetti, già capo di segreteria dell’assessorato alle Attività Produttive (accusati di associazione per delinquere).

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