In Piemonte, a pochi chilometri dal confine francese, la Valle Maira offre tutto ciò che chi ama l’autenticità dei territori montani cerca.
Arte open air: 5 luoghi in Italia dove ammirare opere d’arte tra la natura
Quando l’arte trova “casa” nel paesaggio, possono nascere luoghi di racconto che vanno al di là delle opere stesse. Il risultato è spesso sorprendente.
La chiamano arte open air, o a cielo aperto. È il connubio, spesso felice e armonioso, tra l’ambiente naturale e varie forme d’arte che nel territorio si installano talvolta mostrandosi con orgoglio, altre quasi mimetizzandosi. Dall’incontro tra gli artisti e il loro lavoro e i variegati paesaggi italiani, ne sono nati alcuni parchi (quasi musei) che sono insieme l’occasione per vivere la natura e quella di ammirare, scoprire ed esperire opere d’arte tra le più disparate. Abbiamo scelto 5 luoghi secondo noi da visitare perché capaci di raccontare storie al di là di essere territori meravigliosi che ospitano esposizioni artistiche. Un’ottima idea per break fuori porta con l’arrivo della bella stagione.
Museo a cielo aperto Maria Lai, Ulassai (Nuoro)
Quello legato alla figura monumentale di Maria Lai, è qualcosa di più di un museo a cielo aperto. È ciò che è scaturito da un esempio di arte pubblica e sociale che ha coinvolto un’intera comunità. Tutto ha inizio nel 1981 a Ulassai (un centro di 1300 abitanti in provincia di Nuoro) appunto con la performance collettiva “Legarsi alla montagna” dell’artista sarda. Chi non conosce questa azione sappia che durò tre giorni e vide protagonista solo un nastro azzurro lungo 27 chilometri. Il primo giorno venne tagliato, il secondo fu distribuito e il terzo, fu legato fra porte, finestre e terrazze di case, ridisegnando così le relazioni vecchie e nuove fra donne, bambini, pastori e anziani. Fu una festa senza precedenti. Alla fine delle manovre, scalatori esperti legarono il nastro al Monte Gedili, la montagna più alta sopra il paese, luogo emblematico per il sostentamento che nella memoria collettiva era stato anche portatore di morte. Perché la Sardegna è soprattutto terra di montagne e pastori, non di spiagge e mare come oggi molti pensano.
Visitare oggi il centro abitato di Ulassai, significa ammirare le opere d’arte non solo della Lai ma anche di artisti che hanno voluto omaggiare e lasciare il proprio segno, che negli anni sono state disseminate variamente e mirabilmente integrate e fuse con il territorio e le sue bellezze ambientali e naturalistiche. Tra le altre ricordiamo il “Lavatoio” (Ulassai, 1982 – 1989), opera collettiva che, su un progetto di lavatoio pubblico del 1902, ospita opere di Luigi Veronesi (la “Fontana della sorgente”, 1984), Guido Strazza (“La fontana del grano”, 1989) e la pavimentazione davanti all’edificio, Maria Lai (il “Telaio-soffitto”, 1982) e l’ultima opera di Costantino Nivola (la “Fontana sonora”, 1982) poi replicata in copia a Orani, nel museo dedicato all’artista. Grazie al censimento del Fai “I luoghi del cuore” del 2018 il Museo a cielo aperto Maria Lai a Ulassai ha ricevuto 11.544 voti, classificandosi primo “luogo del cuore” in Sardegna. A seguito del risultato, il Fai ha deciso di sostenere il restauro del “Muro del groviglio”.
In paese esiste anche un museo tradizionale dedicato all’artista, si chiama La stazione dell’arte ed è stato inaugurato nel 2006, in seguito a una donazione da parte della stessa Lai di un corpus di oltre centoquaranta opere. Sorge nei locali dell’ex stazione ferroviaria, posta a valle del paese, scelta che ben si presta a comunicare uno degli intenti più cari del lavoro di Maria Lai, ovvero quello di avvicinare l’arte alla gente. La stazione, infatti, comunemente percepita come luogo di partenze e di arrivi, di incontri, di rapporti umani che si ritrovano e si separano, si trasforma nella cornice ideale in cui ospitare le opere che Maria Lai ha lasciato in eredità al suo paese natale.
Grande Cretto, Gibellina (Trapani)
Il Cretto di Alberto Burri è insieme storia, arte e memoria. Siamo in Sicilia, a Gibellina vecchia, paese completamente distrutto dal terremoto del Belice del 1968. Questo disastro provocò un numero di vittime tutt’oggi incerto (ma comunque tra 280 e oltre 300), 98.000 senzatetto e sei paesi rasi al suolo nella provincia di Trapani. Molti artisti risposero negli anni a seguire all’appello dell’allora sindaco di Gibellina che intendeva creare opere a memoria di ciò che era successo. Tra questi vi era Alberto Burri che però si distinse da tutti gli altri per la decisione di dare vita a qualcosa di completamente diverso. Innanzitutto, il luogo: il suo progetto prevedeva infatti di costruire nell’esatto luogo dove si trovavano le macerie del paese e, cosa assolutamente d’impatto, di concentrarle per creare delle masse di cemento che riproducessero le vie e vicoli della vecchia città. Il risultato è spettacolare, toccante e fortemente significativo. Venne realizzato in due riprese, prima dal 1984 al 1989, poi terminato nel 2015 quando vennero finalmente trovati i fondi necessari, ma l’artista però era a quel tempo già scomparso. Il Cretto è una tra le opere d’arte contemporanea, di land art in particolare, più estese al mondo e fruibile da tutti gratuitamente. Qui ogni anno vengono rappresentate le Orestiadi di Gibellina, fondate dall’ex sindaco e senatore Ludovico Corrao, tra le iniziative per la rinascita culturale del territorio, dopo il terremoto. La scelta di questa tragedia di Eschilo non fu casuale: il drammaturgo greco infatti descrisse il tragico destino di Oreste, quell’uomo che nel cancellare la vita dei progenitori, rifiutò il dispotismo teocratico negatore della ragione e della libertà dell’uomo, affermando, per la prima volta nella storia, lo stato di diritto e un nuovo ordine di democrazia. All’indomani del terremoto che ha cancellato dei centri nella valle del Belìce, e molti secoli dopo, si riproponeva con questa rappresentazione teatrale nuovamente in Sicilia il tema del riscatto da miserie, antiche e nuove, e da una sorte di emarginazione e violenza. E si scelse di farlo proprio sulle rovine della distrutta Gibellina, per celebrare la rifondazione della città e segnare l’alba di un destino tutto da riscrivere.
Arteparco, Pescasseroli (L’Aquila)
Esiste dal 2018 e ogni anno si arricchisce di nuove opere. Arteparco è nato per portare l’arte contemporanea all’interno del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, uno dei siti naturalistici dalle origini più antiche in Italia simbolo di natura incontaminata. Qui, infatti l’attrazione senza pari sono le Foreste vetuste, talmente uniche da essere state anche riconosciute nel 2017 Patrimonio Unesco. Il progetto prevede che ogni anno un nuovo artista crei qualcosa di unico – quindi site specific, come si dice nel mondo dell’arte – che sia un valore aggiunto per il territorio e si integri con armonia nella splendida natura del parco. In questi anni sono stati quindi 6 gli autori che si sono espressi e oggi le loro opere sono esposte e fanno parte del percorso espositivo open air che chiunque può visitare. Sono disponibili anche dei pratici contributi audio (fruibili anche direttamente dal sito web di Arteparco) che in pochi minuti rendono chiaro il significato e l’intento di chi ha creato l’opera. Tutto è gratuito. La meraviglia naturale in cui si è immersi e le inaspettate sintonie create dalle diverse forme artistiche.
L’opera che si è “aggiunta quest’anno è Totemi, un intervento di yarn bombing: si tratta di una particolare arte di strada costituita dall’utilizzo di tessuti colorati che, lavorati a uncinetto, invadono lo spazio pubblico. L’autore è Accademia di Aracne, un collettivo attivo a Ortona che trasforma — grazie a questa tecnica — gli alberi in sculture, come i due alti faggi (di quasi 8 metri) che ha individuato nel parco all’inizio del sentiero intorno a cui si sviluppa l’installazione. Totemi è un termine utilizzato dai nativi americani per indicare l’animale ritenuto lo spirito protettore del gruppo, venerando l’animale gli uomini celebrano le proprie istituzioni sociali. Ogni albero di Totemi ospita nella sua trama il profilo stilizzato di 16 animali caratteristici della fauna del parco — tra cui l’orso, il lupo, il cervo, il camoscio, la volpe, l’aquila, il gufo — i cui sguardi sembrano essere in movimento e seguire il visitatore: un monito a chi arriva per ricordare che il bosco ci osserva, ma anche un invito a entrare in relazione profonda e rispettosa con la natura circostante.
Un esempio di questa tecnica sarà visibile anche durante la Milano design week (da lunedì 15 a domenica 21 aprile 2024) quando sarà realizzata un’installazione urbana site-specific di yarn bombing coinvolgendo 4 alberi del Giardino Camilla Cederna (lo spazio verde davanti all’Università Statale). Il pubblico inoltrepotrà partecipare attivamente dando vita, tramite la piattaforma di Treedom, a una foresta del che contribuirà a sostenere l’impegno di Treedom nel mondo.
Il respiro degli alberi, Lavarone (Trento)
Per chi ama i boschi e le montagne, oltre che le forme d’arte, Il respiro degli alberi è un luogo di pace e bellezza dove trascorrere del tempo passeggiando e godendo della natura e delle opere che sono state realizzate con il materiale più nobile di tutti, il legno. Siamo in Trentino, a Lavarone (TN), precisamente in località Tomazol, tra gli abitati di Virti e Chiesa. Qui è stato pensato un percorso che, passo dopo passo, dà la possibilità di scoprire il territorio da posizioni privilegiate, osservare la vicina Vigolana, le Dolomiti di Brenta, la Val di Centa, la Valsugana e il lago di Caldonazzo. La filosofia di questo spazio è creare un evento d’arte nel bosco, le cui opere — di diversi artisti, italiani e stranieri, che dal 2001 condividono pensieri ed emozioni attraverso le proprie creazioni — possano essere riassorbite dalla natura e si sposino perfettamente con le atmosfere in cui sono immerse. Ogni metà di agosto la manifestazione si rinnova con nuovi lavori artistici, alcuni dei quali solo in esposizione temporanea.
È un’arte certamente diversa, più pacata e nascosta, quasi mimetizzata, quella che vi proponiamo con questa meta, ma è tuttavia arte anch’essa. Quello che è da apprezzare, a nostro parere, è la voglia di rendere il bosco e il territorio un setting, un palcoscenico per qualcosa dii nuovo, un linguaggio altro senza snaturarlo e deturparlo. Se riflettiamo però, non stiamo che ammirando bellezza tra la bellezza. Le forme d’arte, tutte, non derivano che dall’osservazione della forma massima di bellezza, la natura.
Il momento migliore per visitarlo è certamente quello primaverile quando la natura si sveglia e il bosco è libero dalla neve per poter meglio ammirare le opere d’arte. È un’attività perfetta anche per famiglie con bambini perché il percorso è di circa 5 chilometri andata e ritorno con quasi nessuna pendenza e quindi fattibile anche con i passeggini.
Art park La court, Castelnuovo Calcea (Asti)
Andiamo in Piemonte, terra di vigneti che si trasformano poi in ottimi vini. Per chi ama il buon bere e vuole farlo direttamente sul territorio di provenienza di alcune delle migliori bottiglie italiane, questo parco d’arte è una bella tappa per un prossimo giro sia nella bella stagione che sta per arrivare che in tempo di vendemmia quando i colori sono tra i più suggestivi. Precisamente la tenuta La court si trova all’interno di una delle sei zone che compongono il cinquantesimo sito Unesco d’Italia: i paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, dichiarati Patrimonio dell’umanità nel 2014. L’Art park La court è il più esteso museo a cielo aperto in vigna, tra venti ettari vitati, tre cascinali, due colline: un monumento in continuo aggiornamento dove arte, paesaggio e vino dialogano ininterrottamente, offrendo ai visitatori una delle esperienze di land art più uniche del panorama enologico.
Gli artisti che qui hanno lasciato tracce sono diversi: primo tra tutti Emanuele Luzzati che ha progettato le scenografie paesaggistiche e qui ha lasciato in eredità le sue sculture, organizzate lungo un percorso fiabesco dedicato agli elementi: terra, acqua, aria e fuoco. Il parco è costellato anche da opere di altri artisti di fama internazionale, tra cui gli interventi di Ugo Nespolo, Giancarlo Ferraris e Chris Bangle. Il filo conduttore sembra essere un’atmosfera arcaica e fantastica sul rapporto e l’armonia tra uomo e natura.
Segnaliamo che sempre in zona, proprio su Ugo Nespolo, dal 28 giugno sarà inaugurata la mostra “Nespolo & Chiarlo: dal 2013 arte in vigna” presso il resort Palás Cerequio di La Morra (Cuneo), nel cuore di uno dei cru più blasonati del Barolo. Sarà un’occasione per immergersi nell’universo artistico di uno dei grandi, visionari nomi dell’avanguardia artistica italiana – attraverso alcune delle sue più grandi opere e per ripercorrere, grazie all’esposizione di bozzetti inediti, la lunga e fruttuosa collaborazione con Michele Chiarlo.
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