Asili nel bosco, per riscoprire la bellezza di crescere all’aria aperta
Asilo nel Bosco di Lanuvio - Partito con una manciata di bambini ha già riscosso grande interesse e adesioni per il prossimo anno
Scuole a cielo aperto, dove vivere a contatto con la natura per imparare a conoscerla e a rispettarla: sono gli asili nel bosco, che stanno conquistando (a poco a poco) anche l’Italia.
Asilo nel Bosco di Lanuvio - Partito con una manciata di bambini ha già riscosso grande interesse e adesioni per il prossimo anno
Giocare all’aperto e osservare da vicino le stagioni che cambiano sono attività ormai fuori moda per moltissimi bambini di oggi, che si ritrovano a trascorrere la loro infanzia chiusi tra quattro mura. A tentare di rispolverare questa sana e sbiadita abitudine ora ci provano gli asili nel bosco, vere e proprie scuole all’aria aperta, già realtà consolidate in Paesi come la Germania e la Danimarca, e in (lenta e faticosa) crescita anche in Italia.
Uno degli asili nel bosco in Italia
Ne abbiamo parlato con Valentina Caracuta, educatrice 38enne (e mamma di due figli), con oltre 15 anni di esperienza alle spalle, che a settembre ha intrapreso insieme al collega Simone Di Monte questa nuova avventura didattica completamente immersa nella natura dei Castelli Romani. Un’esperienza piena di sorprese, ma anche di importanti conferme, dove la scelta pedagogica di “accompagnare il bambino permettendogli di esprimersi in libertà” si sposa perfettamente con lo scenario naturale.
In cosa consiste un asilo nel bosco e da che esigenze nasce?
E’ un posto in cui (quasi) tutte le attività vengono svolte all’aria aperta. Si fanno passeggiate didattiche, giochi intorno al fuoco, col fango, si coltiva l’orto dinamico e si osserva la natura quotidianamente, imparando a conoscerla da vicino e a rispettarla. Tornare a trascorrere del tempo fuori secondo noi oggi è diventa un’urgenza fondamentale, perché i bambini ne hanno sempre meno l’occasione.
Dove si trova la vostra realtà?
Siamo a Lanuvio, vicino a Genzano, nei Castelli Romani. Il nostro asilo si trova precisamente all’interno di un’azienda agricola a promozione sociale che si chiama La casa di Pietro. È un posto enorme, con una parte coltivata, un uliveto, un sentiero che porta nel bosco e un ruscello oltre al quale sorge un bosco originario. Noi per ora usiamo come base una stanza, che chiamiamo rifugio, che in realtà è uno spazio multifunzionale, ma ci stiamo attrezzando con centri di interesse, come una capanna per avventure strutturata e altri spazi che saranno messi a norma.
Ci racconti com’è cominciata per voi tutta questa avventura?
Io e Simone Di Monte, l’altro educatore che lavora con me, abbiamo molti anni di esperienza alle spalle nel campo educativo e da tempo aspettavamo un’iniziativa come questa. All’inizio pensavamo a un agrinido o fattoria didattica, che però sono cose un po’ diverse. La scintilla si è accesa quando abbiamo incontrato l’Emilio, una scuola dell’infanzia e nido privato di Ostia che nel 2013 ha fatto il primo anno di sperimentazione di asilo nel bosco, sfruttando il parco circostante la scuola, e ora è al secondo anno effettivo. Loro hanno aperto un po’ la strada, sono stati al Ministero e stanno facendo anche tanta formazione a livello nazionale. A Bologna per esempio so che il comune sta sperimentando da tempo varie forme di outdoor education. A poco a poco la cosa si sta diffondendo.
Dal punto di vista legislativo qual è la situazione?
In Italia non esiste legge per scuole all’aperto e adesso ci si sta muovendo proprio per chiedere risposte su questo tema. In Germania e Danimarca ci sono proprio scuole pubbliche di questo tipo, quindi una famiglia può sceglierle liberamente. Noi formalmente ora siamo un’associazione culturale, Arti in viaggio, che organizza un laboratorio permanente in sinergia con un gruppo di genitori.
Qual è la pedagogia che sta dietro al vostro progetto e come trova forza nell’esperienza outdoor?
L’idea pedagogica alla base di tutto per noi è creare un luogo che possa rispondere all’esigenza di autonomia e libertà del bambino. Un luogo in cui rispettare il bambino e i suoi bisogni. Noi partiamo anche da quella parte del programma ministeriale che parla del corpo e del movimento. Secondo noi questi aspetti possono essere particolarmente stimolati in uno spazio all’aperto, dove non ci sono confini, se non quelli che diamo noi, per questioni di sicurezza. In un contesto aperto si può muovere il proprio corpo in libertà, sperimentare anche il rischio di farsi male e imparare a ripararsi: tutte cose che arricchiscono le conoscenze e le competenze fisiche e psichiche del bambino. La natura è proprio lo sfondo integratore perfetto per dare spazio a queste esigenze.
Qual è il ruolo dell’educatore in questo genere di esperienza?
Quello di guidare e accompagnare il bambino. Noi siamo lì, vigili e attenti alla loro incolumità, però permettiamo che si possano esprimere fisicamente, possano arrampicarsi, salire e scendere da una cunetta, giocare con la terra. L’aspetto sensoriale e percettivo sono fondamentali. La conoscenza del mondo passa anche dalla conoscenza di odori, colori e tutto ciò che la natura offre. E allora quale luogo migliore se non un bosco per imparare tutto questo?
Com’è andata finora questa esperienza?
Abbiamo aperto a settembre con quattro bambini che hanno dai 2 ai 4 anni e mezzo, ma per il prossimo anno abbiamo già altre dieci richieste e pensiamo di prolungare l’orario. Per ora siamo aperti solo la mattina dalle otto alla una. In totale abbiamo trascorso al chiuso solo un paio di giorni in cui il tempo era particolarmente brutto.
E’ stato difficile per te, dopo tanti anni da educatrice in ambiti più tradizionali, lavorare in un contesto così diverso e senza tutto il classico materiale che si usa?
All’inizio avevo la sensazione che mancasse qualcosa, ma col tempo è andata via del tutto. Abbiamo pochissimi giocattoli e stiamo attenti ad usare materiale ecosostenibile, come colori vegetali, che facciamo noi con frutta e altre cose naturali, e una colla ad amido. Usiamo una piccola carriola per trasportare le cose e altri materiali poveri come mattoncini e legni, che in realtà sono semplici scarti di falegnameria. Poi nel rifugio abbiamo dei libri, un tappeto con cuscini e alcuni animaletti.
E i bambini come vivono senza i classici giocattoli?
Benissimo. Ho avuto l’ulteriore conferma che ai bambini basta davvero poco per divertirsi e liberare l’immaginazione. Un pezzo di terra recintato per loro è diventato un oceano! Smuovendo la terra prima abbiamo scoperto il microcosmo di insetti e animaletti che ci stanno sotto e poi, piano piano, per loro quello spazio è diventato un lago e così abbiamo costruito le canne da pesca…
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