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Donne veterinarie, è nata un’associazione per difenderne i diritti
Le donne veterinarie ora hanno un’associazione che le rappresenta e ne rafforza il ruolo professionale.
Essere donne e lavorare come veterinarie. Fare, quindi, un mestiere duro, pieno di responsabilità e doveri imprescindibili verso gli animali e chi vive con loro. Ma essere anche una donna e dover conciliare le esigenze personali e familiari con la propria professione. Ora anche le laureate in Medicina veterinaria hanno un’associazione che si è posta il compito di tutelarne il lavoro, aiutando a conciliare i vari aspetti della vita femminile e dei doveri lavorativi. Si chiama Associazione donne medico veterinario (Admv) ed è nata da pochissimo – esattamente il 29 settembre 2019 – per merito di quattro donne che operano da molto in questo campo.
“L’idea che la veterinaria avesse bisogno di una partecipazione nuova era nell’aria da un po’, come spesso succede quando molti si allineano su un pensiero che un po’ alla volta prende forma collettiva”, spiega la vicepresidente dell’associazione, Rebecca Bragadin. “Si è palesata la consapevolezza che, riunendo la forza femminile della veterinaria e il suo grande valore, sia dal punto di vista professionale che umano, si sarebbe potuta far confluire all’interno di un nucleo d’aggregazione una serie di problematiche che ci riguardano, da rielaborare e risolvere insieme in un confronto attivo e propositivo. Così, dopo confronti e scambi di opinioni con un numero crescente di colleghe, dopo mesi di lavoro e superate difficoltà di vario genere, grazie alle nostre quattro volontà determinate, è nata Admv”.
Donne veterinarie, una sfida importante
L’associazione è nata grazie al lavoro congiunto di quattro colleghe che ne costituiscono l’anima e la struttura portante. Sono le dottoresse Lorella Elia, presidente, Rebecca Bragadin, vicepresidente, Laura Cutullo e Francesca Badalì, consigliere. “L’ obiettivo principale che l’associazione si prefigge è quello di diventare portavoce della categoria, nell’intento di sviluppare un contesto in cui le donne medico veterinario possano esprimere pienamente il proprio potenziale professionale e umano”, chiarisce la presidente dell’Admv, Lorella Elia. “Vogliamo promuovere la collaborazione e il supporto reciproco tra di noi, supportando le iniziative a tutela del nostro ruolo, la costruzione di percorsi volti alla crescita della persona e gestione dell’attività, lo sviluppo di progetti di sostegno alle problematiche di salute femminili, alla maternità e alla gestione familiare. La nostra non vuole essere una battaglia di genere, ma solo l’espressione concreta della necessità di affrontare fra donne e con la nostra mentalità femminile alcune tematiche che sono (quasi) esclusivamente nostre, in linea con ciò che sta avvenendo in tutta Europa. Non a caso abbiamo preso a simbolo della nostra associazione la dea Ecate, il cui mito rappresenta in modo affascinante la natura multiforme delle donne. È una dea legata alla fertilità e al ciclo della vita, protettrice dei cani, divinità delle scelte difficili, dea della libertà di scelta, consigliera saggia ed esploratrice della psiche, la cui ferrea volontà si esprime e crea”.
Problemi e scelte da considerare
Ma quali sono i problemi immediati delle donne che scelgono la professione veterinaria e, se ci sono, quali potrebbero essere le soluzioni a breve termine per loro? Risponde Francesca Badalì: “Le iscritte agli Ordini dei medici veterinari in dieci anni sono passate dal 37,4 per cento al 46,5 per cento del totale degli iscritti. Da un dossier redatto recentemente dalla collega Raffella Bestonso, in Italia i medici veterinari iscritti all’Enpav a fine 2017 hanno raggiunto la quota di 29.223 unità, di cui 15.138 uomini e 14.085 donne. I numeri corrispondenti alla quota femminile sono in continua crescita. Aumentano le donne medico veterinario, ma restano preoccupanti i dati sulle esigenze del mercato professionale, sulle effettive possibilità di carriera e competenze manageriali offerte, in quanto il lavoro è ancora organizzato in base ai ritmi maschili. Noi donne viviamo affrontando i problemi professionali che affliggono tutta la categoria (tutele, carriera, guadagni, considerazione sociale), più quelli legati al fatto di essere donna con le proprie problematiche quotidiane ”.
Ed è proprio per queste ragioni che l’Associazione donne medico veterinario è nata. “Attualmente stiamo organizzando una serie di web meeting con le colleghe che lavorano all’estero, in modo da capire ciò che avviene fuori dal nostro paese e attingere da ciò che di positivo esiste lì per cambiare ciò che non va in Italia. Stiamo anche cercando convenzioni che possano aiutare nel concreto le colleghe. Inoltre manteniamo vivo il gruppo di lavoro su Facebook nel quale possono essere espresse le esigenze e gli sfoghi della categoria al femminile”, ribadisce Laura Cutullo. L’associazione ha anche intenzione di occuparsi del problema della preclusione all’insegnamento delle varie materie scientifiche per i laureati in Medicina veterinaria. “Proprio dai recenti risultati dei test Pisa Invalsi, è emerso che nella scuola italiana c’è una carenza di formazione nelle scienze (e nella lettura). La nostra esclusione dall’insegnamento è particolarmente grave perché potremmo contribuire in modo eccellente alla formazione scientifica degli studenti”, conclude Cutullo.
L’unione fa la forza
Come ogni neonata associazione, anche Admv fonda il suo lavoro sulla partecipazione delle associate e sulla loro volontà di portare avanti un progetto comune. Sul sito web dell’associazione si può scaricare il modulo associativo. La quota associativa, valida fino al 31 dicembre 2020, è volutamente molto bassa (25 euro), ma è essenziale per poter “fare” nel concreto. “Come in tutto, senza qualche risorsa economica è impossibile muoversi. Noi quattro fondatrici abbiamo investito in Admv, e continuiamo a farlo, con il nostro tempo e le nostre energie fisiche ed economiche. Abbiamo voluto gettare le basi per un impegno che nel prossimo futuro ci vedrà affrontare i problemi della categoria uno a uno e sbrigliarli da contesti antichi e superati per cercare di risolverne le complessità. Ma per poter fare tutto questo bisogna aggregarsi e sostenere il progetto con la forza e la determinazione che, permettetemi, noi donne sappiamo mettere in campo”, conclude la dottoressa Badalì. E in tempi come questi, in cui si assiste alla riproposta di un modello femminile relegato al ruolo di “pin-up” con poco cervello, è bene ribadire con forza come la donna abbia conquistato un ruolo di primaria importanza in ogni campo del vivere civile e professionale. Anche e soprattutto se si parla di Medicina veterinaria.
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