Secondo i dati preliminari il 2023 è stato un anno anomalo, in cui l’assorbimento netto della CO2 da parte degli ecosistemi terrestri si è quasi azzerato.
- Stando ad alcuni dati preliminari, l’assorbimento netto della CO2 da parte di suolo e foreste sarebbe sceso quasi a zero nel 2023.
- Si tratta di un’anomalia, sulla quale potrebbero avere inciso alcuni eventi meteo estremi. Non sappiamo se né quanto spesso si ripeterà.
- I piani di riduzione delle emissioni, però, danno per assodato che una quantità stabile di gas serra finisca in questi “serbatoi naturali”.
Sappiamo che l’effetto serra, che sta facendo salire la temperatura media globale con tutte le conseguenze che ben conosciamo, è accelerato dalle gigantesche emissioni di gas serra di origine antropica. Sappiamo anche, però, che gli oceani, le foreste e il suolo ne assorbono circa la metà. E dunque contribuiscono a far sì che il pianeta resti adatto a noi, alle nostre città, alle nostre società. Ma cosa succederebbe se, da un giorno all’altro, gli ecosistemi terrestri smettessero di immagazzinare CO2? È un’ipotesi molto più verosimile di quanto non si possa pensare, stando ad alcuni risultati preliminari resi noti da un team di ricerca internazionale.
Il possibile crollo dell’assorbimento della CO2 da parte di suolo e foreste
La prima cosa da chiarire su questi dati, anticipati dal quotidiano britannico Guardian, è che sono ancora in attesa di pubblicazione su una rivista scientifica. Non si può dunque escludere che, a seguito del processo di peer review, siano soggetti a modifiche o integrazioni. Se già se ne parla è perché mettono in evidenza un fenomeno che sarebbe tutto fuorché usuale.
Nel 2023, la concentrazione di CO2 in atmosfera è aumentata molto più rapidamente rispetto al solito, pur in assenza di fattori contingenti particolari, come una forte ripresa economica che determini un’impennata della domanda di energia. Lo studio fa dunque un’altra ipotesi sul perché: l’assorbimento netto della CO2 da parte degli ecosistemi terrestri (cioè, in sostanza, del suolo e delle foreste) sarebbe sceso quasi a zero. Avrebbero inciso, in particolare, la siccità di portata storica in Amazzonia, le forti ondate di caldo in siccità nel sudest asiatico e gli sterminati incendi in Canada.
L’aggettivo “netto” va specificato, perché anche nel 2023 ci sono stati degli ecosistemi che hanno assorbito grandi quantità di CO2: se su un piatto della bilancia si mette il totale dell’assorbimento e sull’altro il totale delle emissioni, però, il risultato si avvicina allo zero.
Un motivo in più per adottare politiche ambiziose di riduzione delle emissioni
“Il 2023 è un caso, un anno nero dovuto a una serie di congiunture particolari, oppure dobbiamo abituarci al fatto che queste anomalie capitino più di frequente in futuro? E, se sì, quanto di frequente? Questa è una domanda che ci dobbiamo porre”, commenta a LifeGate Riccardo Valentini, professore di Ecologia forestale presso l’università della Tuscia e strategic advisor di Cmcc, il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici.
E non è una domanda astratta, tutt’altro. Perché, continua Valentini, “tutte le nostre politiche di riduzione delle emissioni si basano sul fatto che l’assorbimento da parte delle foreste sia bene o male sempre lo stesso. Questi dati introducono un grosso elemento di incertezza: basta una variazione di una piccola percentuale per cambiare il nostro futuro. Volendo dare una lettura politica, questa incertezza dovrebbe spingerci ad aumentare i nostri impegni per il clima, al fine di ridurre il rischio. In caso contrario, se facciamo il minimo indispensabile, rischiamo che alla fine i conti non tornino, perché il ruolo di oceani e foreste è inferiore rispetto a quanto avevamo ipotizzato”.
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