Non è vietato per la popolazione più giovane ma il vaccino Vaxzevria è raccomandato sopra i 60 anni. Matteo Villa spiega le conseguenze sul piano vaccinale.
Il vaccino è approvato per tutte le persone con più di 18 anni di età, ma se ne raccomanda un suo uso “preferenziale nelle persone di età superiore ai 60 anni”, considerando il “basso rischio di reazioni avverse di tipo tromboembolico a fronte della elevata mortalità da Covid-19”. È quanto si legge nella circolare con cui il ministero della Salute ha aggiornato le raccomandazioni sul vaccino Vaxzevria di Astrazeneca, che arrivano in seguito al verdetto dell’Agenzia europea del farmaco sul nesso causale tra il siero e i casi di trombosi rara. Chi avesse già ricevuto una prima dose del vaccino anglo-svedese, potrà comunque completare il ciclo assumendo la seconda. Ma quali conseguenze ha questa decisione sul piano vaccinale?
Come cambierà il piano vaccinale
“Il piano non cambia, a fine mese dobbiamo arrivare a 500mila dosi giornaliere – ha detto il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario per l’emergenza Covid –. Da oggi l’inoculazione del vaccino Astrazeneca è aperta alla platea dei 60-79 anni, mentre gli under 60 che hanno già ricevuto la prima dose, riceveranno anche la seconda. L’Ema ha detto che AstraZeneca è un vaccino sicuro e spero che la vicenda si concluda così”. A sostenere che il piano possa cambiare in meglio, ma con due grosse conseguenze, è Matteo Villa, ricercatore all’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) di Milano. “La prima è che, poiché sono mesi che diciamo che dobbiamo vaccinare soprattutto persone anziane e a rischio, destinare le dosi di AstraZeneca in arrivo solo alle persone over 60 è esattamente in linea con ciò che si sta facendo da un mese e mezzo a questa parte. E cioè riallineare le priorità in base all’età”.
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Decessi settimanali per milione di abitanti: 🇬🇧 UK, 80 a gennaio, 11 oggi 🇩🇪 Germania, 55 -> 16 🇮🇹 Italia, 60 -> 43
Come ci siamo arrivati? Riaprendo troppo presto, e vaccinando le persone sbagliate.
Il vero problema sono però le rinunce e la diffusamente scarsa fiducia di cui ormai gode questo vaccino. “Le disdette sul breve periodo possono complicare un po’ la campagna vaccinale, perché rendono difficile riorganizzarsi – continua Villa –, ma l’effetto sul medio-lungo periodo è la cosiddetta esitazione vaccinale. Significa che ci sarà una platea di persone che deciderà di non farsi vaccinare o di attendere la disponibilità di altri vaccini che non è detto che ci siano in quel momento”. Un rischio concreto considerando che in Lombardia si stimanodefezioni intorno al 15 per cento, cifra che raggiunge il 40 per cento a Potenza e il 40-50 per cento in Sardegna. E se è vero che l’aumento dell’esitazione vaccinale potrebbe essere trascurabile nelle fasce giovani, costituisce un problema nelle fasce a rischio e tra gli anziani.
I dubbi sul piano vaccinale ancora da chiarire
Il target rimane quello fissato dal generale Figliuolo nel suo piano vaccini che punta alle 500mila iniezioni al giorno. “Non è irrealistico raggiungere questa cifra ma il punto è capire quando: ora si gioca tutto sui tempi. E questo dipende anche dalle forniture”, sostiene Villa. Oltre alle difficoltà croniche di alcune Regioni di stare al passo con le altre per smaltire le dosi disponibili, c’è l’ostacolo dell’approvvigionamento. Il 14 aprile Astrazeneca consegnerà in Italia 175mila dosi, poco più della metà delle 340mila previste, che si aggiungono ai circa due milioni di vaccini attualmente in magazzino. Contando anche Pfizer e Moderna, in tutto il mese di aprile potremo disporre di circa otto milioni di dosi, che si sommano alle 500mila in arrivo da Johnson&Johnson.
🔴Diretta della conferenza stampa del 7 aprile sulle valutazioni dell’@EMA_News in relazione al vaccino anti #Covid19 Vaxzevria di AstraZeneca, con Il Pres. del CSS, Locatelli, il Dg di @Aifa_ufficiale , Magrini e il Dg della Prevenzione, Rezza.⁰⁰https://t.co/niMhgYNIV7
— Ministero della Salute (@MinisteroSalute) April 7, 2021
Ma c’è un punto ancora da chiarire e che è in via di definizione proprio in questi giorni. E riguarda i 34 milioni di vaccini attesi da Astrazeneca entro settembre. Se la platea per cui sono destinati, cioè i 13 milioni di 60-79enni, è nettamente inferiore – contando anche i richiami, si arriva nella migliore delle ipotesi al doppio – cosa succede alle otto milioni di dosi rimanenti? “Per prima cosa, devono arrivare – ci spiega Villa –. Ricordiamoci che alla fine del primo trimestre ne sono arrivate la metà. E poi se anche dovessero arrivare tutti e 34 i milioni attesi e ci dovessero essere eccedenze, le si danno agli altri paesi”. Difficile sbilanciarsi ora, è ancora tutto in divenire.
In Africa solo 15 stati hanno vaccinato il 10 per cento della popolazione entro settembre, centrando l’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità.
La sospensione dei brevetti permetterebbe a tutte le industrie di produrre i vaccini, ma serve l’approvazione dell’Organizzazione mondiale del commercio.
L’Africa, rimasta finora indietro nella campagna vaccinale, ha ricevuto 600mila dosi di vaccino anti-Covid grazie al programma Covax dell’Organizzazione mondiale della sanità.
130 paesi in tutto il mondo non hanno ancora ricevuto una singola dose di vaccino. Mentre tre quarti dei vaccini totali sono stati usati da solo dieci paesi, i più ricchi.
In tutta l’Africa sono state somministrate solo 25 dosi di vaccino. La corsa internazionale ai vaccini è impari e rischia ancora una volta di colpire più duramente i paesi più poveri.