Manuel Esteban Paez Terán, attivista di Atlanta di 26 anni, è stato ucciso da un colpo di pistola sparato da un poliziotto non identificato mentre difendeva un parco dalle ruspe.
Ad Atlanta, in Georgia (Stati Uniti) un attivista di 26 anni è stato ucciso da un colpo di pistola sparato da un poliziotto non ancora identificato.
Manuel Esteban Paez Terán è morto per difendere la South river forest, un luogo caratterizzato dall’ingiustizia.
Sono più di 1.700 gli ambientalisti morti negli ultimi dieci anni e la tendenza non sembra in calo.
Si può morire nel tentativo di difendere la natura? La risposta, purtroppo, è sì. Anche nel 2023. E non solo in Paesi come Honduras, Messico, Colombia o Brasile. Ma anche in Georgia, negli Stati Uniti, un paese autoproclamatosi come esportatore di democrazia nel mondo. Mercoledì 18 gennaio, poco dopo le 9:00 del mattino, l’attivista ventiseienne Manuel Esteban Paez Terán, detto “Tortuguita”, è stato ucciso da un colpo di pistola sparato da un agente di polizia non identificato nel corso di un blitz organizzato contro i manifestanti che stanno occupando da mesi la Weelaunee Forest, il polmone verde di Atlanta.
Le dinamiche di quanto accaduto non sono ancora chiare ma, da una prima ricostruzione fornita dalla polizia, il giovane attivista avrebbe sparato per primo ferendo un funzionario che, al momento, è ricoverato in ospedale in condizioni stabili. Una versione non supportata da chi era sul posto e che non trova riscontro in alcuna prova concreta visto che, come ammettono gli stessi agenti, nessuna delle telecamere di cui sono normalmente dotati era in funzione. La sparatoria è avvenuta nel corso di un’ampia operazione che ha coinvolto decine di agenti di polizia – inclusi l’Fbi e i dipendenti del Georgia bureau of investigation (Gbi), che opera agli ordini del governatore repubblicano Brian Kemp – mobilitati per sgomberare l’area. La South river forest è infatti oggetto di una protesta iniziata alla fine del 2021 quando l’allora sindaca di Atlanta, Keisha Lance Bottoms, aveva annunciato l’abbattimento di due chilometri quadrati di bosco per fare spazio ad una struttura preposta all’addestramento del dipartimento di polizia di Atlanta, la cosiddetta CopCity, un aeroporto e uno studio cinematografico.
Ad appoggiare il progetto c’è anche l’Atlanta police foundation, un’organizzazione no profit nata nel 2003 che utilizza fondi privati per sostenere le iniziative delle forze di polizia e che ha dimostrato in più occasioni di avere un rapporto privilegiato con la politica locale e di godere dell’appoggio di alcune tra le realtà economiche più potenti del Paese. All’interno del suo consiglio di amministrazione, e nell’elenco dei donatori, spiccano infatti i nomi di banche, studi legali, società di investimento, squadre sportive e note società come Waffle House, AT&T, Georgia Pacific, Coca-Cola, Home Depot e Delta Air Lines. Dall’altra parte della barricata, invece, “solo” un gruppo di ambientalisti che combattono per la sopravvivenza della natura e un’area boschiva che, appena quattro anni prima, era stata inserita nello statuto della città e descritta come bene pubblico storico nonché fondamentale per mitigare gli impatti del riscaldamento globale.
The police killing of Atlanta forest defender Manuel Terán breaks our hearts. No one should face police violence for dissent against environmental destruction and police militarization. #StopCopCityhttps://t.co/iQw9eo7Kw8
Manuel Esteban Paez Terán e la foresta che non smette di piangere
Quella della South river forest è una storia travagliata, fatta di sofferenza, soprusi e ingiustizie, che inizia ben prima del tragico incidente avvenuto il 25 gennaio. Fino agli anni trenta dell’Ottocento, infatti, la “Weelaunee” è stata la dimora storica dei Muscogee Creek, una tribù di nativi americani deportati forzatamente dall’esercito statunitense in quello che viene chiamato il Trail of tears, o sentiero delle lacrime. Una volta liberata dai suoi incomodi abitanti, la terra fu trasferita nelle mani della ricca élite di proprietari terrieri che gestivano le piantagioni di cotone e, anno dopo anno, gli alberi che ancora oggi popolano l’area, videro arrivare e morire centinaia di schiavi strappati alle loro famiglie e ai loro paesi d’origine.
Poi, nel 1918, le piantagioni vennero sostituite da altri campi e altro dolore: una fattoria penitenziaria in cui, fino al 1995, i detenuti – per lo più afroamericani condannati per crimini di bassa entità come furti, vagabondaggio o ubriachezza molesta – venivano fatti lavorare in condizioni disumane per produrre il cibo necessario a sfamare la prigione della città di Atlanta. Oggi, l’area in cui sorge la foresta di Weelaunee è circondata da quartieri a maggioranza afroamericana che, per decenni, sono stati abbandonati dall’Amministrazione pubblica e, come purtroppo spesso accade, sono stati prima emarginati e poi dimenticati dal resto della città. Almeno fino a quando è nato il movimento Stop Cop City che, com’era nei sogni di Manuel Esteban Paez Terán, avrebbe dovuto combattere per fermare l’ennesimo sopruso ai danni della natura.
Hundreds of organizations & individuals have signed in solidarity with #StopCopCity
"The struggle that is playing out in Atlanta is a contest for the future…It is up to us to create a peaceful society that does not treat human life as expendable."https://t.co/BvfkaicNC1
Difendere l’ambiente può costare la libertà e la vita
Oltre all’uccisione di Manuel Esteban Paez Terán, da dicembre ad oggi 19 persone coinvolte nelle proteste di Atlanta sono state accusate di terrorismo e sei sono state arrestate solo nell’ultima settimana. Secondo l’organizzazione Global Witness, negli ultimi dieci anni sono stati uccisi più di 1700 attivisti per l’ambiente, per lo più in America Latina e, in particolare, in Messico. Duecento solo nel 2021 di cui, la maggior parte, appartenenti alle minoranze indigene. Una repressione senza pietà che non ha risparmiato donne, bambini o anziani e che continua ad essere caratterizzata da un altissimo livello di impunità. Storie che abbiamo sempre considerato lontane dal nostro mondo, dai nostri ideali, dal nostro senso di giustizia. Fino a mercoledì 25 gennaio 2023 quando il mondo dell’attivismo ambientale è cambiato e un proiettile sparato da un poliziotto ha ucciso Tortuguita, un ragazzo di 26 anni che amava gli alberi.
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