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Un nuovo emendamento equipara finalmente le donne ai colleghi maschi, estendendo anche a loro le tutele sulle prestazioni di lavoro sportivo.
Con colpevole ritardo, la svolta tanto attesa nel mondo dello sport è arrivata: le atlete donne diventano professioniste anche sotto l’aspetto contrattuale. A renderlo possibile è stato un emendamento inserito dalla commissione Bilancio del Senato nella legge di bilancio. Il provvedimento equipara le donne ai colleghi maschi, estendendo anche a loro le tutele sulle prestazioni di lavoro sportivo.
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Dopo troppi anni, il risultato di vedere anche le donne professioniste, e non solo appassionate che emozionano, sudano e si impegnano in allenamento e nelle rispettive discipline, è arrivato.
Il professionismo sportivo italiano fino ad oggi era regolato della legge 91/1981, che nel suo secondo articolo recita: “Sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori che esercitano l’attività sportiva […] regolamentate e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse”. Una norma ferma da quasi quarant’anni, stagnante fino all’approvazione della legge di bilancio. Sugli effetti della manovra per il mondo sportivo femminile ha detto la sua via Twitter Sara Gama, difensore e capitano della nazionale italiana di calcio femminile: “Siamo professioniste oggi dopo questo? No. È l’inizio di una partita che va giocata con nuovi inserimenti e vinta? Sì”.
È passato durante l’esame della Legge di Bilancio l’emendamento a firma del Senatore #Nannicini per lo sgravio su contributi assistenziali e previdenziali per le società sportive femminili per le prossime tre stagioni. Siamo #professioniste oggi dopo questo? No. — Sara Gama (@SaraGama_ITA) December 11, 2019
La palla infatti passa alle singole federazioni sportive per poter effettivamente affermare il professionismo in rosa. “È nelle federazioni che si decide in merito allo status delle atlete e così sarà in Figc, dove discuteremo insieme ai nostri club. Troviamo insieme la via migliore per un obiettivo che oggi è più vicino”, ha aggiunto Gama.
Il timore è quello che le società dopo i tre anni garantiti dall’emendamento possano essere in debito d’ossigeno. Il lievitare dei costi del personale, che da dilettante diventa professionista, è importante e tante realtà potrebbero essere in difficoltà. L’augurio è che i diritti televisivi possano rappresentare per lo sport femminile fonti di guadagno.
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Al di là delle difficoltà che il professionismo femminile incontrerà, la norma resta una vittoria per tutte quelle atlete che hanno faticato, emozionato che intendono ancora far gioire gli appassionati di tutto il Paese. “Finalmente avremo la possibilità di aiutare la transizione delle società verso il professionismo, con tutti i diritti per le atlete che esso comporta”, ha dichiarato il senatore Tommaso Nannicini, il promotore dell’emendamento.
Entriamo nelle pieghe della legge di stabilità: la variante proposta dalla commissione del Senato toglie ogni tipo di alibi alle società che ottengono aiuti per tre anni per il pagamento dei contributi alle atlete. Ora le federazioni sportive devono deliberare lo status giuridico in consiglio per le loro tesserate. Sono passaggi tecnici determinanti perché la legge, ora che è stata approvata dal parlamento, non resti lettera morta.
professionismo femminile significa ad es. diritto alla maternità. Intervista a @katia_serra http://t.co/Tycobi9j0q pic.twitter.com/oDn9G2n9Df
— Sport alla Rovescia (@SportRovescia) June 20, 2015
L’emendamento che ha aperto al professionismo femminile non riguarda solo i grandi sport di squadra – come previsto in un primo momento –, ma spetta alle atlete di tutti gli sport di cui le federazioni di competenza siano disposte a concedere lo status alle proprie tesserate. I milioni stanziati per i prossimi tre anni saranno venti: quattro per il 2020, otto per il 2021 e 2022. Si tratta dei contributi di cui lo Stato si fa carico, fino a un massimo di 8mila euro a stagione per atleta.
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Il movimento femminile nel suo complesso è in crescita. Nel 2019 tutte le discipline femminili hanno registrato un incremento di pubblico con il calcio a fare da apripista. “Per far compiere il salto di qualità al calcio femminile c’è bisogno soltanto di rendere queste ragazze professioniste. Ciò tutelerebbe le ragazze ma anche le società”, queste sono le parole di Maurizio Ganz, ex calciatore e tecnico della squadra femminile del Milan. I due storici club di Milano, Inter e Milan, hanno disputato per la prima volta a metà ottobre del 2019 il primo Derby della Madonnina versione femminile, accendendo l’entusiasmo di migliaia di supporters: “Quel giorno ha vinto lo sport – afferma Ganz –, e dovrebbe essere sempre così”.
Dal calcio al basket. Anche in questo caso la massima serie vede le ragazze impegnate sui campi di tutta Italia come dilettanti. “Non è la parola professionista che crea un interesse mediatico ed economico intorno al nostro campionato”, spiega Fabrizio Ranieri direttore sportivo della Asd basket costa. In questo momento per Ranieri non sembrano esserci i presupposti economici per rendere il campionato di basket e gli altri campionati femminili, professionistici perché le società sportive femminili fino a questo momento sono state lasciate senza sostegni da parte dello Stato e investimenti pubblicitari sono minimi. In modo amaro si chiude la riflessione di Ranieri: “Non abbiamo concretamente la possibilità di sfondare nel professionismo, anche se le ragazze se lo meriterebbero visto l’impegno che ci mettono in allenamento e in partita, sottraendo tempo al loro lavoro e allo studio”.
Sembra quindi che le federazioni insieme allo Stato debbano creare le condizioni, a partire dalla legge di bilancio, per poter far sì che le società sportive si mantengano. Solo quando queste condizioni saranno concrete e non utopiche, lo sport potrà esultare perché anche lo sport femminile sarà costituito da professioniste.
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