Gli Stati Uniti hanno lanciato attacchi contro milizie filo-iraniane in Iraq e Siria, in rappresaglia al bombardamento della base Torre 22 in Giordania.
Ultimo aggiornamento delle ore 10:35 del 6 febbraio 2024
Lo spettro di un conflitto regionale allargato, con il coinvolgimento degli Stati Uniti, è sempre più presente nello scenario mediorientale. Venerdì 2 febbraio, le forze militari statunitensi hanno lanciato una serie di 85 attacchi su obiettivi strategici in Siria e Iraq delle milizie filo-iraniane nei due Paesi, in cui sono morte almeno 40 persone.
Washington ha dichiarato, attraverso le parole di Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente Joe Biden, che gli Stati Uniti continueranno a condurre altri attacchi se le loro forze dispiegate nella regione subiranno altri attacchi da parte dalla cosiddetta “asse della resistenza”, ma l’obiettivo degli Stati Uniti non è un conflitto aperto contro Teheran.
Il bombardamento alla Torre 22
I bombardamenti statunitensi nella regione sono stati in risposta all’attacco alla Torre 22, una base degli Stati Uniti nel nordest della Giordania al confine con la Siria, e non molto lontana dal confine con l’Iraq, avvenuto lo scorso 28 gennaio. Nell’attacco sono morti tre militari e ne sono rimasti feriti 34.
La base si trova nella regione Rubkan che ha dato nome a uno dei più grandi campi profughi informali di sfollati siriani. La responsabilità della gestione del campo è stata rimbalzata dal 2015 tra Giordania, Russia e Stati Uniti. Con la normalizzazione dei rapporti con la Siria di Bashar al-Assad, i rifugiati hanno espresso timore per il loro futuro, per paura della possibilità di attacchi crescenti. Ora, con il bombardamento della base statunitense le probabilità di essere colpiti sono ancora più alta.
Il presidente Biden, sin da subito, ha promesso che gli Stati Uniti avrebbero risposto al bombardamento “nei tempi e nei modi che stabiliremo” e ha immediatamente accusato le milizie filo-iraniane presenti in Siria e in Iraq. La rivendicazione è poi arrivata dalla Resistenza Islamica irachena, un gruppo ombrello di gruppi armati sostenuti da Teheran, tra cui Harakat Hezbollah al-Nujaba e Kata’ib Hezbollah.
I continui attacchi ad obiettivi degli Stati Uniti
Nelle ultime settimane, le milizie legate a Teheran hanno intensificato gli attacchi alle basi militari statunitensi in Iraq e in Siria, in risposta alla campagna militare israeliana nella Striscia di Gaza. I gruppi sostenuti dall’Iran, chiamati anche “asse della resistenza” e che comprendo Hamas, Hezbollah, gli Houthi e diversi gruppi sciiti in Iraq e in Siria, hanno definito i loro attacchi come una rappresaglia per il sostegno di Washington alla guerra israeliana su Gaza e hanno affermato che il loro principale obiettivo è quello di spingere Washington a lasciare la regione.
Negli ultimi mesi gli Stati Uniti hanno colpito obiettivi in Iraq, Siria e Yemen – in questo caso insieme al Regno Unito – per rispondere agli attacchi alle loro forze nella regione e per dissuadere i ribelli Houthi dal continuare a minacciare la navigazione commerciale nel Mar Rosso.
Le tensioni maggiori a livello diplomatico sono quelle tra Baghdad e Washington. Già a inizio gennaio il primo ministro iracheno Mohammed Shia al-Sudani ha annunciato di voler spingere le forze statunitensi al ritiro dal proprio territorio.
Le richieste da tempo avanzate dalle fazioni sciite di lasciare la coalizione guidata dagli Stati Uniti, hanno preso vigore dopo una serie di attacchi statunitensi contro i gruppi filo-iraniani in Iraq. E proprio il 27 gennaio, durante il suo viaggio a Baghdad, il Segretario di Stato Blinken ha iniziato la negoziazione con l’Iraq per il ritiro statunitense.
Nella notte un nuovo obiettivo statunitense è stato colpito in Siria. Un attacco drone ha colpito una base degli Stati Uniti nel Rojava siriano. L’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), con sede nel Regno Unito, ha dichiarato che sette combattenti curdi sono stati uccisi e almeno altri 18 sono rimasti feriti. L’Osservatorio ha aggiunto che dal 19 ottobre 2023 sono stati compiuti 108 attacchi alle basi della Combined Joint Task Force – la coalizione a guida statunitense nata nel 2014 per combattere l’Isis – in tutta la Siria. I continui scontri tra milizie filo-iraniane e Stati Uniti sono tema della riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in corso in queste ore. Russia e Cina hanno criticato gli Stati Uniti per i continui attacchi nella regione, accusando Biden di usare il conflitto in Medioriente per i suoi fini elettorali, ignorando il rischio escalation.
Anche se gli attacchi statunitensi non hanno preso di mira nessun obiettivo all’interno del territorio iraniano, è inevitabile che le tensioni in Medioriente aumentino sempre di più, ma soprattutto è evidente come la guerra sulla Striscia di Gaza non sia solo una questione tra israeliani e palestinesi, ma regionale.
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