Aveva 43 anni Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, ucciso lunedì 22 febbraio a colpi d’arma da fuoco, nel corso di un attacco armato contro il convoglio su cui viaggiava. A premere il grilletto, un commando di uomini di cui non si conoscono, per ora, né le identità né le reali intenzioni: si sospetta che volessero semplicemente rapire “degli uomini bianchi”. Ciò che è chiaro, è che oltre a quella del diplomatico italiano, hanno stroncato anche le vite del carabiniere Vittorio Iacovacci, sua guardia del corpo, e del loro autista congolese, Mustapha Milambo.
L'ambasciatore Luca Attanasio, rimasto ucciso in un attacco in #Congo insieme ad altre due persone, aveva 43 anni. Aveva recentemente ricevuto il Premio Nassiriya per la Pace https://t.co/Eue0Of2UhM#ANSA
Il convoglio di Attanasio era in viaggio in una provincia a rischio
Il convoglio era stato organizzato dalla missione dei Caschi blu delle Nazioni Unite in Congo (Monusco) per una visita nei pressi di Goma, nella porzione orientale del territorio congolese. Secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa, si trattava di due veicoli, in viaggio in quel momento sulla strada che porta a Rutshuru. Attanasio vi avrebbe dovuto visitare una struttura del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam) preposta alla distribuzione di cibo nelle scuole.
Attorno alle 9:15, ora italiana, il convoglio è stato bloccato, quando si trovava nel parco nazionale di Virunga. Sei persone hanno dapprima sparato in aria, poi ucciso l’autista e portato le due auto nella foresta. L’allarme, però, era nel frattempo scattato e un gruppo di rangers dell’Istituto congolese per la conservazione della natura, che si trovava a poca distanza, ha deciso di intervenire. Ne è scaturito un conflitto a fuoco, nel quale Iacovacci avrebbe perso la vita sul colpo.
La carriera diplomatica avviata nel 2003
Al contrario, Attanasio, pur colpito all’addome, sarebbe stato ancora vivo. È stato dunque caricato su una jeep e trasportato all’ospedale di Goma, dove però è morto poco dopo. Si è conclusa così, nel peggiore dei modi, la carriera diplomatica dell’ambasciatore, avviata nel 2003 e che l’aveva portato, dal 2018, a guidare a Kinshasa la diplomazia italiana.
Nato a Saronno il 23 maggio del 1977, laureato presso l’università Bocconi di Milano, Attanasio è stato nominato dapprima capo della sezione economica e commerciale dell’ambasciata di Berna, in Svizzera, dal 2006 al 2010. Quindi, fino al 2013, è stato console generale a Casablanca, in Marocco. Dopo una parentesi lavorativa a Roma, è stato quindi nominato consigliere presso l’ambasciata italiana in Nigeria, nel 2015.
L’impegno di Luca Attanasio a fianco degli ultimi
Nell’ottobre del 2020 aveva ricevuto il premio Nassiriya per la pace, in virtù del “suo impegno in favore della pace tra i popoli” e “per aver contribuito alla realizzazione di importanti progetti umanitari, distinguendosi per il suo altruismo, per la sua devozione e per lo spirito di servizio a sostegno delle persone in difficoltà”. “Tutto ciò che noi in Italia diamo per scontato – aveva commentato Attanasio ricevendo il riconoscimento – non lo è in Congo, dove purtroppo ci sono ancora tanti problemi da risolvere. Il ruolo dell’ambasciata è innanzitutto quello di stare vicino agli italiani, ma anche contribuire al raggiungimento della pace. La nostra è una missione, a volte anche pericolosa, ma abbiamo il dovere di dare l’esempio”
L'ambasciatore Attanasio, la passione per l'Africa e gli ultimi. Aveva recentemente ricevuto il Premio Nassiriya per la Pace. #Congo#ANSAhttps://t.co/odaxkBh9V5
Sposato, era padre di tre figlie. Sua moglie, Zakia Seddiki, originaria di Casablanca, era fondatrice e presidente dell’organizzazione non governativa “Mama Sofia”, che operava nelle regioni più difficili del Congo. Come nel caso della provincia del Nord-Kivu, nella quale ha perso la vita Attanasio, teatro ormai da decenni di violenze tra gruppi armati. Lo stesso parco nazionale di Virunga, gioiello naturale patrimonio mondiale dell’Unesco, è sorvegliato da 689 rangers armati. Ma almeno 200 sono stati uccisi nell’esercizio delle loro funzioni negli ultimi anni.
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