Il catrame proveniente dalle fuoriuscite di petrolio in mare finisce per attaccarsi alle microplastiche, formando agglomerati potenzialmente dannosi per l’ecosistema.
A caccia di fantasmi nel mar Mediterraneo
Il Mediterraneo è uno dei mari più inquinati e la colpa è anche degli “attrezzi fantasma”.
- Gli attrezzi fantasma, cioè le reti e le nasse disperse dai pescatori, peggiorano l’inquinamento da plastica che affligge il mar Mediterraneo e non solo.
- Il Wwf ha lanciato la campagna #StopGhostGear per far fronte a questo fenomeno, e il progetto Ecoefishent per valorizzare gli scarti della filiera ittica.
- Nell’area marina protetta di Portofino, in particolare, si è svolta la Blue panda week per pulire i fondali e capire come incrementare la tutela della biodiversità.
I cosiddetti “attrezzi fantasma” sono quelli che vengono persi o abbandonati durante le attività di pesca. Si tratta di reti da posta, trappole, nasse, dispositivi di aggregazione dei pesci e altri tipi di attrezzature che finiscono per inquinare i fondali marini e le spiagge. Una quantità compresa fra 500mila e un milione di tonnellate di attrezzi fantasma finisce negli oceani ogni anno, in base a una stima della Fao: costituiscono circa il 10 per cento dei rifiuti marini.
L’impatto degli attrezzi fantasma
Le attrezzature disperse in mare alterano l’ecosistema e continuano a catturare per anni un’ampia diversità di animali, fra cui pesci, tartarughe, mammiferi, uccelli marini e invertebrati come le gorgonie. Dal momento che questi rifiuti sono costituiti principalmente da plastica, impiegano fino a 600 anni per degradarsi e rilasciano nell’ambiente delle microparticelle sintetiche.
Il Mediterraneo è uno dei mari più inquinati: attualmente, contiene oltre un milione di tonnellate di plastica e il 7 per cento delle microplastiche a livello globale.
La pulizia dei fondali a cura dei sub
Il Wwf sta lavorando all’interno di alcune aree marine protette in Italia, Croazia, Francia, Grecia, Spagna, Tunisia e Turchia per arrivare alla risoluzione di questi problemi. Nell’area marina protetta di Portofino, in particolare, si è tenuta dall’8 al 12 luglio la Blue panda week, una settimana di attività dedicate tanto alla pulizia del mare, quanto alla sensibilizzazione sull’importanza di tutelarlo.
I volontari dell’associazione Reef alert network e i membri della community Wwf sub si sono immersi con l’obiettivo di recuperare gli attrezzi fantasma presenti sul fondale, rimuovendo con estrema delicatezza metri di lenze rimaste impigliate nelle gorgonie. “Si tratta di un’operazione che richiede parecchio tempo. Per pulire una singola gorgonia servono almeno cinque minuti perché la lenza, purtroppo, avvolge ogni ramo. Bisogna stare attenti a non danneggiarli”, racconta Bruno Borelli, presidente di Reef alert network.
La raccolta delle microplastiche da parte dei pescatori
L’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ligure (Arpal) e i pescatori di Santa Margherita Ligure, invece, hanno effettuato un’operazione di fishing for litter, cioè di recupero di microplastiche in mare. La pulizia, che dal 2015 viene condotta due volte l’anno, avviene con una rete detta “manta” che ha maglie talmente fini da trattenere fibre della grandezza di appena 330 µm.
Le particelle vengono depositate all’interno di barattoli di vetro: a occhio nudo è possibile osservare polistirolo e resti di sacchetti di plastica, mentre al microscopio sono chiaramente visibili anche i pellet. Il tutto viene analizzato in laboratorio allo scopo di chiarire la qualità e la quantità dei residui prelevati.
Ecoefishent e l’importanza delle aree marine protette
La Blue panda week è stata organizzata nell’ambito del progetto Ecoefishent che si pone l’obiettivo di valorizzare gli scarti provenienti dalla filiera ittica, seguendo i principi dell’economia circolare. L’idea è quella di focalizzarsi sul riciclo delle attrezzature in poliammide e polietilene, per ottenere componenti per il settore automotive e packaging per il settore cosmetico. Al termine della settimana, i vari protagonisti hanno firmato una lettera di intenti allo scopo di prevenire la dispersione degli attrezzi fantasma nell’area marina protetta di Portofino, provvedere alla loro raccolta e, se possibile, riciclarli.
Ancor prima di creare nuove aree marine protette, appare fondamentale migliorare la gestione di quelle che già esistono. Anche perché non dobbiamo dimenticare che il Mediterraneo non è solo uno dei mari più inquinati, ma anche uno dei più caldi: dal 10 maggio a metà giugno, la temperatura delle acque superficiali ha superato di circa quattro gradi centigradi la media del periodo 1985-2005. “La colpa è, ovviamente, dei cambiamenti climatici”, spiega Giulia Prato, responsabile Mare del Wwf Italia. “Il Mediterraneo è un hotspot del riscaldamento globale, perché qui le temperature aumentano a una velocità che supera del 20 per cento la media mondiale”.
Secondo la nuova strategia europea per la biodiversità, è necessario tutelare il 30 per cento dei mari europei entro il 2030. “Per centrare l’obiettivo non dovremo lavorare solo sull’ampliamento della superficie protetta, specialmente in Italia, ma anche assicurarci che queste aree garantiscano una salvaguardia efficace”, conclude Prato. Senza mai dimenticare che serve l’impegno di tutti: ognuna delle attività economiche che interessano il nostro mare dev’essere condotta garantendo il rispetto dell’ecosistema, uno dei più preziosi di cui disponiamo.
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