L’arcipelago delle Tuvalu è uno stato insulare polinesiano, situato nella porzione occidentale del Pacifico. È costituito da nove atolli che si estendono per soli 26 chilometri quadrati, a due ore di volo dalle Isole Fiji, sui quali vivono poco più di 11mila persone. Altitudine media sul livello del mare: due metri. È quest’ultima caratteristiche che pone più a rischio il paese insulare, che non a caso è ripetutamente citato come esempio di nazione che rischia di scomparire a causa dei cambiamenti climatici.
Per colpa della risalita del livello dei mari Tuvalu rischia di scomparire
Il riscaldamento globale – figlio delle attività antropiche, ed in particolare dello sfruttamento delle fonti fossili – provocherà infatti lo scioglimento dei ghiacciai montani, così come la fusione delle calotte polari. Che, a sua volta, causerà un aumento del livello dei mari tale da rendere probabilmente inabitabili terre come quelle di Tuvalu.
È per questa ragione che l’Australiaha annunciato, venerdì 10 novembre, di aver offerto asilo climatico agli abitanti dell’arcipelago. Ciò sulla base di un accordo tra le due nazioni che dovrebbe permettere agli abitanti del quarto più piccolo stato della Terra di rifugiarsi sul territorio australiano “per lavorare, studiare, vivere”.
L’accordo tra Australia e Tuvalu deve essere ancora ratificato
Il testo deve essere ancora ratificato dalle due parti per poter entrare in vigore, ma non dovrebbero esserci rischi da questo punto di vista. Tanto che il primo ministro di Tuvalu, Kausea Natano, lo ha già definito “un barlume di speranza” per il suo popolo. Il trattato precisa che i rifugiati, una volta in Australia, avranno diritto ad accedere al sistema sanitario, a quello educativo, nonché agli aiuti finanziari previsti per cittadini e famiglie. Tuttavia, per evitare una “fuga” in massa repentina, inizialmente saranno accolte solamente 280 persone all’anno.
Citizens of climate-threatened Tuvalu will have the right to live in Australia under a landmark pact – an offer of refuge as their Pacific homeland is lost beneath the seas.
Scientists fear the entire archipelago will be uninhabitable within 80 years.https://t.co/7lrJPz5SZ3
Si tratta di un esempio di ciò che accadrà in futuro, con l’aumento esponenziale dei migranti climatici in tutto il mondo. Individui che, secondo la definizione dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) sono costrette ad abbandonare, temporaneamente o definitivamente, le loro terre “in ragione di cambiamenti ambientali improvvisi o progressivi che influiscono negativamente sulle loro vite o condizioni di vita”.
La necessità di adattare alla crisi climatica le normative nazionali
La concessione di un “asilo climatico” da parte dell’Australia agli abitanti di Tuvalu rappresenta in questo senso una prima assoluta. Alcune domande analoghe che erano state presentate in Nuova Zelanda, ad esempio, erano state rifiutata perché l’emergenza climatica non è prevista nel diritto interno ai fini della concessione dello status di rifugiato. Anche da questo punto di vista occorrerà che i governi e i parlamenti operino per adeguare le normative nazionali agli impatti della crisi provocata dal riscaldamento globale.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo alla Cop29 a Baku, ha ribadito il proprio approccio in materia di lotta ai cambiamenti climatici.