L’Australia annuncia la chiusura di una centrale a carbone responsabile del 3% delle emissioni nazionali.
Si tratta della Loy Yang A, nello stato di Victoria, e la sua chiusura è prevista entro il 2035.
Nel giro di un anno è la seconda chiusura annunciata grazie alla concorrenza delle rinnovabili.
L’Australia, uno dei maggiori produttori di emissioni pro-capite di CO2 al mondo a causa del carbone, è stata a lungo considerata in ritardo nella politica climatica. Ma ora le centrali a carbone sembrano destinate a chiudere, se non fallire, anche qui. La centrale a carbone Loy Yang A, nello stato australiano di Victoria, chiuderà entro il 2035. Ad affermarlo è stata la società proprietaria della centrale, Agl Energy, che da una parte è il più grande produttore di elettricità dell’Australia, ma allo stesso tempo il più grande inquinatore: la Loy Yang A ha emesso 16,6 milioni di tonnellate di gas serra nel biennio 2019-2020. Nello stesso periodo, l’intera Australia ne ha emesse 513,4 milioni. Questo significa che si andrà a chiudere una centrale che da sola è responsabile del 3 per cento dell’intera isola.
Ora l’Australia punta a ridurre del 43% le emissioni entro il 2030
Inizialmente la sua chiusura era prevista per il 2048, poi lo scorso febbraio è stato deciso di anticiparne la chiusura di tre anni. In seguito a un cambio di vertice in Agl, ora la data annunciata è il 2035. All’inizio di quest’anno, infatti, il miliardario australiano Mike Cannon-Brookes è diventato il maggiore azionista della società e fin da subito ha costretto la Agl a diventare più green.
Dalla sua elezione a maggio, il primo ministro dell’Australia Anthony Albanese si è impegnato a ridurre del 43 per cento le emissioni di gas serra del 2005 entro il 2030, rispetto all’impegno del suo predecessore, Scott Morrison, fermo al 26-28 per cento.
Australia's most-polluting coal plant to shut decade earlier than planned https://t.co/VlPQ7qX5FW
Ma diversi scienziati hanno comunque criticato il governo perché continua a sostenere le industrie dei combustibili fossili. Climate Council, una tra le principali ong che si occupano di cambiamenti climatici in Australia, afferma che la decisione di Agl è la prova che il carbone non sia più commercialmente redditizio per il paese.
Per questo motivo, decisioni come quella di uscire dal carbone nel 2035, invece di uscirne subito, non è accettabile. Mancano più di 10 anni al 2035 e gli effetti del phase-out saranno percepibili ancora più tardi, mentre l’urgenza climatica è ora.
Solo le rinnovabili possono far chiudere altre centrali a carbone
La notizia positiva, però, è che il caso Loy Yang A non è l’unico: a febbraio la più grande centrale a carbone dell’Australia – la Eraring a nord di Sydney – ha annunciato che chiuderà sette anni prima del previsto, cioè nel 2025, e sarà rimpiazzato da un impianto di stoccaggio di energia rinnovabile.
Il suo operatore, Origin Energy, ha ammesso di non essere più in grado di competere con l’afflusso di elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Grazie al potenziamento di queste ultime, le centrali a carbone saranno abbandonate, diventando sempre più insostenibili dal punto di vista economico e costringendo gli operatori del settore ad anticipare la loro data di chiusura.
Una delle più imponenti manifestazioni contro l’inazione climatica del governo australiano si conclude con l’arresto di oltre cento attivisti per il clima.
con il contributo di Davide Ascoli e Valentina Bacciu Antropocene. Un’epoca geologica in cui l’essere umano è il principale responsabile delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche che avvengono sul nostro pianeta. Un’epoca che potrebbe essere incominciata già nel 1945: a partire da questa data i test nucleari e la “grande accelerazione” di tutte le attività
“Sarebbe al posto sbagliato nel momento sbagliato”: così un giudice australiano ha messo la parola “fine” al progetto per una nuova miniera di carbone.
Mancano 3.700 GW per centrare l’obiettivo di triplicare le rinnovabili, secondo Ember. Ma ora c’è chi teme un rallentamento della crescita solare dopo anni.
Per salvarsi il posto come primo ministro australiano, Malcolm Turnbull rinuncia al piano per la riduzione delle emissioni mentre gli aborigeni combattono contro una delle miniere di carbone più grandi al mondo.
Il crollo dei prezzi del carbone è realtà. La miniera di carbone Isaac Plains in Australia, valutata 860 dollari australiani (circa 631 milioni dollari americani) tre anni fa, è stata venduta a un dollaro. Secondo quanto ha riportato Bloomberg, il gruppo minerario brasiliano Vale SA e la giapponese Sumitomo Corp. hanno venduto per un dollaro
I manifestanti provenienti da 12 nazioni insulari del Pacifico, a bordo di imbarcazioni tradizionali, hanno cercato di bloccare il porto di Newcastle per evidenziare la loro preoccupazione per il cambiamento climatico.
L’Unesco, per ora, può tirare un sospiro di sollievo. Il ministro dell’Ambiente australiano, Greg Hunt, ha fatto marcia indietro sulla realizzazione del più grande scalo al mondo per l’esportazione del carbone, Abbot Point, a poca distanza dalla Grande barriera corallina . Dopo che Hunt aveva dato il via libera alla multinazionale indiana Adani per
Con il via libera del ministro dell’Ambiente australiano Greg Hunt, l’impresa mineraria indiana Adani e il costruttore siderurgico Carmichael possono iniziare a sventrare il bacino di Galilee nel Queensland, in Australia. Che diverrà la più grande miniera di carbone – di sicuro dell’Australia, ma forse anche del mondo. Il carbone passerà su cargo mercantili