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In Australia è disputa sulle riserve marine istituite dal precedente governo di Canberra. Secondo l’attuale amministrazione conservatrice, infatti, bisogna rivedere i permessi per i pescatori amatoriali per garantire un “giusto equilibrio” tra attività ricreative e tutela dell’ambiente marino. Per questo motivo, la Coalizione attuale ha avviato una revisione della vasta rete di riserve marine.
In Australia è disputa sulle riserve marine istituite dal precedente governo di Canberra. Secondo l’attuale amministrazione conservatrice, infatti, bisogna rivedere i permessi per i pescatori amatoriali per garantire un “giusto equilibrio” tra attività ricreative e tutela dell’ambiente marino.
Per questo motivo, la Coalizione attuale ha avviato una revisione della vasta rete di riserve marine. I Laburisti, nel 2012, avevano infatti disposto la protezione di 2,3 milioni di chilometri quadrati di oceano al largo delle coste australiane, costituendo così la più grande rete di aree protette del mondo.
In alcune delle cinque zone principali che formano l’area marina protetta vige divieto di pesca ed è questo quello che i Conservatori vogliono rivedere, coinvolgendo sia un gruppo di scienziati, sia i comitati bioregionali. Ma mentre il comitato scientifico è formato da vari esperti e sarà presieduto da Bob Beeton, professore associato di gestione ambientale presso l’Università del Queensland, i comitati bioregionali sono in gran parte costituiti da rappresentanti del settore della pesca. Tutti i gruppi consultati dovranno riferire al governo entro la metà del 2015.
A proposito della consultazione, il ministro dell’ambiente Greg Hunt sostiene che sia necessaria anche per incrementare il turismo e la pesca sostenibili e favorire le attività economiche costiere.
L’annuncio non trova però terreno fertile tra le associazioni ambientaliste, che sono più propense a mantenere le aree marine protette così come sono state disposte dai Laburisti.
Michelle Grady, attivista della Pew Charitable Trusts, in un’intervista al Guardian sostiene che “mettere in discussione un programma di tutela necessario per preservare la vita marina costerà un sacco di soldi”. E continua: “La stragrande maggioranza dell’ambiente marino australiano consente la pesca ricreativa. La maggior parte delle aree protette iniziano a centinaia di chilometri al largo dalla costa”.
La riserva è stata creata sia per tutelare la biodiversità marina e proteggere le specie più “delicate” (coralli compresi) o addirittura a rischio estinzione (come tartarughe, leoni marini, balene e delfini), sia per proteggere e mantenere il più possibile inalterati gli stock ittici.
Tra qualche mese vedremo se a vincere saranno le ragioni economiche o quelle ambientali.
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