Dopo che le fiamme hanno devastato il suo habitat, si temeva la specie fosse estinta. I ricercatori hanno però documentato la presenza di diversi esemplari che potrebbero aiutare a scongiurarne la scomparsa.
Australia, il governo non valuta più le principali minacce per le specie a rischio
Il sistema di valutazione delle minacce alla fauna dell’Australia, secondo i conservazionisti, è inadeguato a prevenire l’estinzione delle specie in pericolo.
I recenti devastanti incendi che hanno colpito l’Australia meridionale hanno distrutto oltre il 20 per cento della copertura forestale nazionale, uccidendo un numero incalcolabile di animali e lasciando i superstiti senza casa e senza fonti alimentari. “Non credo che abbiamo mai assistito ad un singolo evento in Australia che ha distrutto così tanto habitat e ha spinto così tante creature sull’orlo dell’estinzione”, ha affermato Kingsley Dixon, ecologo della Curtin university di Perth. Lo stato di conservazione di molte specie australiane rende particolarmente drammatica la situazione, un recente studio ha infatti rivelato che negli ultimi venti anni le popolazioni di molti mammiferi minacciati sono diminuite di oltre un terzo.
Il governo federale australiano, come se non bastasse, avrebbe smesso di valutare le principali minacce che mettono a rischio la sopravvivenza della fauna.
Tutela facoltativa
Il governo, secondo quanto riportato da un’inchiesta del Guardian che ha analizzato dei documenti rilasciati dal dipartimento dell’Ambiente, ha in particolare cessato di considerare e affrontare quelli vengono definiti “processi chiave di minaccia”, ovvero i principali pericoli per la conservazione della fauna selvatica nativa. Questa decisione, secondo i conservazionisti, solleverebbe il governo dall’obbligo di tutelare la fauna, rendendo la conservazione facoltativa.
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Le lacune della legge sulla tutela della fauna
L’Environment protection and biodiversity act (Epba), adottato nel 1999 per tutelare a livello nazionale la biodiversità e gli ecosistemi australiani, è attualmente in fase di revisione, ma i piani che contiene per affrontare le minacce elencate sono spesso obsoleti o non sono stati adottati affatto, rendendolo inefficace per prevenire le estinzioni. E, soprattutto, stando ad un documento del 2019, il dipartimento dell’Ambiente ha smesso di raccomandare al comitato scientifico dell’Epba di valutare le nuove minacce da inserire nell’elenco.
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Un’opaca gestione delle specie minacciate
Tra le motivazioni di questa scelta ci sarebbe la scarsa disponibilità di fondi di cui dispone il dipartimento. Il Guardian Australia ha però scoperto numerose inadempienze, tra cui i ritardi nel tutelare specie o habitat meritevoli di protezione, l’impiego dei fondi per finanziare progetti che non avvantaggiano le specie minacciate e la mancata attuazione delle azioni di recupero stabilite.
La conservazione non è un lusso
“La mancanza di risorse è una scusa inaccettabile, in particolare dato il budget relativamente scarso necessario per intraprendere queste valutazioni – ha affermato Evan Quartermain, responsabile dei programmi di conservazione della Humane society international -. Identificare e affrontare le minacce alla natura è una pietra miliare del processo decisionale di pianificazione e conservazione e non dovrebbe essere considerato come un lusso”.
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Nuove minacce non elencate
Dal documento del 2019 è emerso che sono stati identificati quattro nuovi processi chiave di minaccia e che due in particolare, le gravi alterazioni del flusso dei sistemi fluviali e la rogna sarcoptica, una malattia che colpisce i vombati, avrebbero avuto i requisiti necessari per essere valutati e inseriti nell’elenco delle minacce principali da affrontare. Stando a ulteriori dati diffusi dal governo, prosegue il Guardian, negli ultimi dieci anni sono state elencate solo tre nuove minacce, la più recente delle quali nel 2014.
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Le nuove minacce individuate dal comitato scientifico dell’Epba devono essere approvate dal ministero, un procedimento che può richiedere anni e, talvolta, può comunque non essere sufficiente. Nel 2016 infatti, l’allora ministro dell’ambiente, Josh Frydenberg, decise di rimuovere dall’elenco dei processi chiave di minaccia le modifiche al flusso dei sistemi fluviali, nonostante l’approvazione del dipartimento.
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L’inspiegabile ritardo nel riconoscere il pericolo incendi
L’unica grande minaccia per la biodiversità attualmente in fase di valutazione è quella rappresentata dagli incendi aggravati nella frequenza e nell’intensità dall’influenza umana, inserita nell’elenco nel 2008, ma rimasta incompleta per 12 anni. “Ancora non hanno elencato gli incendi come una minaccia, e tanto meno fatto qualcosa al riguardo. È davvero scioccante”, ha affermato Andrew Cox, amministratore delegato della ong per la tutela delle specie native, Invasive species council.
Perché la legge non riesce a tutelare la fauna
Il sistema di valutazione delle minacce alla fauna è fragile e inadeguato, secondo i conservazionisti, poiché rende l’attuazione dei piani di conservazione facoltativi. Solo i piani di riduzione delle minacce sono legalmente vincolanti. Dei 21 processi chiave di minaccia riconosciuti, sei, tra cui i cambiamenti climatici, non dispongono di piani di riduzione delle minacce, mentre altri, come il piano per la predazione da parte delle volpi, non vengono aggiornati da oltre un decennio. Non esiste inoltre alcun sistema in grado di rilevare se i piani vengono attuati.
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