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Australia, cosa succede nel campo degli orrori per migranti di Nauru
Nel piccolo stato insulare che ospita un centro di detenzione per immigrati clandestini sono stati documentati casi di abusi e crudeltà.
Molestie sessuali, violenze su minori, assenza di cure mediche, condizioni di vita disumane, queste alcune delle gravissime violazioni avvenute nel centro di detenzione per richiedenti asilo e migranti dell’isola australiana di Nauru. È quanto riportato dal quotidiano britannico The Guardian che ha pubblicato un’inchiesta approfondita che documenta oltre duemila casi di violenze.
Una prigione in mezzo al Pacifico
L’isola di Nauru, nel nord dell’Australia, potrebbe essere un paradiso, coperta da una lussureggiante vegetazione e circondata dall’oceano Pacifico, per i detenuti che vi sono segregati rappresenta invece l’inferno. Il governo australiano vi conduce gli immigrati clandestini provenienti da ogni parte dell’Asia, attualmente sarebbero detenute nel centro almeno cinquecento persone, provenienti in prevalenza da Afghanistan, Iran, Iraq, Pakistan e Sri Lanka.
Il rapporto dell’Australia con i rifugiati
L’Australia non è particolarmente indulgente con rifugiati e richiedenti asilo, l’iter prevede di rispedire le imbarcazioni in mare aperto oppure di trasferirli nelle strutture di Nauru o sull’isola di Manus, in Papua Nuova Guinea, “senza adeguata valutazione delle richieste di asilo”, denuncia Amnesty International.
Le violenze a Nauru
L’inchiesta del Guardian prende in considerazione il lasso di tempo che va dal maggio del 2013 all’ottobre del 2015 e si basa su un fascicolo contenente migliaia di documenti riservati nei quali vengono certificati gli abusi perpetrati nell’isola-prigione. Dai documenti, compilati da guardie, assistenti sociali ed insegnanti, obbligati a riportare ogni incidente che si verifica sull’isola, emerge che il 51,3 per cento dei casi di violenze denunciati riguarda minori, che rappresentano solo il 18 per cento delle persone presenti nel centro di detenzione. Stupri e violenze sessuali da parte degli operatori del centro, sia ai danni di donne che di minori, sarebbero molto frequenti (si parla di almeno trenta denunce) e le denunce sarebbero sistematicamente ignorate dagli assistenti culturali che lavorano nel centro. Oltre alle violenze fisiche i detenuti di Narau sono costretti a vivere in condizioni disumane, in alloggi fatiscenti in balia delle intemperie e di ratti e scarafaggi e senza accesso alle cure mediche.
Meglio la morte
Per sfuggire a questi orrori molte persone preferiscono togliersi la vita, sono infatti numerosi, secondo il rapporto, i casi di suicidio e di autolesionismo. Un rapporto datato settembre 2014 testimonia un episodio che simboleggia il clima che si respira nel minuscolo stato insulare: una bambina si sarebbe cucita le labbra, suscitando l’ilarità di una delle guardie.
L’Australia prova a difendersi
Il governo australiano ha respinto l’accusa di violare i diritti umani, lanciata dall’Onu e da Amnesty International, sostenendo che tali accuse “non sono confermate”. “Il governo australiano continua a sostenere il governo di Nauru nel provvedere alla salute, alla sicurezza e al benessere di tutti i rifugiati trasferiti”, ha dichiarato un portavoce di Canberra. Nonostante le dichiarazioni di facciata i soprusi e l’impunità che caratterizzano il centro di detenzione di Nauru sono ormai evidenti e i gruppi di difesa dei diritti umani chiedono che venga fatta giustizia.
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