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La terra dei diritti umani violati
La nuova patria dei diritti umani, oggi un paese sotto accusa dall’Unhrc e da Amnesty per il trattamento disumano che riserva ai profughi del Medioriente
Singolari meraviglie paesaggistiche cariche di suggestioni e
incantesimi; una natura immensa, incantata, selvaggia, estrosa,
stupefacente; metropoli avveniristiche, dinamiche e vivaci; un
paese ricco di risorse e di futuro; una società
multiculturale, felice e appagata.
Ma forse non vale per tutti e i diritti umani?
Si pronuncia Down Under ( letteralmente “laggiù in
basso”) ma si scrive Australia, è ultima terra promessa –
ogni anno circa un milione di persone nel mondo avviano le pratiche
per l’immigrazione nella speranza di andarci a vivere – luogo
magico di innovazione e contraddizione, trasgressione e
stravaganza, modernità e tradizione. Si pensa ad essa come a
un luogo felice, una sorta di paradiso terrestre del terzo
millennio. E in parte lo è. Tuttavia, è assai
stridente il parallelo tra l’Australia celebrata dai depliants
turistici, dalle riviste patinate e dai rotocalchi alla moda, e il
suo rovescio, quello che non tutti conoscono e che, soprattutto
molti australiani, non vogliono o fingono di non conoscere,
raccontato invece John Pilger nel suo libro fresco di stampa “Un
paese segreto” (Fandango Libri).
Nato a Sydney (ma vive a Londra), giornalista militante,
opinionista e documentarista, vincitore di un’infinità di
riconoscimenti, corrispondente di guerra Pilger ha scritto alcuni
libri di successo rivelando i retroscena di molti conflitti
sanguinosi e spiegando con analisi lucide e spietate la visione del
nuovo ordine mondiale. In “Un paese segreto”, pubblicato in lingua
inglese nel 1992 e aggiornato e ampliato per l’edizione italiana,
egli ha voluto dedicare le sue indagini al suo paese natale per
evidenziare le macroscopiche contraddizioni che “lo confondono ogni
volta che torna in patria”. Si interroga dunque sull’apparente
facciata di solidità dietro la quale si celano invece
paradossi, debolezze e paure di un popolo, quello australiano, in
perenne crisi d’identità.
In Australia la diversità e l’uguaglianza tra cittadini
è un dovere assoluto e viene rispettato, ma Pilger snocciola
una lunga e documentatissima sequela di avvenimenti che non
lasciano dubbi sul significato ambiguo che la politica e certe
classi sociali attribuiscono alla società multietnica ed
egualitaria di cui va fiera la democratica Australia, sul razzismo
diffuso e i sempre più frequenti casi di xenofobia, sulla
celebre qualità della vita australiana che però
nasconde povertà, alcolismo e droga, disoccupazione e uno
dei più alti tassi di suicidi al mondo, soprattutto tra i
giovani aborigeni.
Quella che avrebbe dovuto essere la nuova patria dei diritti
umani…
Quella che avrebbe dovuto essere la nuova patria dei diritti
umani, scrive Pilger, è oggi un paese sotto accusa
dall’Unhrc e da Amnesty per il trattamento disumano che il governo
australiano riserva ai profughi del Medioriente nei suoi centri di
detenzione ubicati in remote località dell’entroterra o su
alcune isole del Pacifico. Ancora una volta la storia si ripete,
lasciando intendere come già agli inizi del Novecento
migliaia di emigranti, tra cui molti italiani, patirono le stesse
sofferenze, con l’esclusione culturale, l’indifferenza e il
razzismo, ma anche con l’internamento in campi di
concentramento.
Alternando alla narrazione capitoli di rievocazione storica per
recuperare il pieno significato degli avvenimenti e il contesto in
cui si sono svolti, Pilger racconta con dovizia di particolari
l’Australia di Murdoch e il suo impero mediatico, l’ingerenza
golpista di inglesi e americani negli affari interni del paese, lo
sfruttamento indiscriminato delle risorse, gli esperimenti
nucleari.
Un lungo capitolo a parte è dedicato alla verità
storica del popolo aborigeno, ai suoi modi di vita sopravvissuti
negli ultimi duecento anni di brutale colonizzazione, grazie alla
sfacciata politica di assimilazione del governo australiano che ha
condizionato tutti a credere che l’educazione e lo stile di vita
bianco fosse quanto di meglio per le future generazioni aborigene.
Un politica responsabile di un genocidio mai confessato e sempre
negato, del crollo del complesso sistema tribale, di una
identità governata da regole e da leggi intricate e
fortemente radicate nella comunità aborigena da non aver
bisogno di una forma scritta. L’altra faccia segreta del paradiso
può essere l’inferno se, come scrive Pilger, non ci fosse
anche la segreta resistenza di milioni di donne e uomini che si
battono contro le ingiustizie e per costruire un mondo nuovo per
davvero.
Maurizio Torretti
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