Ipocrisie dell’anima
La Rochefoucauld può essere definito come un vero e proprio precursore dei grandi “maestri del sospetto”.
Fabio Gabrielli
Editorialista
La Rochefoucauld può essere definito come un vero e proprio precursore dei grandi “maestri del sospetto”.
Il mito e la fiaba, con la loro potente carica simbolica, suggeriscono da sempre autentiche risposte di senso, soprattutto a proposito del narcisismo umano.
Il lavoro diventa atto di promozione umana e interumana nella misura in cui ubbidisce a due condizioni. Quali?
Il filosofo Michel Serres invita l’uomo d’oggi a contenere entro giusti limiti l’espansione della propria potenza, in modo da preservare, senza usurarla, la natura.
Marco Aurelio ed Epitteto c’insegnano che “la vita buona” non consiste nel vuoto parlare, bensì nell’agire.
L’ascesi obbedisce al principio della reciprocità: piego con l’autodominio la mia anima, affinché sia disponibile all’incontro con l’altro.
Da Platone a Hillman vi sono filosofi e psicologi che sostengono che siamo chiamati a decifrare il codice della nostra anima, affinché possiamo cogliere con nitore il senso compiuto della nostra presenza nel mondo.
Azione, contemplazione e purificazione; questo autentico agire, finalizzato a rendere migliori noi stessi e gli altri, nasce sempre da un vedere con gli “occhi dell’anima”.
“Fai dunque come me, e guarda con la letizia del saggio l’attimo negli occhi. Non indugiare. Vagli incontro rapido, benevolo, ricco di vita”.
Chi presume di non sbagliar mai, o si comporta praticamente come se nutrisse tale presunzione, non conosce la storia dell’uomo, o, conoscendola, non ha saputo trarne insegnamento.