Elogio dell’errore
Chi presume di non sbagliar mai, o si comporta praticamente come se nutrisse tale presunzione, non conosce la storia dell’uomo, o, conoscendola, non ha saputo trarne insegnamento.
Fabio Gabrielli
Editorialista
Chi presume di non sbagliar mai, o si comporta praticamente come se nutrisse tale presunzione, non conosce la storia dell’uomo, o, conoscendola, non ha saputo trarne insegnamento.
Epitteto, il grande filosofo-schiavo dell’antichità, sosteneva che l’uomo cela nel proprio animo un frammento divino che ci rende fratelli nella identica tangenza con gli Dei.
L’ira e l’odio, come forme perverse che abitano le regioni buie dell’anima, si alimentano di una differenza di fondo che l’uomo molto spesso non conosce e tende a confondere tra loro i sentimenti.
La giustizia, nella testimonianza di Musonio Rufo, non è altro che il raggiungimento del bene tramite la fatica.
L’inquietudine come desiderio irrisolto di una mancanza di fondo, come insopprimibile esigenza umana di ciò che è straordinario e maestoso: l’Infinito.
Per recuperare un autentico rapporto con l’altro, occorre interrompere la perversa dialettica della menzogna e del malinteso e ritrovare la genuinità della franchezza.
L’uomo è per sua natura “animale inquieto”, tuttavia occorre distinguere la falsa inquietudine, che proviene dall’esterno, dall’inquietudine autentica che nasce, invece, nell’anima e di essa si alimenta.
“Giusto che anche le donne governino la città”, scriveva Platone nella sua opera più celebre, la “Repubblica”.
La coscienza dell’unità nella filosofia classica come invito a ritrovare lo spirito originale della ricerca del tutto.
Il mare è la metafora del cuore come la terra lo è dell’anima. Queste sono le parole di Umberto Galimberti: cuore e anima sono due opposti