L’agenzia ambientale brasiliana, Ibama, ha concesso la licenza preliminare per il rifacimento dell’autostrada BR-319.
L’autostrada collega Porto Velho a Manaus, tagliando a metà la foresta amazzonica.
Le organizzazioni ambientaliste temono conseguenze devastanti per il polmone verde del pianeta.
Il presidente Jair Bolsonaro, al contrario, si dice entusiasta.
C’è bisogno di ricostruire un’autostrada che passa nel bel mezzo della foresta amazzonica brasiliana? Secondo la principale agenzia ambientale governativa, la risposta è sì. Anche se ciò significa causare una ferita, probabilmente insanabile, al polmone verde del nostro pianeta. L’Ibama (Istituto brasiliano dell’ambiente e delle risorse naturali rinnovabili) ha infatti accordato la licenza preliminare per i lavori di rifacimento e pavimentazione di un tratto di 405 chilometri dell’autostrada BR-319 che va da Porto Velho (capitale dello stato di Rondônia) a Manaus (capitale di Amazonas).
La storia dell’autostrada BR319
L’autostrada BR-319 ha una lunga storia. È stata aperta dal governo militare nel 1973, ma ben presto la fittissima natura selvaggia della foresta amazzonica brasiliana si è ripresa i suoi spazi. Un programma di manutenzione avviato nel 2015 l’ha resa parzialmente praticabile, ma solo durante la stagione secca e non senza difficoltà. Ora l’Ibama ha approvato gli studi di fattibilità e di impatto ambientale per la sua ricostruzione. “Il passo successivo è la licenza di installazione che consentirà l’appalto dei lavori, secondo le specifiche contenute nei piani, programmi e progetti approvati da Ibama”, si legge nel comunicato ufficiale.
Se escavatori e bulldozer torneranno nel cuore della foresta primaria, il rischio più immediato è che il loro operato stravolga un ecosistema già messo a dura prova dagli incendi e dalla deforestazione illegale. Quando poi l’autostrada sarà funzionante, per le società minerarie e petrolifere sarà molto più facile raggiungere luoghi che fino a questo momento sono stati ritenuti molto remoti. I conflitti con i popoli indigeni, in tal caso, sarebbero dietro l’angolo.
Una vittoria per il presidente Jair Bolsonaro
“I brasiliani si erano già abituati alle auto e ai camion bloccati sulla BR319, che collega Porto Velho (Rondônia) a Manaus (Amazonas). Quell’epoca, fortunatamente, sta volgendo al termine. Ibama ha concesso preventivamente la licenza alla nostra iniziativa di asfaltare i restanti 405 km di autostrada, abbandonata 30 anni fa!”, esulta su Twitter il presidente in carica Jair Bolsonaro, prossimo alle elezioni che si terranno il 2 ottobre 2022.
– Os brasileiros já haviam se acostumado com carros e caminhões atolando na BR319, que liga Porto Velho-RO a Manaus-AM. Esse tempo, felizmente, está chegando ao fim. O IBAMA deu licença prévia à nossa iniciativa de asfaltar os 405 km restantes da rodovia, abandonados há 30 anos! pic.twitter.com/EmiNQUS5Mm
L’ex-militare accusa sottilmente le ong ambientaliste di essere mosse da interessi poco trasparenti. “Molti gruppi internazionali hanno incoraggiato questa negligenza nella regione. Interessa a molti che l’Amazzonia, con gli oltre 20 milioni di brasiliani che la abitano, sia una regione isolata dal resto del nostro Brasile. La regione è anche di interesse per la criminalità organizzata, che vede nei luoghi in cui lo Stato ha difficoltà a penetrare un’opportunità di furto e traffico di droga. La pavimentazione della BR319 non è solo una questione di infrastrutture, ma di sovranità nazionale e di lotta alla criminalità”.
La voce di chi difende la foresta amazzonica brasiliana
La sezione brasiliana di Greenpeace ritiene che questa sia soltanto l’ennesima dimostrazione di quanto l’amministrazione Bolsonaro sia riuscita a smantellare l’Ibama, togliendole ogni credibilità. Anche il suo presidente Eduardo Bim, nominato nel gennaio 2019, è stato infatti coinvolto in un’indagine per contrabbando internazionale di legname della foresta amazzonica brasiliana, alla pari dell’ex-ministro dell’Ambiente Ricardo Salles. Quest’ultimo, però, si è dovuto dimettere: Bim invece se l’è cavata con una sospensione di 90 giorni dal proprio incarico.
Il fatto stesso che il via libera preliminare ai lavori sulla BR319 sia arrivato così a ridosso delle elezioni desta grande preoccupazione tra gli attivisti dell’Observatório BR-319. La decisione, sostengono, appare prettamente politica. E rappresenta “una delle più grandi battute d’arresto in termini di rispetto dei diritti dei popoli della foresta e della democrazia”, perché l’autorizzazione “è stata rilasciata senza una consultazione preliminare libera e informata delle popolazioni più vulnerabili all’impatto della ripavimentazione della BR-319, dei popoli indigeni e della comunità tradizionali che vivono lungo il fiume”.
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