Secondo un rapporto delle Nazioni Unite competizione e corsa alle performance colpiscono la salute mentale dei lavoratori, moltiplicano i casi di burn-out.
Le aziende con donne al vertice guadagnano di più
Sono sempre di più le donne al vertice delle grandi imprese. E gli azionisti dovrebbero esserne felici: mediamente, le imprese con una componente “rosa” funzionano meglio delle altre. È quanto emerge dallo studio CS Gender 3000, pubblicato dall’Istituto di Ricerca di Credit Suisse. Tremila aziende sotto esame I ricercatori partono da un database di oltre tremila
Sono sempre di più le donne al vertice delle grandi imprese. E gli azionisti dovrebbero esserne felici: mediamente, le imprese con una componente “rosa” funzionano meglio delle altre. È quanto emerge dallo studio CS Gender 3000, pubblicato dall’Istituto di Ricerca di Credit Suisse.
Tremila aziende sotto esame
I ricercatori partono da un database di oltre tremila società con sede in quaranta Paesi diversi. Per ciascuna di esse, prendono nota di quante siano le donne al vertice nei ruoli di amministratore delegato, direttore finanziario, direttore operativo e dei servizi condivisi. Il quadro che ne emerge è netto: quando c’è diversità di genere all’interno dei ruoli dirigenziali, le performance finanziarie sono migliori e le quotazioni sui mercati azionari sono più alte.
I ricercatori, però, ci tengono a gettare acqua sul fuoco: non bastano questi dati per essere certi di aver trovato un rapporto di causalità. “Le società migliori assumono più donne, le donne scelgono di lavorare per le aziende di maggior successo oppure sono proprio le donne a contribuire al miglioramento delle performance aziendali? – si legge nel report –. La risposta più probabile è una combinazione di queste tre opzioni”.
Quando ci sono donne al vertice, le performance migliorano
La percentuale di donne all’interno dei consigli di amministrazione cresce, passando dal 9,6 per cento del 2010 al 12,7 per cento della fine del 2013. Le differenze tra un Paese e l’altro sono comunque consistenti. I Cda più “rosa” sono quelli norvegesi, seguiti da quelli di Francia, Finlandia e Svezia, dove le donne sono quasi il 30 per cento. Fanalini di coda Giappone e Pakistan, che non raggiungono nemmeno il 2 per cento.
È stata trovata una correlazione positiva tra la presenza di donne al vertice e capitalizzazione di mercato: nelle aziende più piccole, tendenzialmente, c’è meno diversità di genere. Ma ancora più interessanti sono i dati finanziari. Nel 2013 il return on equity delle aziende che hanno almeno una donna in consiglio di amministrazione si è attestato su una media del 12,2 per cento, a fronte del 10,1 per cento di quelle in cui manca la rappresentanza femminile. Si tratta di uno dei più diffusi indici che calcolano i risultati economici di un’azienda e si ottiene rapportando il reddito netto al capitale netto. Le cifre sono eloquenti anche esaminando le performance azionarie delle aziende globali più grandi (vale a dire quelle con un capitalizzazione di mercato superiore ai 10 miliardi di dollari): quelle che hanno almeno una donna in Cda mediamente “staccano” le altre di 26 punti percentuali.
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