Il rapporto 2023 sullo Stato dell’azione climatica del World resources institute è senza appello: siamo ancora lontanissimi dal trend che serve alla Terra.
La traiettoria è sbagliata. Gli impegni sono insufficienti. I governi appaiono sordi rispetto agli appelli accorati della comunità scientifica e della società civile. Si possono riassumere con queste tre constatazioni le conclusioni del nuovo rapporto sullo “Stato dell’azione climatica” (“State of climate action”), pubblicato dal World resources institute (Wri, assieme ad altri soggetti) a due settimane dall’avvio dell’ennesimo appuntamento cruciale per le sorti del clima: la ventottesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (Cop 28) che si terrà a Dubai a cavallo tra novembre e dicembre.
Lo studio ha spiegato che, tra tutti i settori, uno solo sta mantenendo la traiettoria sperata, in linea con l’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali: quello delle auto elettriche. Le cui vendite hanno seguito, appunto, gli andamenti immaginati.
“Despite decades of dire warnings and wake-up calls, our leaders have largely failed to mobilize action at anywhere near the pace and scale needed to avert increasingly catastrophic and irreversible impacts.” -Sophie Boehm, a research associate at WRI https://t.co/REE7Lv5vTl
L’azione climatica deve accelerare drasticamente in tutti i settori
La situazione è dunque allarmante, e il Wri lo conferma. Lo stesso istituto fornisce però delle soluzioni (ancora) possibili, valutando la situazione di numerosi settori: dalla produzione di energia elettrica alle costruzioni, della gestione delle foreste all’agricoltura. Una roadmap che potrebbe consentire al mondo di mantenersi sulla giusta traiettoria, a patto di centrare degli obiettivi intermedi al 2030 e al 2050. E a patto di investire somme sufficienti.
I governi, le imprese e i cittadini di tutto il mondo devono infatti cambiare totalmente rotta. Basti pensare che, dei 42 indicatori presi in considerazione dal rapporto, ben 41 non sono in linea con l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi, rispetto ai livelli che sarà necessario raggiungere nel 2030. E per almeno metà degli indicatori stessi, siamo ancora talmente lontani dai trend necessari che occorrerà raddoppiare gli sforzi entro la fine del decennio.
Dai soldi alle fossili alla deforestazione: dati allarmanti nel rapporto Wri
In particolare, il rapporto sottolinea come sia necessario moltiplicare il lavoro per azzerare il supporto pubblico allo sfruttamento delle fonti fossili, per ridurre drasticamente la deforestazione, o ancora per implementare sistemi di disincentivo fiscale rispetto alle emissioni di CO2, come nel caso delle carbon tax.
Basti pensare che, ad esempio, nel 2021 i finanziamenti pubblici alle fossili sono quasi raddoppiati rispetto all’anno precedente, raggiungendo il livello più alto degli ultimi dieci anni. Mentre nel 2022 la deforestazione è aumentata a quasi 5,8 milioni di ettari, il che vuol dire aver perso un’area più grande della superficie della Croazia, in un solo anno.
Dobbiamo chiudere 240 centrali a carbone all’anno
Per quanto riguarda l’unica buona notizia contenuta nel rapporto, va segnalato che negli ultimi cinque anni la quota di autovetture elettriche vendute è aumentata fortemente, con un tasso annuo di crescita del 65%. Portando la quota sul totale del mercato dall’1,6% del 2018 al 10% del 2022. Altri indicatori, ancorché in modo insufficiente, sembrano inoltre muoversi nella giusta direzione: è il caso della trasparenza sui rischi climatici, o delle vendite di furgoni e camion elettrici.
The world lost 10.2 million acres of primary forest in 2022, a 10% increase from the year before, according to an annual survey by the World Resources Institute🌳 https://t.co/UGt8l8fKNy
Di qui le raccomandazioni del Wri: il mondo deve ad esempio aumentare drasticamente la crescita della produzione di energia da solare e eolico, passando dal +14 per cento degli ultimi anni ad almeno il 24 per cento. Abbandonare il carbone ad una velocità sette volte superiore rispetto a quella attuale, il che equivale a chiudere 240 centrali all’anno di qui al 2030. O ancora ridurre di quattro vuole l’attuale ritmo della deforestazione, calcolando che nel 2022 abbiamo perso circa quindici campi di calcio al minuto.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.