Lo Svalbard global seed vault, la “banca” in cui conserviamo tutte le sementi del mondo, ha aperto le porte del suo deposito sotterraneo per accogliere molti nuovi campioni, alcuni dei quali provenienti da paesi che mai si erano spinti fin qui per conservare le proprie sementi. Si tratta di un evento eccezionale, poiché la banca dei semi delle Svalbard, che sorge sull’isola norvegese di Spitsbergen, a metà strada tra l’Europa continentale e il polo Nord, rivela il suo inestimabile tesoro di biodiversità solo tre volte l’anno per proteggerlo dal contatto con gli agenti esterni.
Migliaia di nuovi semi depositati
A metà ottobre la banca ha ricevuto nuovi lotti di sementi provenienti da dodici banche genetiche di tutto il mondo. Un totale di 45.368 semi sono arrivati da Asia, Australia, Europa e America Latina, che in questa terza e ultima spedizione dell’anno hanno versato più del doppio dei semi depositati nelle due precedenti aperture della banca durante il 2022: “Per la prima volta quest’anno lo Svalbard global seed vault ha raggiunto quota 1,2 milioni di semi custoditi”, ha comunicato in una nota il ministero norvegese per l’Agricoltura e il cibo. Questo rende la banca dei semi delle Svalbard quella che di gran lunga ospita il maggior numero di varietà di semi. Basti pensare, infatti, che sono poco oltre 2 milioni le sementi custodite nelle banche di tutto il mondo.
Oltre ai versamenti di paesi come Messico e Australia, realtà che già contribuiscono alla ricchezza di biodiversità della banca e che hanno raggiunto le Svalbard con i due carichi più massicci, la terza apertura dell’anno ha visto l’ingresso per la prima volta di Iraq e Uruguay. Il primo ha contribuito con 418 varietà di specie coltivate – come riso e grano – oltre ad alcune che sorgono spontaneamente in natura. Dall’Uruguay sono invece arrivati 1.892 semi di grano e orzo.
Il caveau sotterraneo incastonato nei ghiacci
Ribattezzata “doomsday seed vault”, letteralmente “la banca del giorno del giudizio“, la banca dei semi delle Svalbard è stata creata nel 2008 con l’obiettivo di creare luogo sicuro in cui stoccare il maggior numero di sementi possibile provenienti da ogni parte del mondo. Si tratta di un “caveau” sotterraneo situato a circa 120 metri dalla superficie e ricavato alle pendici di una montagna. Entrandovi si deve percorrere un tunnel, dove i semi vengono generalmente caricati su dei carrelli che portano agli spazi di conservazione veri e propri. Alla fine del tunnel si aprono tre grandi sale isolate dall’esterno da uno spesso strato di permafrost. La localizzazione della struttura è stata pensata perché, a queste latitudini, il terreno è di norma perennemente ghiacciato, una conditio sin equa non per conservare i semi, come se fossero in una cella frigorifera naturale.
Una volta entrati nella struttura, i semi vengono sigillati in confezioni protette da spessi fogli di alluminio. Mantenere un ambiente separato dall’esterno e soprattutto regolato a una temperatura precisa sotto lo zero è fondamentale per conservare i semi senza renderli sterili, né rischiare che marciscano. Per questa ragione il permafrost e la roccia spessa della montagna isolano la banca e mantengono stabile la temperatura a -18 gradi centigradi. Questo avviene anche in caso di mancanza dell’energia elettrica che normalmente alimenta il sistema con cui la banca mantiene congelati i semi.
Trovandosi nell’arcipelago delle Svalbard, che dipende politicamente dalla Norvegia, il Global seed vault è gestito in maniera congiunta dal governo di Oslo, dalla Global crop diversity trust, un’organizzazione internazionale attiva per la conservazione e la disponibilità di diversità di colture per la sicurezza alimentare nel mondo, e dalla banca genetica dei Paesi nordici NordGen.
Un riferimento mondiale per la biodiversità in pericolo
Negli anni le spedizioni verso l’isola di Spitsbergen hanno riguardato un numero crescente di delegazioni, comprese le popolazioni indigene del Parque de la Papa – il parco delle patate – un parco dall’inestimabile valore naturale gestito dalle comunità autoctone della Valle sacra degli inca, in Perù.
La banca ha avuto un ruolo cruciale anche nell’evitare la dispersione del patrimonio genetico vegetale della Siria, che a causa della guerra civile non è stata in grado di garantire la conservazione di alcune specie come grano e orzo di competenza del Centro internazionale per la ricerca agricola nelle zone aride. Per questa ragione, nel 2015 venne fatto il primo prelievo nella storia del Global seed vault, per rigenerare i semi perduti in territori meno rischiosi come Libano e Marocco.
L’inflitrazione del 2017 che crepò la “corazza” di permafrost
Una cassaforte inattaccabile per assicurare un futuro alle specie vegetali terrestri, dunque. Sebbene la collocazione della banca e la sua progettazioni siano tali da resistere a cataclismi come guerre nucleari o disastri naturali, è capitato che la sicurezza della seed vault venisse meno a causa dell’aumento inesorabile delle temperature che, specie a latitudini così estreme, sta pregiudicando interi ecosistemi.
Il caso celebre è sicuramente quello legato all’inflitrazione di acqua piovana che, nell’ottobre del 2017, è entrata nella struttura. Allora una tempesta di pioggia fuori stagione si era convogliata in veri e propri torrenti poiché le alte temperature non ne permisero il congelamento. I rigagnoli d’acqua che avevano permeato la spessa corazza naturale che protegge la banca furono scoperte dal personale impiegato nella struttura, che fortunatamente appurò che non erano stati riportati danni ai semi.
La banca dei semi delle Svalbard soffre la crisi climatica
L’incidente del 2017 fu proprio causato dalla scioglimento del permafrost, che per definizione dovrebbe essere sempre ghiacciato e che oggi risente enromemente delle temperature eccessive. Secondo uno studio redatto dall’Arctic monitoring and assessment programme e reso pubblico lo scorso maggio durante una riunione del Consiglio dell’Artico – organismo composto dalle nazioni i cui territori affacciano sulla regione, Norvegia compresa – emerge che le temperature nell’area dell’Artico stanno aumentando a un ritmo tre volte superiore rispetto alla media del Pianeta.
Per questa ragione il governo norvegese ha speso circa 10,5 milioni di euro per rafforzare la banca, realizzando un secondo tunnel di accesso in cui è stato posizionato un quadro elettrico in grado di refrigerare autonomamente le stanze in caso di emergenza, insieme a un equipaggiamento utile a far uscire il calore in eccesso attraverso il tunnel d’ingresso.
Proteggerci da noi stessi
Questa cassaforte ricoperta di ghiaccio non è l’unica banca dell’apocalisse nel mondo. Molti altri paesi stanno pensando a come conservare il patrimonio genetico dei rispettivi contesti di biodiversità, oltre a alle manifestazioni del sapere che compongono l’identità di un popolo e, prima ancora, della civiltà. Con l’aggravarsi delle condizioni della Terra, queste “navicelle” ancorate al suolo stanno finendo per rassomigliare, in maniera netta e prive di edulcorazioni, a bunker in cui nascondere la bellezza che ci è stata data e quella che siamo stati in grado di generare, dagli effetti devastanti di cui siamo i responsabili e che ci attardiamo ad affrontare radicalmente.
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