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Le banche australiane finanziano i combustibili fossili a scapito delle rinnovabili
La finanza australiana punta sui combustibili fossili e investe in petrolio e carbone 14 volte più che in rinnovabili
Quattro grandi banche australiane – ANZ, NAB, Commonwealth Bank e Westpac – hanno investito circa 7 miliardi di dollari in più in attività legate ai combustibili fossili rispetto a quanto investito nelle rinnovabili.
Ai combustibili fossili investimenti 14 volte maggiori rispetto alle rinnovabili
Commonwealth Bank e ANZ sono le banche più “filo-fossili”. Entrambe hanno investito oltrei 3 miliardi di dollari in carbone, petrolio e gas. ANZ, con il record di investimenti nelle fonti fossili, guida la classifica; la banca ha infatti investito nelle energie tradizionali 14 volte in più rispetto alle rinnovabili, impegnando per queste ultime solo 225 milioni di dollari.
Solo NAB ha quasi raggiunto la quasi negli investimenti, cedendo prestiti per 1,35 miliardi in progetti fossili e 1,3 miliardi in iniziative per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Commonwealth Bank e Westpac hanno collocato rispettivamente 846 e 426 milioni nell’energia pulita, 3,5 e 4,6 volte meno di quello che hanno investito in combustibili fossili.
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L’impegno tradito verso le rinnovabili
L’esistenza di progetti per miliardi di dollari a sostegno delle fonti fossili finanziati da queste banche è stato rilevato da Market Forces, un’organizzazione che lavora per portare a conoscenza dei cittadini dove e quanto le banche e i fondi investono in attività che rispettano l’ambiente. Dati alla mano, la rivelazione è sorprendente visto che tutte e quattro le banche hanno sostenuto pubblicamente l’Accordo sul clima di Parigi e si sono impegnate a sostenere la decarbonizzazione dell’Australia. Con i loro finanziamenti continueranno invece a sostenere progetti a favore dell’industria dei combustibili fossili in tutto il mondo, non solo in Australia, ma anche in India, Indonesia, Norvegia, Papua Nuova Guinea e Stati Uniti. “Non stiamo parlando di piccoli progetti, stiamo parlando di aprire una delle più grandi basi petrolifere offshore in Norvegia, o un nuovo giacimento di gas in Papua Nuova Guinea” ha detto il direttore di Market Forces, Julien Vincent.
Transizione energetica, molte parole e pochi fatti
Esemplare il caso del Commonwealth Bank Group che, nella propria politica ambientale, scrive nero su bianco di essere mossa a “cercare attivamente le opportunità per prestare, investire e sostenere le imprese che riducono la dipendenza dai combustibili fossili”. Per poi riaffermare in un comunicato stampa del 2015 che “la politica aggiornata [del Gruppo] esprime il nostro impegno a sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio”. Più palesi le ammissioni di ANZ che afferma di sostenere una “transizione graduale e ordinata” non rilevando nessun conflitto tra le sue posizioni a favore di un’economia a basso contenuto di CO2 e il mantenimento degli investimenti in attività legate ai combustibili fossili.
Un’occasione persa
Continuare a investire nei combustibili fossili è un’occasione persa per la crescita sostenibile del paese. “Continuando a sostenere i combustibili fossili, le banche australiane sono in controtendenza con gli andamenti dei finanziamenti alle rinnovabili che negli ultimi anni sono impennati”, ha detto Julien Vincent. Già dal 2015, a livello mondiale, gli investimenti nelle fonti rinnovabili sono stati il doppio di quelli destinati alla generazione da fonti fossili. “Il comportamento delle quattro grandi banche australiane non è solo in palese contrasto con i loro impegni pubblici, ma costituisce anche un’importante occasione mancata”.
Ed è un’occasione persa anche nei confronti dei cittadini visto che la maggior parte degli australiani è a favore dell’adozione di azioni per fermare il cambiamento climatico e il comportamento delle grandi banche australiane potrebbe ritorcersi contro influendo sulle loro decisioni su chi affidare i propri risparmi.
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