57 cittadini del Bangladesh hanno protestato contro il loro governo negli Emirati Arabi Uniti. Un tribunale li ha condannati al carcere.
- In Bangladesh le proteste contro il governo proseguono da settimane e ci sono già stati oltre 150 morti.
- Le proteste si sono estese anche fuori dai confini, come negli Emirati Arabi Uniti, dove vivono molti bengalesi.
- Negli Emirati è vietato protestare in piazza e per questo 57 cittadini del Bangladesh sono stati condannati al carcere.
57 cittadini del Bangladesh sono stati condannati al carcere, in tre addirittura all’ergastolo, per aver preso parte a proteste contro il loro governo negli Emirati Arabi Uniti.
Da alcune settimane in Bangladesh sono in corso profonde proteste antigovernative che sono state represse con la forza, con oltre 160 morti. Alcuni cittadini del Bangladesh sono scesi in piazza contro il loro governo anche in altri paesi, come gli Emirati Arabi Uniti. Dove però non esiste il diritto di manifestazione. Ecco perché un tribunale di Abu Dhabi ha condannato al carcere chi ha preso parte alla mobilitazione.
La repressione negli Emirati Arabi Uniti
“Incitamento a rivolte”. Ecco cosa c’è scritto nella sentenza di un tribunale degli Emirati Arabi Uniti, con cui 57 cittadini del Bangladesh sono stati condannati alla prigione. 53 di loro sono stati incarcerati per dieci anni, uno per undici, altri tre addirittura all’ergastolo.
I 57 sono accusati di aver organizzato marce e presidi nel paese per protestare contro le decisioni prese dal governo del Bangladesh. Negli Emirati Arabi Uniti, dove il 90 per cento della popolazione è straniera e i bengalesi costituiscono il terzo gruppo straniero numericamente più rilevante, le proteste non sono considerate un diritto e la repressione è molto forte per chi aggira il divieto. I cittadini del Bangladesh condannati verranno trasferiti nel loro paese di origine.
“La reazione estrema a una protesta pubblica sul suolo degli Emirati dimostra che lo stato attribuisce grande priorità alla repressione di qualsiasi manifestazione di dissenso nel paese”, ha denunciato Devin Kenney, ricercatore di Amnesty international per gli Emirati Arabi Uniti. Si tratta del secondo episodio nel giro di pochi giorni, visto che il 10 luglio nel paese erano stati arrestati 43 dissidenti politici e attivisti per i diritti umani.
La repressione in Bangladesh
La situazione intanto in Bangladesh si fa sempre più difficile. Il numero di morti, causati dalla repressione delle proteste antigovernative, ha superato quota 160 e ci sono anche oltre 500 persone arrestate.
Il problema è sorto dopo una sentenza della Corte Suprema, che ha confermato una sentenza dell’Alta Corte che ripristinava il sistema delle quote nelle assunzioni nella pubblica amministrazione, abolito nel 2018 a seguito di precedenti proteste studentesche. Il sistema delle quote del Bangladesh riserva una fetta dei posti di lavoro nel settore pubblico ai parenti dei veterani della guerra d’indipendenza del 1971. I manifestanti considerano questa quota un ostacolo alle assunzioni basate sul merito.
Le autorità hanno schierato l’esercito, ordinato il blocco di internet e delle telecomunicazioni e la chiusura di scuole e università, da cui sono partite le proteste. I leader dei manifestanti hanno lanciato un ultimatum al governo perché metta fine a queste forme di repressione e abolisca la legge sulle quote, altrimenti i disordini, che ormai coinvolgono migliaia di cittadini, andranno avanti in maniera ancora più estesa.
La Corte suprema in realtà ha già ridotto drasticamente la quota di posti di lavoro riservati ai parenti dei veterani, che erano superiori al 30 per cento e ora sono scesi al 5 per cento. Ma per i manifestanti del Bangladesh, un paese dove povertà e disoccupazione dilagano soprattutto tra le generazioni più giovani, non è sufficiente.
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