Spinto dalle proteste, il Bangladesh ha adottato la pena capitale per punire gli stupri, ma servono altre soluzioni per fermare la violenza sessuale sistemica nel paese.
Se vai a dormire a mezzanotte e ti svegli alle sei del mattino, nel frattempo da qualche parte in Bangladesh una donna è stata stuprata. Mentre sei con la tua famiglia o con le tue figlie, da qualche parte nel paese la figlia di qualcun altro viene stuprata. Quando sei a fare la spesa con tua moglie, la moglie di qualcun altro sta combattendo contro il proprio aggressore. Nessuna donna può dirsi al sicuro in Bangladesh.
Il Bangladesh punisce lo stupro con la pena di morte
Ad ottobre una casalinga è stata spogliata e torturata a Begumganj, nel distretto di Noakhali. Nell’università Sylhet MC un’altra casalinga è stata stuprata mentre suo marito era legato, una ragazzina invece è stata vittima di un’aggressione sessuale da parte di un padre cristiano nel distretto di Rajshahi.
In risposta a queste atrocità migliaia di studenti e persone di ogni professione sono scese in piazza nella capitale Dhaka e in altre aree del paese. Alcuni manifestanti hanno chiesto diverse riforme, tra cui la pena di morte per gli stupratori, e sostengono che il paese ha perso ogni senso della morale a causa della mancanza di un sistema di giustizia e di forze dell’ordine appropriate.
Due giorni prima dell’annuncio della nuova legge i notiziari riportavano di un uomo che aveva spinto un amico a stuprare sua moglie per punirla perché lei non accettava di prostituirsi. Di una casalinga violentata dopo essere scesa da un risciò. Di un’altra donna che ha subìto uno stupro di gruppo a casa sua. Di un padre che ha stuprato la figlia. Un padrone di casa di 56 anni che ha violentato le figlie di un suo inquilino, due gemelline di nove anni alle quali aveva offerto una coca cola. Uno zio che ha stuprato la nipote a Khulna, nel distretto di Chandpur. Un altro zio che ha stuprato la nipote (questa volta una bambina) a Tangail, nel distretto di Feni.
Secondo Ain-O-Salish Kendra, un’organizzazione per i diritti umani bengalese, nel periodo da gennaio a settembre di quest’anno 975 donne hanno subìto un’aggressione sessuale, di queste 208 hanno subìto stupri di gruppo. L’associazione ha ottenuto questi dati raccogliendo le informazioni presenti nei giornali.
I casi di violenza sessuale sono quasi raddoppiati negli ultimi dieci anni secondo i dati del Bangladesh Mahila Parishad (comitato delle donne). Mentre i casi di violenza fisica contro le donne sono diminuiti del quaranta per cento nell’ultimo decennio, il numero di aggressioni sessuali è raddoppiato passando da 940 stupri nel 2010 a 1.855 nel 2019. In realtà la situazione è molto più drammatica, perché questi dati raccolgono solo una frazione del numero effettivo delle donne che vengono violentate. Molte donne non denunciano le violenze subite a causa dello stigma sociale a cui sono sottoposte le vittime. Inoltre il sistema di giustizia del paese è molto debole e la corruzione e le interruzioni nel processo giudiziario rendono quasi impossibile avere dati certi sull’estensione del fenomeno.
Nella maggior parte dei casi le vittime vengono trattate come colpevoli da parte della polizia e di conseguenza loro e le loro famiglie rinunciano a cercare giustizia e fanno di tutto per nascondere i crimini accaduti. Spesso gli stupri vengono alla luce solo quando le vittime muoiono o le loro condizioni sono critiche. Quindi anche il numero spaventoso di casi pubblicati non riesce a rivelare la reale portata del problema.
Un sistema che non funziona
Persino queste statistiche incomplete mostrano che la violenza sessuale contro le donne in Bangladesh è un fenomeno molto diffuso. Le influenze politiche, il fallimento amministrativo, la mancanza di una resistenza sociale e la mancata attuazione delle leggi sono le ragioni principali per cui così tanti stupratori non vengono incarcerati.
Persino lo stupro di minori è ora all’ordine del giorno e non sciocca più le persone come avveniva qualche anno fa. Tra le vittime del 2019, 133 sono bambine sotto i sei anni. Ancora una volta, le statistiche reali sono difficili da scoprire, in una società conservatrice e riservata come quella del Bangladesh, in cui il comportamento violento degli uomini è troppo spesso condonato con la frase “sono fatti così”.
L’anno scorso la notizia dell’aggressione sessuale di Samia Afrin Saima, una bambina di sette anni brutalmente assassinata nell’area di Wari, nella capitale, ha scioccato il pubblico. Il suo corpo è stato ritrovato in un edificio in costruzione, dove andava a giocare con i suoi amici. In questo caso un uomo, Harun-or-Rashid, è stato giudicato colpevole di stupro e omicidio e condannato a morte.
"Unless the [Bangladeshi] authorities fix the flawed criminal justice system, address loopholes in laws and procedures, merely imposing harsher punishment [for rape] will unlikely have any impact," @amnesty's researcher, @smzakaria told the @abcnewshttps://t.co/xr9XI0GjBi
— Amnesty International South Asia (@amnestysasia) October 26, 2020
C’è bisogno di soluzioni migliori
In tutto il mondo vengono condotte nuove ricerche e vengono elaborate nuove strategie per combattere gli stupri e per prevenire gli abusi sui minori. Ma il Bangladesh è ostacolato da leggi e idee obsolete. Le politiche di prevenzione non sono state aggiornate per molti anni, come invece è successo nella vicina India (sebbene la situazione nel subcontinente rimanga complessa).
Gli stupri e gli abusi hanno scosso le coscienze di persone di ogni ceto sociale, il messaggio che traspare è che nessuna donna, ricca o povera che sia, è al sicuro. Mentre la popolazione e i manifestanti chiedono punizioni esemplari per gli aggressori, è stato provato che le proteste e le punizioni non bastano a fermare gli stupri. Le femministe e i femministi chiedono un cambiamento nell’atteggiamento e nella mentalità degli uomini nei confronti delle donne.
Non ci sono prove che la pena di morte contenga i crimini, inclusi gli stupri, il che potrebbe scoraggiare e riportare i fatti o addirittura spingere gli stupratori a uccidere le vittime per ridurre la probabilità di arresto.
Serve l’istituzione di un sistema di educazione sociale in ogni quartiere; un comitato per l’eliminazione della droga e della violenza contro le donne deve organizzare attività culturali e sportive, in cui ragazzi e adolescenti vengano coinvolti e istruiti sull’inumanità delle azioni violente. Queste organizzazioni dovrebbero reclutare gli stessi ragazzi che molestano e insultano le donne per strada, incoraggiandoli a diventare più sensibili e rispettosi; e ogni ragazzo che impara questa lezione potrebbe influenzarne altri dieci. È giunto il momento di trovare soluzioni molto più serie rispetto a quel che si è visto finora.
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