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In barca a vela occorre gestire attentamente i rifiuti a bordo: alcune semplici strategie prevengono i danni e facilitano la vita.
La vita in barca a vela è affascinante e avventurosa ma richiede anche alcuni accorgimenti: le abitudini si modificano, gli spazi sono diversi rispetto a quelli di casa, le esigenze e i ritmi cambiano. Per tutte le esigenze di bordo, dai pasti ai rifiuti, dobbiamo ricorrere a tutto il nostro senso pratico; ma, con l’attitudine giusta, questa sfida può diventare una buona occasione per sperimentare uno stile di vita più semplice e frugale che possiamo anche trasferire nella quotidianità.
A casa sappiamo ormai come comportarci con i rifiuti domestici e la raccolta differenziata è diventata la regola, nonostante richieda un po’ di organizzazione e soprattutto di spazio. Un bene, quest’ultimo, che risulta particolarmente scarso in barca a vela. Ma non bisogna credere a chi dice che a bordo sia impossibile fare la differenziata! I rifiuti hanno sempre lo stesso volume, che vengano buttati in uno o più sacchetti; ma in questo secondo caso si riempiranno più lentamente e sarà più facile gestirli. La separazione delle diverse frazioni (umido, plastica, carta o secco) permette di gestire al meglio anche il conferimento nelle isole ecologiche o la permanenza dei rifiuti a bordo per il tempo necessario.
Carta e plastica per esempio, magari risciacquate con acqua di mare, non si deteriorano e dunque non devono essere necessariamente eliminate subito, nel caso di navigazioni di più giorni o dell’impossibilità di raggiungere un’isola ecologica in porto. Basta stiparle dove non danno fastidio e aspettare il momento giusto per smaltirle. Il discorso è totalmente diverso per l’umido, che sviluppa cattivi odori soprattutto con il caldo, e va chiuso in un bidoncino o riposto in uno stipetto. Se il sacchetto contiene solo l’umido, allora sarà più piccolo e gestibile.
Se siamo al largo, all’insegna della circolarità e della riduzione dei rifiuti, qualche resto di cibo possiamo anche buttarlo in mare, magari la frutta o la verdura fresca, avanzi di pesce, e altri alimenti che non disturbino l’ecosistema. Occhio però allo scatolame, scelto spesso per praticità: l’olio del tonno e di altre conserve va sgocciolato in un contenitore e poi conferito negli appositi punti di raccolta, perché basta un chilo di olio vegetale esausto per inquinare una superficie d’acqua pari a un chilometro quadrato. Gli articoli in plastica monouso sono ormai vietati dall’Unione europea, ma è vero anche che la cosiddetta plastica biodegradabile lo è soltanto se viene processata in modo corretto in impianti dedicati: non è corretto né opportuno buttare in mare piatti o sacchetti con la speranza che si decompongano senza problemi.
Le persone meno avvezze inoltre potrebbero pensare che, per evitare di dover lavare tutto e consumare acqua, piatti, posate e bicchieri usa e getta siano la soluzione più pratica: nulla di più sbagliato! Innanzitutto, fanno aumentare in modo esponenziale la produzione di rifiuti. Spesso, poi, si mangia all’aperto, magari in navigazione e, con il vento, basta un attimo perché questi articoli così leggeri volino via. In linea generale, bisogna sempre pensare che le cose cadono inavvertitamente in mare molto più spesso del previsto. Quando troviamo rifiuti in acqua o in spiaggia, non sempre è stata la maleducazione a portarli fin lì: molto più spesso è stato il caso, la disattenzione o, appunto, il vento. Quando si fanno gli acquisti pre-partenza, dunque, è meglio dotarsi di piatti riutilizzabili, anche in plastica o bioplastica: materiali che sono molto più leggeri e resistenti rispetto alla ceramica e ci danno anche l’impressione di mangiare su una vera tavola imbandita.
Se ci cade qualcosa in mare in navigazione, o se identifichiamo un oggetto che potrebbe rappresentare un pericolo, è buona norma cercare di recuperarlo. Capita di essere preoccupati per il tempo, di voler arrivare a destinazione il più presto possibile e rispettare il programma che ci siamo dati. La verità è che, a meno che non siamo in regata, raramente ci manca il tempo per fare una manovra e andare a recuperare qualcosa. D’altra parte, questa è un’ottima esercitazione per il recupero di uomo in mare, manovra che ogni comandante deve saper fare! Dal 2022, inoltre, è in vigore la cosiddetta legge Salvamare che permette a chi raccoglie rifiuti in mare – siano essi pescatori che trovano detriti nelle reti o diportisti che cercano volontariamente la plastica – di non essere multati una volta in porto, ad esempio per trasporto illecito di rifiuti speciali. Una legge necessaria e benvenuta che offre a chi vive il mare uno strumento in più per proteggerlo.
Per chiudere, ecco alcuni semplici ma efficaci consigli a proposito di alcuni tipi di rifiuti particolarmente diffusi in barca a vela ma al tempo stesso pericolosi per l’ecosistema. Operazioni come il rifornimento, la manutenzione del motore e la pulizia della sentina meritano grande attenzione; e, per assorbire le gocce di oli rilasciate accidentalmente in mare, ci si può dotare delle spugne assorbenti brevettate dalla startup italiana T1 Solutions e promosse da LifeGate. Attraverso l’iniziativa Q8 Sailing for Change, Q8 coinvolgerà entro il 2025 ben quaranta porti italiani e fornirà a mille imbarcazioni da diporto i kit studiati per prevenire, assorbire e stoccare gli oli sversati accidentalmente in acqua, contribuendo a sensibilizzare porti e i diportisti su questo tema.
I mozziconi di sigaretta dovrebbero essere riposti negli appositi posacenere portatili, oggi diffusi e facili da reperire, per minimizzare il rischio che finiscano in mare, mentre gli anelli di plastica che tengono insieme le lattine (se proprio non si riesce a farne a meno) vanno tagliati per evitare che la fauna marina ci finisca intrappolata. E le bottiglie di acqua vuote? Anziché buttarle, basta tenerle da parte per poi riempirle di nuovo alle casette dell’acqua potabile presenti in molti porti.
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