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Barenaked Ladies – Be my Yoko Ono
So già che appena lo dico Corro il rischio di esser massacrato Ma a me non sono mai piaciuti quelli che Le hanno dato della puttana O l’hanno incolpata dello scioglimento dei Beatles (non prendetevela con Yokey, per piacere …) Fossi stato io John e tu Yoko Avrei lasciato perdere volentieri il mio talento musicale
So già che appena lo dico
Corro il rischio di esser massacrato
Ma a me non sono mai piaciuti quelli che
Le hanno dato della puttana
O l’hanno incolpata dello scioglimento dei Beatles
(non prendetevela con Yokey, per piacere …)
Fossi stato io John e tu Yoko
Avrei lasciato perdere volentieri il mio talento
musicale
Pur di averti come mia Venere personale
Tu puoi essere la mia Yoko Ono
Seguirmi ovunque io vada
Sei la mia, sei la mia
Sei la mia Yoko Ono
(… basta che non ti metti a cantare)
Così gli eccentrici Barenaked Ladies, sulle note
scanzonate della spumeggiante Be My Yoko Ono (2005) rompevano, per
la prima volta, un muro di omertà. Quello costituito dai fan
dei Beatles o più in generale dagli appassionati di musica
schierati da sempre in modo compatto contro questa artista
giapponese colpevole, secondo loro, di aver traviato, o peggio
plagiato, il grande John Lennon.
Mai nessuno che abbia speso una buona parola per Yoko.
O dio, a ben vedere Paul McCartney, a metà anni 90, ci
aveva provato (in uno dei rari momenti di tregua tra i due) quando
aveva “generosamente” detto di lei: “è meno stronza e avida
di quel che pensassi …”.
Eppure, vi confesso (a costo di essere massacrato) che i
rocker canadesi Barenaked Ladies hanno messo in musica il mio
pensiero (incluso il giudizio sulle doti vocali della vedova Lennon
…). Non che, anch’io, non fossi tra quelli che, ai tempi,
odiava Yoko Ono, che la trovava orrenda (un “cesso” si diceva
allora con vergognoso epiteto maschilista e, se permettete, pure un
filo razzista), e pensava fosse lei la vera causa dei mali del
mondo.
Nel 2006, dopo aver assistito alla proiezione del
film/documentario The US vs John Lennon, ho cambiato idea. Parlando
con il regista della pellicola (l’amico David Leaf) ho visto Yoko
sotto una luce diversa. Non dico che, di colpo, mi sia diventata
simpatica (anche perché di cavolate la vedova Lennon
oggettivamente ne ha fatte e tante) ma certo sono rimasto colpito
dalla sua sobrietà e, in particolare, dal suo modo amorevole
di ricordare la figura di John nelle interviste e dichiarazione
rilasciate in esclusiva per il documentario.
“Tutto si potrà dire dei lei ma non che non abbia amato
suo marito”, mi ha rivelato proprio David Leaf, uno che Yoko l’ha
frequentata parecchio e che conosce bene anche Sean. “Alcune sue
uscite infelici”, proseguiva Leaf, “erano fatte per proteggere John
e la sua immagine”.
“Ho attirato talmente tanto odio da tutto il mondo che ho
dovuto sviluppare il più possibile dentro di me il concetto
dell’amore”, dice oggi Yoko Ono alla soglia degli 80 anni (li
compirà il 3 febbraio del 2013).
“Questo inizio di millennio è stato buio, ma io sono
ottimista: quello che ci attende sarà un secolo bellissimo”,
ha dichiarato pochi giorni fa alla stampa berlinese in occasione
dell’inaugurazione della sua ultima mostra Das Gift, nella quale
spicca l’installazione The Hole: un proiettile di enormi dimensioni
che buca una parete di plexiglass.
“Ci sono tantissimi buchi in altrettante finestre nel mondo”,
ha spiegato la signora Lennon Ono, “poi, pensando all’8 dicembre
1980 mi sono detta: oddio, mi ricorda qualcosa …”.
Anche a noi, purtroppo.
Peace and love,
Ezio
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