Un team internazionale guidato dall’Unesco ha scoperto una barriera corallina nell’oceano Pacifico, al largo di Tahiti.
Ha un’estensione di circa tre chilometri, notevole soprattutto perché si trova a una profondità superiore ai trenta metri. Per catturare una maggiore quantità di luce, i coralli hanno una forma simile a quella delle rose.
I sistemi che si trovano a grandi profondità potrebbero salvarsi dallo sbiancamento perché le acque si scaldano più lentamente rispetto a quelle superficiali.
“Era come un’opera d’arte”. Con queste parole il fotografo Alexis Rosenfeld descrive la scoperta che l’ha visto coinvolto, insieme a un team internazionale guidato dall’Unesco (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura): una barriera corallina nell’oceano Pacifico, al largo di Tahiti, a un’eccezionale profondità di oltre trenta metri.
A scientific research mission supported by @UNESCO has discovered one of the world's largest coral reefs off the coast of Tahiti.
This highly unusual discovery is a great leap forward for #science!
— UNESCO 🏛️ #Education #Sciences #Culture 🇺🇳😷 (@UNESCO) January 20, 2022
Perché la barriera corallina scoperta a Tahiti è così speciale
Su incarico dell’Unesco, il team di ricerca era intento a eseguire delle mappature subacquee nel Pacifico, quando si è imbattuto in un panorama del tutto inaspettato: una barriera corallina, in condizioni pressoché perfette, dall’aspetto simile a una distesa di rose. Dista circa due chilometri dalla costa di Tahiti e ha un’estensione di circa tre chilometri, notevole soprattutto perché si trova a una profondità superiore ai trenta metri; anzi, secondo il New York Times potrebbe arrivare addirittura a cento metri sotto il livello del mare. Si trova quindi nella zona mesofotica, cioè a metà strada tra la fascia batimetrica superficiale, ricca di alghe, e quella afotica, priva di luce e tal punto da rendere impossibile la fotosintesi.
Divers have uncovered pristine coral reef in deep water off the coast of Tahiti. Sat between 35 and 70m below sea level, the reef resembles a giant rose garden. Despite the global biodiversity crisis, the reef appears to be in good health. pic.twitter.com/RKxHFy52tA
È proprio per via della profondità che i coralli assumono una forma così peculiare, simile a quella di un fiore: così facendo, infatti, hanno una superficie più ampia e catturano una maggiore quantità di luce. Viceversa, i coralli che si trovano a profondità minori hanno una forma simile a rami che li rende più vulnerabili all’aumento delle temperature oceaniche. In particolare, l’acqua troppo calda provoca lo sbiancamento dei coralli che porta inesorabilmente alla loro morte. Un mastodontico studio sul tema dimostra che nell’arco di un solo decennio, tra il 2009 e il 2018, è andato perso il 14 per cento di questo ecosistema. In termini quantitativi, è l’equivalente dell’intera grande barriera corallina australiana.
I sistemi che si trovano a profondità superiori, come appunto quelli scoperti nei pressi di Tahiti, potrebbero salvarsi da questo preoccupante fenomeno perché le acque profonde si scaldano più lentamente di quelle superficiali. Di conseguenza, in futuro potrebbero diventare “rifugi per i coralli”, spiega alla Bbc il professor Murray Roberts dell’università di Edimburgo. “Dobbiamo raggiungerli per mappare questi luoghi speciali, capire il loro ruolo ecologico e assicurarci di proteggerli per il loro futuro”.
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