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Basta “naufragi di Stato”, la protesta degli attivisti della rete #restiamoUmani
Oltre 50 attivisti della rete #restiamoUmani, guidati da Greenpeace, hanno manifestato davanti al ministero dei Trasporti con lo striscione “Naufragi di Stato” per chiedere l’apertura dei porti e i soccorsi in mare
Incatenati alla scalinata antistante all’ingresso del ministero dei Trasporti. Oltre 50 attivisti della rete #restiamoUmani, che comprende molte ong e associazioni tra cui Greenpeace, Libera, Legambiente e Radicali, hanno manifestato così, “armati” di giubbotti di salvataggio, salvagente e di un grosso striscione con la scritta “Naufragi di Stato” contro le politiche dell’attuale governo sull’immigrazione.
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Politiche che, secondo gli attivisti di Greenpeace, organizzatori dell’evento di oggi, stanno causando l’aumento esponenziale del numero di persone che muoiono in mare nel tentativo di raggiungere le coste europee. Quella di oggi fa parte di una serie di iniziative organizzate in tutta Europa in questi giorni, e che avrà il suo momento di culmine con la manifestazione a Ventimiglia, al confine tra Italia e Francia (“Ventimiglia città aperta”) del 14 luglio prossimo per rivendicare il permesso di soggiorno europeo, il diritto alla mobilità e un nuovo sistema dell’accoglienza.
Nel mirino degli attivisti di Greenpeace non c’è solo l’Italia, ma l’Unione europea nel suo complesso: “il mar Mediterraneo è ogni giorno di più teatro di stragi, con centinaia di persone annegate. Riteniamo che lo stato italiano e l’Unione europea siano responsabili di queste morti, che si possono evitare con la presenza di assetti preposti al soccorso, con l’impegno alla creazione di vie legali e sicure per la migrazione, con un’equa distribuzione su scala europea degli sforzi volti a un’adeguata ricezione e accoglienza delle persone in arrivo”. La manifestazione di oggi ha dunque lo scopo di “porre subito un freno all’istituzionalizzazione dell’omissione di soccorso e del “reato di solidarietà”.
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Secondo Greenpeace “L’Italia e l’Europa non possono lasciar annegare persone in mare, soprattutto perché l’obbligo di soccorso, sancito dall’articolo 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, è il principio chiave del diritto della navigazione e un dovere statuale, messo in atto attraverso la persona del capitano a bordo della nave chiamata a intervenire, per compiere un imprescindibile atto di solidarietà: tendere una mano, il fondamento della legge tacita dei marinai”.
La richiesta: fermare l’omissione di soccorso
Sono quattro le richieste precise che Greenpeace, con la manifestazione di oggi, chiedono al ministero dei Trasporti e al ministero dell’Interno: l’apertura dei porti italiani alle navi con persone soccorse in mare a bordo, in condizioni di vulnerabilità (la chiusura dei porti dopo aver inizialmente riguardato le ong, è stata estesa in questi giorni anche alle navi militari europee e persino alle navi battenti bandiera italiana); fermare subito il processo in atto di istituzionalizzazione dell’omissione di soccorso, un dovere universale nonché prescritto dalla legge; che l’Unione si assuma la propria responsabilità in mare, predisponendo assetti con un chiaro mandato di ricerca e soccorso, attraverso una missione europea; che i rappresentanti dei governi europei trovino soluzioni strutturali e basate sulla responsabilità di proteggere i diritti, attraverso l’istituzione di vie legali e sicure per la migrazione, che si deve accettare come un fatto umano, e come un fondamentale diritto.
Greenpeace ricorda che la riduzione dei soccorsi ha aumentato il numero di persone che annegano nel Mediterraneo centrale: oltre 1000 le vittime confermate dall’inizio dell’anno. Il Canale di Sicilia ha raggiunto il drammatico primato di confine più letale al mondo, con una persona su 7 dispersa nel solo mese di giugno. Un tragico traguardo, raggiunto per il quinto anno consecutivo, nonostante il calo nel numero di arrivi.
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