Lo sviluppo delle auto elettriche può scontrarsi con l’aumento del prezzo delle materie prime: si allontana l’obiettivo dei 100 dollari per kilowattora.
Batterie agli ioni di sodio per le auto elettriche, il futuro è nella torba?
Secondo uno studio dell’Università estone di Tartu, le batterie potrebbero essere alimentate con questo materiale povero, abbattendo nettamente i costi.
La chiave di volta per ridurre il costo delle batterie per i veicoli elettrici potrebbe celarsi sotto terra. Ma non parliamo di litio, cobalto e nichel, materiali carissimi e presenti solo in poche zone del mondo, bensì della torba, un deposito composto da resti vegetali sprofondati e impregnati d’acqua che, a causa dell’acidità dell’ambiente, non riescono a decomporsi interamente. Una materia prima economica e facile da recuperare, con la quale oggi si producono dei fertilizzanti, si riscaldano le abitazioni e si aromatizzano persino i superalcolici.
Addio a litio, cobalto e nichel, ecco i vantaggi
In Estonia, ad esempio, viene raccolto ogni anno un milione di tonnellate di torba da destinare al giardinaggio e al riscaldamento. E proprio uno studio dell’Università estone di Tartu apre ora nuovi, possibili scenari sugli utilizzi di questo materiale per ridurre il costo delle batterie agli ioni di sodio per le auto elettriche, fornendo un’alternativa alla tecnologia agli ioni di litio attualmente dominante. Potenzialmente, gli accumulatori agli ioni di sodio offrono il vantaggio di eliminare il litio, il cobalto e il nichel: secondo i ricercatori, produrre una batteria con queste caratteristiche abbatterebbe i costi fra i tre e le cinque volte rispetto a una “sorella” agli ioni di litio.
Il processo di creazione delle batterie con la torba
Invece di estrarre in profondità litio, cobalto e nichel – operazione che, al di là dell’aspetto economico, comporta anche importanti costi ambientali e sanitari – potrebbe bastare un più semplice intervento in una zona umida, come una palude; generalmente della torba viene raccolto solo lo strato superiore, ma per i ricercatori estoni è lo strato sottostante, abitualmente scartato, il più adatto a un utilizzo sulle batterie. La torba viene polverizzata e lavata per estrarre la massima quantità di minerali, quindi essiccata e posta in un forno a una temperatura compresa tra i 300 e i 400 gradi; sono quindi aggiunti ossido di sodio e cloruro di zinco, e il processo si conclude con un ulteriore passaggio in un forno ancora più caldo. Il risultato è un materiale che può essere utilizzato per l’anodo, mentre per il catodo viene utilizzato del sale estratto dall’acqua marina: ne deriva una batteria che, secondo i ricercatori, è in grado di eguagliare la densità energetica della chimica agli ioni di litio.
L’interesse crescente sul tema e le strategie di Tesla
È bene evidenziare che si tratta pur sempre di una ricerca: sono frequenti i casi di promettenti risultati di laboratorio che non si traducono in un prodotto commercialmente valido. Ma è innegabile il crescente interesse del mondo dell’automotive rispetto alle batterie agli ioni di sodio: la scorsa estate Catl, gigante cinese specializzato nella produzione di batterie agli ioni di litio per autoveicoli elettrici e di sistemi di accumulo di energia, ha confermato la validità commerciale delle batterie agli ioni di sodio.
E sempre in Cina la casa automobilistica Tesla, per evitare i problemi di approvvigionamento di nichel, sta utilizzando le batterie litio-ferro-fosfato (LFP) in alcune delle sue berline Model 3. Interrogato recentemente sul tema, Elon Musk ha ammesso di considerare l’utilizzo di questi accumulatori su tutti i suoi modelli della gamma standard, in modo da liberare grandi quantità di nichel, cobalto e manganese da utilizzare per i restanti veicoli di alta gamma, che necessitano delle batterie con la più alta densità energetica possibile.
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