
Il rapporto annuale dell’agenzia Irena indica che il 92,5 per cento dei nuovi impianti installati nel 2024 è legato alle fonti rinnovabili.
Il grande limite delle rinnovabili è l’intermittenza della produzione elettrica e quindi la non prevedibilità. La soluzione sarebbe quindi utilizzare batterie per lo stoccaggio dell’elettricità, ma sono molto costose oltre che dannose per l’ambiente. Ora, grazie a una nuova ricerca dell’Università di Harvard pubblicata sulla rivista Nature, il problema sembrerebbe risolto. Parliamo di batterie che
Il grande limite delle rinnovabili è l’intermittenza della produzione elettrica e quindi la non prevedibilità. La soluzione sarebbe quindi utilizzare batterie per lo stoccaggio dell’elettricità, ma sono molto costose oltre che dannose per l’ambiente. Ora, grazie a una nuova ricerca dell’Università di Harvard pubblicata sulla rivista Nature, il problema sembrerebbe risolto. Parliamo di batterie che utilizzano elettroliti organici e non chimici.
La nuova tecnologia sfrutta infatti una molecola prodotta dalle piante durante la fotosintesi, chiamata chinone, facilmente estraibile dal rabarbaro, biocompatibile e a basso costo. La maggior parte delle batterie oggi utilizzano elementi rari e preziosi come catalizzatori. Secondo le stime dei ricercatori gli elettroliti impiegati in questo nuovo tipo di accumulatori costano meno del 10 per cento del costo del vanadio o di altri elementi rari normalmente utilizzati nelle batterie e sono facilmente reperibili.
Il funzionamento delle batterie al rabarbaro è diverso rispetto a quello delle normali batterie, come ad esempio le stilo. Nelle nuove batterie, dette batterie a flusso, l’energia viene immagazzinata al di fuori del contenitore della batteria, all’interno di serbatoi chimici riempiti da una soluzione liquida ricca di elettroliti, molecole che catturano cariche elettriche. In contrasto con le batterie a litio, le batterie a flusso hanno il grande vantaggio di poter aumentare la capacità di energia semplicemente aumentando la grandezza del serbatoio chimico.
Il chinone (sostanza che normalmente si trova in piante e animali e che possono subire rapide ossidazioni e riduzioni reversibili durante numerosi cicli senza degradarsi) utilizzato è l’antrachinone presente nel rabarbaro, un materiale sconosciuto ai più ma in realtà è utilizzato come agente ossidante nelle industrie della carta, petrolchimiche e della pasta. Come conseguenza, si può facilmente trovare in grandi volumi e a basso costo.
Le nuove batterie potrebbero essere in commercio dal 2017, grazie alla società italiana Green Energy Storage che ha raggiunto un accordo con Harvard per la licenza esclusiva in Europa. Le batterie inizialmente verranno destinate ad applicazioni domestiche, permettendo ai consumatori di spendere solo 1/3 rispetto ai costi dei sistemi di accumulo disponibili attualmente sul mercato. In futuro l’azienda mira a produrre batterie più capaci in grado di stoccare quantitativi superiori di energia, da destinare a usi industriali. Le batterie sono ideali per essere utilizzate nel range di accumulo tra i 100 kW e 1 MW, una scala per una struttura commerciale o industriale fino alle sottostazioni elettriche per i parchi eolici o fotovoltaici. La potenza della batteria può essere aumentata semplicemente aumentando la dimensione dei serbatoi chimici, senza modificare le dimensioni del sistema di erogazione di potenza.
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