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Bayer-Monsanto, il giorno X è oggi. Cosa cambierà per l’agricoltura globale
Monsanto diventa proprietà di Bayer, che ne spazza via il nome per motivi d’immagine. E l’agricoltura è sempre più il regno di poche grandi corporation.
Dopo più di due anni di trattative e manovre, è arrivato il giorno che cambierà le sorti dell’agricoltura e dell’agrochimica globale. Il giorno in cui Bayer sarà l’unico azionista di Monsanto. A dare l’annuncio ufficiale tramite un comunicato stampa è stata la stessa Bayer il 4 giugno, dopo aver ricevuto il tanto atteso via libera dalle autorità antitrust, prima in Europa e poi negli Stati Uniti.
Come ha fatto Bayer a investire più di 60 miliardi
Attualmente, tenendo in conto il debito di Monsanto, l’operazione vale 63 miliardi di euro. Nella storia non era mai successo che un’azienda tedesca portasse a termine un’acquisizione estera così grande.
La domanda, soprattutto per i non addetti ai lavori, è lecita. Com’è possibile finanziare una cifra del genere? Come si legge nella nota di Bayer, all’indomani dell’annuncio l’azienda si era subito assicurata un prestito ponte da 57 miliardi di dollari, parzialmente già rifinanziato. Come riportato da Reuters, il 3 giugno ha annunciato un aumento di capitale, che prevede l’emissione di 74,6 milioni di nuove azioni nell’arco di circa due settimane. Con un prezzo di 81 euro ciascuna, la cifra finale supera i 6 miliardi di euro. L’emissione è stata resa possibile da un accordo stretto con venti grandi banche e prevede uno sconto del 22 per cento per gli attuali azionisti. Nella stessa occasione, Bayer ha aggiunto di aver programmato l’emissione di obbligazioni senior per un totale di 20 miliardi di euro.
Bayer aveva incassato parecchi miliardi anche dalla vendita di Covestro, produttore di polimeri e plastica, e dalle cessioni a favore di Basf che sono state prescritte dalle autorità antitrust per evitare l’instaurarsi di un monopolio su alcuni prodotti.
Come diventerà Bayer
Il capitolo-Monsanto, infatti, è solo il più imponente all’interno di un processo di radicale trasformazione che la multinazionale di Leverkusen ha intrapreso ormai da diversi anni. A poco a poco, infatti, l’azienda si è allontanata dal business dei polimeri, concentrandosi su due grandi rami d’attività: la farmaceutica e l’agricoltura. Quest’ultimo di fatto raddoppia dopo l’acquisizione di Monsanto, raggiungendo un peso paritetico rispetto al pharma.
Secondo le proiezioni elaborate dalla stessa Bayer, una “Bayersanto” nel 2017 avrebbe avuto circa 115 mila dipendenti e avrebbe raggiunto circa 45 miliardi di euro di vendite pro forma. Tutto questo anche tenendo in conto tutte le attività cedute a Basf.
Pochi potenti controllano il mercato globale di semi e pesticidi
La Commissione europea, il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e altre autorità antitrust di diversi paesi del mondo hanno decretato che, per garantire la concorrenza, basta obbligare Bayer a dismettere alcuni rami di attività. Ma da molti fronti si fa notare che a beneficiarne è stata pur sempre Basf. Cioè uno dei colossi globali della chimica, con un fatturato di quasi 64,5 miliardi di euro nel 2017. “La crescente concentrazione nel settore agrochimico sta esacerbando una tendenza pericolosa, che vede poche multinazionali prendere sempre più il controllo del futuro dell’agricoltura e, quindi, di quello che mangeremo”, commenta Federica Ferrario, responsabile della campagna agricoltura di Greenpeace Italia.
Le fa eco Coldiretti, citando alcuni numeri che parlano da soli: “La maxi-fusione Bayer-Monsanto comporta che attualmente il 63 per cento del mercato delle sementi e il 75 per cento di quello degli agrofarmaci sia concentrato nelle mani di sole tre multinazionali con un evidente squilibrio di potere contrattuale, quindi, nei confronti degli agricoltori. Un miliardo e mezzo di produttori agricoli mondiali sono stretti in una tenaglia da pochi grandi gruppi multinazionali che dettano le regole di mercato nella vendita dei mezzi tecnici necessari alla coltivazione e all’allevamento nelle aziende agricole, a partire dalle sementi, ma anche nell’acquisto e nella commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentare. L’elevata concentrazione mette a rischio anche la libertà di scelta dei consumatori e gli standard di qualità e sicurezza alimentare, oltre che la stessa sovranità alimentare dei vari Paesi e la biodiversità“.
Monsanto a Bayer per 63 miliardi dollari, Coldiretti: il 63% del mercato delle sementi e il 75% di quello degli agrofarmaci è concentrato nelle mani di sole tre multinazionali https://t.co/jOHzFipoRP
— Coldiretti (@coldiretti) 4 giugno 2018
Il nome “Monsanto” non esisterà più
“Il nome dell’azienda sarà Bayer. Monsanto non sarà più un brand. I prodotti acquisiti manterranno il loro nome commerciale e diventeranno parte del portfolio Bayer”, si legge nella nota ufficiale della multinazionale tedesca. Si cancella così, con un colpo di spugna, un nome che è stato al centro delle più agguerrite proteste da parte degli ambientalisti, che in passato sono addirittura arrivati a istituire un simbolico Monsanto International Tribunal, paventando una condanna per ecocidio. Un nome che per moltissimi è sinonimo di ogm, di glifosato e di brevetti sulle sementi, con tutto ciò che ne consegue per gli agricoltori.
Secondo 24/7 Wall St., Monsanto è al sedicesimo posto nella classifica delle aziende americane più odiate nel mondo. Non ne ha fatto mistero nemmeno il numero uno di Bayer Werner Baumann, che all’assemblea degli azionisti dello scorso anno ha dichiarato che la reputazione di Monsanto rappresenta “una grande sfida”. Una sfida che, evidentemente, è stata affrontata liberandosi di un nome ingombrante, ma non di tutte le controversie che l’hanno reso tale.
“Oggi, nel giorno in cui la Bayer acquisisce ufficialmente la Monsanto, ne eredita le responsabilità, chiosa Ruchi Shroff, direttrice di Navdanya International. La pensa così anche Federica Ferrario di Greenpeace Italia: “È comprensibile che Bayer – dopo un’acquisizione costata miliardi – voglia evitare di dover essere associata anche all’immagine negativa di Monsanto. Tuttavia, ciò non modifica le problematiche che deriveranno da questa acquisizione. Il nome con il quale si presenta un pericoloso potere di mercato controllato da un ristretto numero di aziende di dimensioni sempre maggiori è irrilevante per gli agricoltori, i consumatori e l’ambiente che devono fronteggiarne gli impatti negativi”.
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