Il clima che cambia sta delineando una nuova geografia del cibo con l’agricoltura chiamata a rispondere alle sfide ambientali e di sicurezza alimentare.
Sulla scomparsa del marchio Monsanto
Cancellare il nome di Monsanto non significa spazzare via le colpe di una multinazionale accusata di ecocidio. Bayer ne eredita ogni responsabilità. L’editoriale di Navdanya International sull’acquisizione che stravolge l’agricoltura mondiale.
Cancellare il nome di Monsanto mantenendo solo quello di Bayer non significa poter dimenticare le malefatte di una multinazionale che, secondo il verdetto del tribunale internazionale della società civile, l’International Monsanto tribunal dell’Aja, si è macchiata di crimini di ecocidio.
Cercare di portare lo scontro sul terreno dell’ideologia, come sta provando a fare il direttore esecutivo di Bayer Werner Baumann non impedirà a Navdanya e alle organizzazioni della società civile internazionale di riportare il discorso alla quotidianità della nostra vita sulla Terra, che con l’ideologia non ha niente a che fare. E di continuare a denunciare l’inquinamento ambientale, la contaminazione di suolo e acqua, le emergenze sanitarie che l’agricoltura industriale, capitanata da un ristretto gruppo di multinazionali, sta provocando in tutto il mondo.
Bayer eredita le responsabilità di Monsanto
Acquisendo ufficialmente Monsanto, Bayer ne eredita le responsabilità. Navdanya, insieme alle organizzazioni delle società civile di tutto il mondo, continuerà a vigilare, denunciare e protestare affinché la svolta agroecologica, recentemente auspicata anche dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), diventi realtà. Allo stesso modo, le piccoli produzioni locali, le economie circolari e inclusive e il cibo nutriente e sano devono tornare ad essere la norma dopo cinquant’anni di produzione intensiva e insalubre che ha devastato il settore, inquinato l’ambiente e prodotto cibo velenoso senza risolvere il problema della fame nel mondo, ma minando ulteriormente la sovranità alimentare dei popoli. L’agricoltura industriale può infatti rivendicare una porzione relativamente piccola della produzione alimentare globale. La maggior parte del cibo che mangiamo è ancora prodotta da piccoli e medi agricoltori mentre la stragrande maggioranza delle colture provenienti dal settore industriale, come mais e soia, viene utilizzata principalmente come mangime per gli animali o per produrre biocarburanti.
Leggi anche: Come i pesticidi stanno avvelenando il mondo e tutti i (falsi) miti che li riguardano
Navdanya International ha invitato i maggiori esperti da tutto il mondo per redigere il manifesto “Cibo per la salute. Coltivare la biodiversità, coltivare la salute”. Il Manifesto sarà diffuso ad agricoltori e cittadini di tutto il mondo, Governi e stakeholder, ha l’obiettivo di mettere in evidenza l’inscindibile legame fra alimentazione e salute, di elaborare strategie globali per superare il modello di agricoltura industriale, di favorire la convergenza e l’azione dei movimenti per l’agroecologia e per la salute pubblica per giungere a una visione comune di sviluppo sostenibile, equo e inclusivo, basato su sistemi agricoli e alimentari liberi da veleni e attenti alla salvaguardia della biodiversità.
Il lavoro di Navdanya International, a partire da quando iniziarono i lavori della Commissione internazionale sul futuro del cibo e dell’agricoltura, guidata dalla presidente di Navdanya Vandana Shiva, e la pubblicazione dei manifesti, è stato incentrato sulla promozione di un nuovo paradigma agricolo ed economico e sulla convinzione che le soluzioni possibili alle molteplici crisi che stiamo vivendo debbano venire dall’adozione di un modello che rispetti la terra e la dignità delle persone. Nell’agricoltura biologica e biodiversa, nella libertà di accesso ai semi per i contadini e i cittadini, nelle economie circolari basate sulla dignità delle persone possiamo trovare le soluzione ai problemi ecologici, climatici, sociali ed economici. Continueremo a rivendicare i diritti dei cittadini e dei piccoli e medi produttori, che pur venendo schiacciati dagli attuali meccanismi del mercato, sono gli unici in grado di garantire una produzione di cibo genuino e di qualità. Inoltre non smetteremo di opporci al tentativo di presa di potere da parte di un esiguo numero di multinazionali molto potenti, che invece di essere regolate dai nostri rappresentanti eletti dai cittadini, riescono sempre più a vestire i panni dei regolatori, conducendo pesanti azioni di lobby e rappresentando così una grave minaccia per il nostro sistema democratico.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Secondo un’indagine dell’Irccs Neuromed, consumando elevate quantità di cibi ultra-processati le persone diventano biologicamente più vecchie rispetto all’età cronologica.
Ricercatori australiani hanno osservato che il consumo quotidiano di verdure crucifere abbassa la pressione sanguigna, riducendo del 5 per cento il rischio di infarto o ictus.
Un’indagine dell’Istituto superiore di sanità rivela una scarsa aderenza degli italiani alla dieta mediterranea: “scelte sempre più occidentalizzate e globalizzate”.
Delicato, confortevole, profumato, il risotto zucca, latte e tartufo accoglie le delizie dell’autunno, scaldando il cuore come il focolare di un camino.
Secondo i risultati di uno studio su 39mila adulti francesi, un consumo di cibi ultra-processati è associato all’insonnia cronica.
Se ne è discusso a un evento a Roma, a partire dalla proposta di legge per andare oltre gli allevamenti intensivi. Gli interventi di produttori, medici, veterinari, studiosi e politici.
Il governo è al lavoro sul decreto “contaminazioni” per l’agricoltura biologica che prevede limiti di tolleranza più elevati per i residui accidentali. Un testo che fa discutere.
La Giornata mondiale dell’alimentazione 2024 punta a sensibilizzare sul tema del diritto al cibo che non è ancora garantito a tutti, nonostante si sprechino grandi risorse per produrlo.