La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
Dalla parte delle energie fossili, la posizione della Banca centrale europea
Il piano di sostegno all’economia della Banca centrale europea sino a oggi ha beneficiato prevalentemente alle grandi multinazionali delle energie fossili.
Industria del petrolio, settore dell’automobile e costruttori di autostrade. Sono i giganti dell’economia basata sulle fonti fossili e su un modello di sviluppo insostenibile quelli che più hanno guadagnato dal piano di acquisto di obbligazioni emesse da aziende europee varato nel giugno del 2016 dalla Banca centrale europea (Bce). A rivelarlo in un rapporto pubblicato a fine 2016 è l’ong belga Corporate Europe observatory (Ceo).
La finanza UE nemica del clima
Andando a spulciare la lista dei beneficiari del Corporate securities purchasing programme (Cspp) – programma per cui a fine novembre erano già stati spesi 46 miliardi di euro, con un obiettivo a fine 2017 di 125 miliardi- è lecito dubitare della sensibilità climatica dei banchieri di Francoforte. Undici operazioni in favore di Shell, 16 a vantaggio dell’italiana Eni, 7 della francese Total, 6 della spagnola Repsol. Tutte compagnie petrolifere. Non mancano acquisti di obbligazioni di case automobilistiche come Daimler et BMW, 15 operazioni ciascuna, Renault e, paradossale, Volkswagen, la casa automobilistica tedesca all’origine del dieselgate per il quale l’Unione europea ha aperto in dicembre una procedura d’infrazione contro sette dei suoi membri. Per non parlare della compagnia estone Eesti Energia, pioniere dello sfruttamento delle sabbie bituminose negli Usa, delle francesi Veolia e Suèz, campioni della privatizzazione dell’acqua, o ancora dell’italiana Enel, al centro di polemiche per il suo coinvolgimento nella costruzione di dighe in Sud America. Osservando le operazioni che riguardano l’Italia, oltre alle già citate Eni ed Enel, si scopre che più di metà degli acquisti di obbligazioni condotti attraverso la nostra banca centrale hanno riguardato il settore del gas.
Lusso, armi o lowcost: per la Bce sono solo affari
“Col nostro programma perseguiamo un obiettivo di politica monetaria e questo per noi è preponderante”, ha commentato una fonte anonima interpellata a riguardo dal quotidiano britannico The Guardian. Forse per questo oltre ai giganti delle energie fossili, dell’automobile e delle infrastrutture stradali, la Bce si è concessa l’acquisto di obbligazioni in settori dal carente profilo di sostenibilità: il lusso con LVMH, le armi con Thales, le compagnie aeree lowcost come Ryanair – condannata a inizio anno proprio dalla Corte di giustizia europea a rimborsare 12 milioni di euro per violazione della concorrenza – o ancora il gioco d’azzardo con l’austriaca Novomatic.
La faccia opaca del quantitative easing
Il fatto che fra i beneficiari dell’operazione della Bce figurino solo grandi gruppi di per sé non deve stupire: emettere un’obbligazione è un’operazione estremamente complessa che non è alla portata delle piccole e medie imprese locali. Per questo per Ceo, il Cspp altro non è stato che una forma di sussidio alle grandi imprese europee. Una leva aggiuntiva al più vasto programma di quantitative easing (“alleggerimento quantitativo”, in italiano) promosso dalla Bce nel 2015 attraverso l’acquisto di obbligazioni di stato per contrastare la speculazione e il prestito a tassi contenuti alle banche centrali nazionali. Non è un caso che i mercati l’abbiano accolta positivamente, come mostrava il Financial Times nel luglio scorso. Se l’obiettivo però è quello di spingere l’economia dell’Eurozona fuori dalla crisi, c’è da chiedersi se la direzione verso cui la Bce la sta spingendo è compatibile con gli impegni presi alla COP21.
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