Tornano le puntate speciali del podcast condotto da Giovanni Mori, registrate nelle Oasi Lavazza ¡Tierra! Si parla di benessere mentale.
Perché è così difficile (e così benefico) chiedere scusa
A tutti può capitare di dover chiedere scusa. Riuscirci non è così semplice, eppure è importante farlo: il premio in palio non è solo salvaguardare i rapporti. È anche procurare benefici a mente e corpo.
- Porgere le proprie scuse è un processo complesso, che richiede una serie di elaborazioni su una buona base di autoconsapevolezza: per questo è “più facile a dirsi che a farsi”.
- Chiedere scusa non è sinonimo di debolezza, ma di coraggio e di capacità di prendere in mano le redini del gioco. Di salvaguardare un rapporto che diversamente potrebbe essere compromesso.
- L’atto di chiedere scusa porta sollievo a chi lo porge, perché aumenta l’autorevolezza e il senso di fiducia.
“Sorry / Is all that you can’t say / Years gone by and still / Words don’t come easily / Like sorry, like sorry”
“Mi dispiace / È tutto quello che non riesci a dire / Gli anni passano e ancora / Le parole non vengono fuori facilmente / come scusa”
È l’incipit di Baby can I hold you, uno dei brani di fine anni ’80 più famosi della cantautrice e polistrumentista afroamericana Tracy Chapman. Una frase che racchiude in sé un sentire e un comportamento piuttosto comuni: la difficoltà di chiedere scusa anche quando si è più o meno consci di essere “dalla parte del torto” o di aver ferito l’altro. Un’incapacità, talvolta solo una reticenza, a chiedere perdono che è molto umana e per diversi aspetti comprensibile.
“Porgere le proprie scuse è un processo complesso, che richiede una serie di elaborazioni su una buona base di consapevolezza”, spiega Maria Beatrice Toro, psicologa e psicoterapeuta direttrice della Scuola di specializzazione Scint, istruttrice di protocolli Mbct (Minfulnessbased cognitive-therapy) e autrice di numerosi saggi. Il primo passo da compiere per riuscirci produttivamente è riconoscere a se stessi di aver commesso un’azione poco saggia, magari offensiva, che ha comportato delle conseguenze negative per l’altro. “Oltretutto, non è detto che l’azione sia stata messa in atto intenzionalmente, può essere stato anche il frutto di una superficialità. Ma la consapevolezza di aver ferito qualcuno richiede di cambiare prospettiva, di mettersi nei panni della persona offesa, di capirne lo stato d’animo desiderando sinceramente di porre rimedio. In sostanza, occorre essere dotati di una sufficiente dose di empatia e di non essere dominati da un orgoglio distorto”, spiega la dottoressa Toro. A complicare il tutto può intervenire un’imperfetta percezione dell’autostima. “Ammettere di aver sbagliato, e soprattutto ammetterlo prima di tutto a se stessi, può farci sentire ‘sbagliati’ come individui, tanto da indurre a negare l’errore per non sentirsi vulnerabili. L’autostima, infatti, viene spesso confusa con alcuni tratti narcisistici, come l’avere sempre e incondizionatamente un buon concetto di sé. L’amor proprio, invece, implica continuare a volersi bene e a percepire il proprio valore personale, la propria dignità, anche quando riconosciamo i nostri, a volte inevitabili perché umani, errori”, interviene lo psicologo e psicoterapeuta Emiliano Lambiase, della Comunità terapeutica Sisifo per la cura delle dipendenze comportamentali di Tuscania (VT). Un altro deterrente ad ammettere apertamente le proprie responsabilità è l’aver avuto un’educazione molto rigida, che ha portato ad assimilare la convinzione che ogni errore compiuto faccia scattare una punizione o comporti una perdita. “Chi non ha ricevuto durante l’infanzia sufficiente compassione rischia di non riuscire a compiere gesti di apertura ed umiltà perché non riesce ad immaginare un’azione accogliente oppure, in caso le scuse non dovessero essere accolte, perché non riesce a sostenere azioni non accoglienti da parte degli altri”, sottolinea lo psicoterapeuta Lambiase.
Chiedere scusa è un atto di coraggio che fa bene a entrambe le parti in gioco
Sebbene in apparenza chiedere perdono possa essere associato ad un segno di debolezza, in realtà è sintomo di coraggio e di capacità di prendere in mano le redini del gioco, o meglio, di una situazione o relazione che diversamente potrebbe essere definitivamente compromessa. Il coraggio viene troppo spesso confuso con azioni “dominanti” e “vincenti” dal punto di vista relazionale e contrapposto alla passività e all’arrendevolezza. Il realtà, il vero coraggio è anche essere gentili e coltivare, rispettare ed esprimere i propri valori. Non a caso, secondo la moderna psicologia esistono tante sfumature del coraggio: di combattere per un ideale, di perseverare nonostante le difficoltà, di soffrire con dignità e senza vergogna e, per l’appunto, di ammettere i propri sbagli uscendo alla propria comfort zone per dimostrarlo. Oltretutto, l’atto di chiedere scusa porta sollievo anche a chi lo porge e ne aumenta l’autorevolezza, la stima e il senso di fiducia. In sostanza, ne accresce l’immagine positiva, come sottolinea tra l’altro la famosa psicologa statunitense Harriet Lerner nel suo Scusa. Il magico potere di ammettere i propri sbagli (Feltrinelli). E il concetto vale anche quando le dinamiche avvengono in ambito lavorativo. “Quando, per esempio, i leader sono disposti a confessare apertamente gli errori creano un clima di fiducia con i propri dipendenti. Coltivano una cultura della trasparenza dove le persone, essendo libere di perseguire idee senza paura di fallire, danno il meglio di sé sia sotto il profilo umano e delle relazioni sia della redditività”, fa notare Lambiase. Di più: chiedere scusa allevia e indirizza costruttivamente anche il senso di colpa, che come tutte le emozioni negative non riconosciute ed elaborate può diventare “tossico”, trasferendosi nel corpo, scatenando o esacerbando disturbi psicosomatici. Oltretutto, avere il coraggio di chiedere scusa aiuta a creare una rete di rapporti affettivi e sociali più profondi, proficui e appaganti, quindi capaci anche di migliorare l’umore, con benefici a cascata. “Chiedere apertamente scusa equivale a un abbraccio che regaliamo sia a noi stessi sia all’altro. E, come ogni abbraccio, produce rilassamento muscolare e incrementa la secrezione di sostanze chimiche come le endorfine (i neurotrasmettitori del benessere, della riduzione dello stress e del dolore) e l’ossitocina, il neurotrasmettitore per eccellenza della comunione nelle relazioni”, puntualizza Lambiase.
Come imparare a chiedere scusa in modo proficuo per sé e per i rapporti interpersonali
Un buon supporto per accettare le proprie luci ed ombre, e imparare anche a chiedere scusa, sono l’auto-ascolto insegnato dalla Mindfulness e la Mindfulness orientata alla compassione (da leggere: Mindful Compassion, di Paul Gilbert, Giovanni Fioriti Editore), perché insegnano a integrare le emozioni negative nella nostra quotidianità, ma allo stesso tempo aiutano a stimolare sensazioni fisiche piacevoli di accoglienza e cura amorevole, superando sensi di colpa e vergogna. “Un aiuto importante arriva dagli esercizi di consapevolezza combinati alla meditazione, in particolare da quelli orientati al perdono – degli altri ma anche di se stessi”, spiega Toro, che illustra un semplice esercizio di Mindfulness del perdono.
Esecuzione: assumi una postura seduta o sdraiata, mantenendo braccia e gambe simmetriche. Ascolta il flusso del respiro che viene e va, sintonizzandoti con il suo ritmo naturale e lascia che corpo e mente si rilassino. Porta l’attenzione al petto, alla gabbia toracica che si espande e rilassa con l’aria che entra ed esce come un’onda e poi focalizzati al meglio delle tue possibilità sull’area del cuore, mentre porti alla mente le situazioni in cui hai commesso azioni che oggi ritieni sbagliate. Consenti a te stesso di percepire la contrazione che provoca in te. Quindi respirando dolcemente, prova a sperimentare il perdono attraverso la ripetizione di alcune frasi. Anzitutto chiedi mentalmente scusa alla persona che hai offeso. E poi prosegui così: sono cosciente di aver in molti modi ferito gli altri. È possibile che io li abbia aggrediti verbalmente, con parole che oggi so che non ripeterei mai più. Forse li ho traditi o abbandonati, causando in loro sofferenza, mentre io ero in quel momento insensibile. Oppure in fondo soffrivo anche io, in preda a insoddisfazione, paura, rabbia o confusione. Senti se ci sono dolore e rimpianto presenti adesso in te. Se è così, convinciti che finalmente puoi liberarti da questo peso e ripeti mentalmente: ho portato questo dolore nel mio cuore troppo a lungo. Possa io guardare con consapevolezza ai miei errori e perdonarmi. Prendi l’impegno di non rifare le stesse cose in futuro, ripetendo mentalmente la più bella frase che consente di girare pagina: “Mai più permetterò consapevolmente che ciò accada”.
Come chiedere scusa: i passaggi chiave
Una volta elaborata la necessità di porgere le proprie scuse, è importante anche trovare le modalità con cui esplicitarle per renderle efficaci. Naturalmente, non esistono formule “effetto bacchetta magica”, valide per qualsiasi persona o circostanza “È comunque fondamentale esternare la nostra responsabilità per un’offesa o un torto arrecato esprimendo il ravvedimento in modo diretto, personale, privo di ambiguità, possibilmente faccia a faccia o almeno a voce, al telefono – il linguaggio del corpo e/o il tono della voce sono una cartina tornasole della sincerità delle proprie parole –, offrendo un risarcimento e promettendo di non farlo più. L’offerta di riparazione e l’impegno a migliorare sono passaggi importanti, che ci ricordano come le scuse non riguardino solo il passato, ma siano anche una promessa per il futuro”, dice Lambiase. È importante anche cogliere la disponibilità dell’altro ad ascoltarci. “Se intercettiamo la sua contrarietà è importante desistere e aspettare – rispettare – i suoi tempi: non dobbiamo cedere all’impulso irrefrenabile di spiegarci a tutti i costi per alleviare il nostro senso di colpa o per favorire un recupero della relazione se l’altro non è ancora disposto ad accettarlo, magari perché non ha ancora completamente elaborato l’offesa e il dolore provato”, aggiunge Toro. Sempre riguardo a come si porgono le scuse – della serie “le parole sono importanti”, per dirla alla Nanni Moretti – occorre utilizzare una comunicazione proficua. Un errore, per esempio, è dire frasi come “Sono dispiaciuto che tu l’abbia presa male”. “Queste parole non rivelano una sincera intenzione di scusarsi, perché evidenziando l’incapacità di prendersi le proprie responsabilità dell’accaduto: si focalizzano sulla reazione della persona vittima del torto e non su chi l’ha commesso”, osserva Lambiase.
I difetti di comunicazione contengono sempre il pronome “Tu” (Tu non l’hai fatto…, Tu dovresti agire diversamente…, Tu sei così…), perché inducono nell’altra persona la percezione di sentirsi sminuita e giudicata, indirizzandola oltretutto verso una reazione di difesa, di chiusura, che interferirà con la comunicazione e, in questo caso, con l’ottenimento del perdono. “È utile, invece, ricorrere al “messaggio-Io”, come suggerito tra l’altro dal cosiddetto ascolto attivo, tipo Io sento che…, Io vorrei, perché esprime il sentimento di chi parla e implica un’assunzione di responsabilità. Infine, non pretendere, consciamente o inconsciamente, di venire perdonati automaticamente, solo per il fatto di aver fatto ammenda: in diversi casi, le scuse hanno bisogno di tempo per venire metabolizzate dalla persona offesa e non è detto che portino per forza alla riconciliazione o quantomeno non nei tempi che noi ci aspettiamo.
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