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Bergamo, viaggio con la Croce Rossa nell’epicentro dell’emergenza da coronavirus
Bergamo in questo momento è l’epicentro del coronavirus. Una situazione devastante per numero di contagi, di pazienti in terapia intensiva e anche di decessi. La Croce Rossa è sul fronte, in prima linea.
Non si contano gli appelli accorati da parte degli operatori sanitari, stremati, che chiedono ai cittadini bergamaschi di fermarsi, di stare in casa. Anche il sindaco della città lombarda Giorgio Gori implora i suoi cittadini di non uscire di casa, perché è l’unica possibilità per poter uscire il prima possibile da questa situazione di emergenza sanitaria. Il carico di pazienti in arrivo presso le strutture ospedaliere di Bergamo e provincia, in particolare il Papa Giovanni XXIII, sta mettendo a durissima prova l’efficienza del sistema. Proprio a Bergamo si è passati da 8 a 80 posti di terapia intensiva, la più grande d’Europa e forse al mondo per i pazienti affetti da coronavirus e in serie difficoltà respiratorie, posti ormai tutti occupati. Per dare un’idea di quanto sia sotto pressione l’ospedale, nella struttura vengono erogati 10mila litri di ossigeno al minuto. Il numero delle vittime è arrivato a 50 al giorno, si crema una salma ogni 30 minuti, non ci sono più bare e non c’è nemmeno la possibilità di un ultimo saluto, di un abbraccio.
Si legge molto su come gli ospedali si stiano riorganizzando per fronteggiare l’emergenza, ma poco si sa invece di come stiano reggendo il carico gli operatori della Croce Rossa (Cri) che, stando al numero di ambulanze che si sentono dalla mia finestra che è proprio vista ospedale di Bergamo sono tante, tantissime ogni giorno.
Attraverso le parole di Paola Pesenti Bolognini, delegato Area sviluppo della Croce Rossa italiana, comitato di Bergamo, abbiamo cercato di fare un viaggio tra gli operatori di prima linea.
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Cosa è cambiato in Croce rossa in questi tempi di Coronavirus?
Partiamo però da un presupposto, da quando è nata l’emergenza Covid-19 la sede della Croce Rossa italiana comitato di Bergamo si è dovuta “ristrutturare”, cambiando il proprio assetto organizzativo e le proprie abitudini, pensando soprattutto alla sanificazione dei mezzi e a tenere gli ambienti puliti, più di quanto non si faccia di solito.
La sede Cri di Bergamo è diventata anche il centro logistico di tutte le ambulanze che sono venute da fuori territorio in nostro supporto. Questo significa garantire anche alle ambulanze esterne condizioni idonee per operare, vale a dire sanificare i loro mezzi e accogliere gli operatori che arrivano dal territorio dopo un intervento di soccorso. È fondamentale tenere pulito a tutti i livelli, sia per tutelare chi viene trasportato in ambulanza, sia per proteggere gli operatori di Croce Rossa. Dipendenti e volontari stanno lavorando perché tutto questo avvenga in condizioni di sicurezza e di igiene dovute.
#Coronavirus, medici #Bergamo: “Non c’è più posto nemmeno per le salme”https://t.co/MnhwmXGcMA pic.twitter.com/3SFiOUuZ82
— Adnkronos (@Adnkronos) March 17, 2020
Quanto è aumentato il numero delle ambulanze?
Se mi chiedi i numeri non posso dare cifre. È importante considerare che c’è una quotidianità fatta di emergenza-urgenza rappresentata da persone che cadono in casa, da incidenti, ictus, arresti cardiocircolatori o incidenti sul lavoro. Tutta questa parte persiste, anche se dall’8 di marzo c’è stata una netta riduzione, forse anche perché le persone hanno capito che l’ambulanza la si deve chiamare in caso di emergenza. Poi c’è l’emergenza coronavirus. Quindi se da una parte hai l’assistenza del quotidiano e dall’altro hai la situazione contingente legata al Covid-19 è chiaro che devi aumentare il numero delle ambulanze.
Come avviene la gestione dell’emergenza?
L’emergenza viene gestita in modo costante e continuativo attraverso il coordinamento regionale operato dall’Azienda regionale emergenza urgenza (Areu) e dalle Articolazioni aziendali territoriali (Aat). Noi siamo una delle tante associazioni che fa parte di questo sistema e in particolare abbiamo deciso, in accordo con Aat, di diventare il punto di logistica per tutti. Abbiamo un percorso definito da procedure per la sanificazione in modo tale che non ci sia promiscuità. Tutto questo avveniva anche prima del coronavirus, ma oggi è messo in atto con la massima attenzione, perché siamo in presenza di un virus.
Come stanno reagendo il personale e i volontari?
I dipendenti lavorano con determinazione e allo stesso modo i volontari, quelli che hanno deciso di rimanere, si sono messi all’opera perché tutte queste situazioni emergenziali vengano schedulate e si ritorni a una normalità nell’emergenza. Non si deve dimenticare che Croce Rossa è formata da dipendenti e volontari, e quello che li accomuna è un “cuore che batte rosso”.
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Qual è l’impatto psicologico di questa situazione?
La situazione non è semplice e i volontari e i dipendenti possono contare su un supporto psicologico (Sep), un servizio di Croce Rossa verso Croce Rossa. È un servizio attivo telefonicamente e, nel massimo della discrezione, reputo che volontari e dipendenti lo stiano utilizzando. Questo permette loro di fare un defusing al termine di un intervento o se sul far della sera al termine della giornata hai come un rigurgito hai la possibilità di un appoggio telefonico. È il caso di dire “il telefono salva la vita”, come diceva una pubblicità di tanto tempo fa. L’altro aspetto importante è che quando sei in sede sei in casa, di questi tempi per molti operatori Croce rossa è diventata casa, il posto dove hai quei contatti che non puoi più avere in famiglia perché ci si è messi in auto quarantena da parenti e amici per proteggerli. Quando si arriva qua si ha quella fisicità, sempre con le dovute distanze, che non puoi trovare in casa. Ci si culla, ci si guarda negli occhi e questo fa molto.
Avete avuto problemi di approvvigionamento di fornitura materiale?
Sì ne abbiamo avuti. In questo momento c’è una grande domanda di mascherine ffp2, ffp3, mascherine chirurgiche, guanti, tute. La richiesta è aumentata ed è logico andare in affanno, il materiale è contingentato per tutti. Non siamo nell’ordinario, ma nello straordinario. Piano piano arriveremo ad avere i quantitativi necessari. La richiesta è stata mille e la risposta è stata quella dell’ordinario. È stata una scossa per tutti. Se fino a ieri l’ordinario era 10 oggi è 10mila, con il tempo arriveremo a un’ordinarietà nello straordinario.
Obituaries fill an Italian city’s newspaper, but survivors mourn alone https://t.co/77CNWQhhQB — The Washington Post (@washingtonpost) March 17, 2020
Il sindaco Gori ha fatto un tweet in cui afferma che si lascia morire la gente a casa. È vero?
Noi seguiamo i protocolli definiti da Areu e Aat. Protocolli che cambiano di giorno in giorno o a seconda della situazione. Noi siamo gli occhi e il braccio della centrale operativa di quello che definisce la Regione e il personale sanitario. Non lasciamo indietro nessuno. Oggi stiamo facendo prevenzione, abbiamo imparato che in ospedale si va se si ha bisogno. Come Croce Rossa stiamo lanciando una campagna con cui sottolineiamo il lato positivo dello stare in casa, questo è il nostro approccio. Che sia questa una lezione per fare prevenzione, prevenzione della comunità e della collettività. Da qua ripartiremo.
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