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Dal distretto tessile di Prato nasce Bettaknit, una startup che crea una community di appassionati di lavoro a maglia.
Dall’amore per i filati e per la sostenibilità di due sorelle nasce una startup che vuole rendere il lavoro a maglia accessibile e responsabile. Dietro ad ogni gomitolo, infatti, c’è una filiera fatta di tanti passaggi che parte dal campo (per il cotone) o dall’animale (per lana e cashmere), passa dalla tintura e arriva al filato. Un mondo che può nascondere molte insidie sia a livello ambientale, con l’impatto di sostanze inquinanti su falde e terreni, che sociale, con sfruttamento dei lavoratori, e persino sulla salute, con l’impiego di elementi tossici. Da questa consapevolezza combinata con il desiderio di rendere il knitting più accessibile a tutti è nata Bettaknit. La startup, fondata da Barbara ed Elisabetta Fani, fa parte di LifeGate Way ed è stata selezionata anche dal programma internazionale di accelerazione Techstars.
Il lavoro a maglia è sempre esistito, ma negli ultimi anni è ritornato di grande attualità. Dopotutto sono numerosi gli studi scientifici che descrivono ferri e ferretti come una fonte di benessere. Secondo le ricerche, infatti, sferruzzare attiva diverse aree del cervello che rallentano il declino cognitivo, rilassano e rafforzano l’autostima. Del resto, vuoi mettere un capo acquistato con uno fatto con le proprie mani? Così, dal cuore del distretto tessile pratese nasce la piattaforma di e-commerce che fornisce kit creativi e tutorial digitali per creare il proprio maglione, borsa o cappellino fai da te.
Bettaknit vuole innovare un’arte della tradizione nella quale le sorelle Fani sono immerse fin da piccole per via dell’azienda tessile di famiglia. E il desiderio è quello di trasformare in knitters anche chi parte da zero. In che modo? Con box creative che includono tutto il necessario, da ferri, aghi e uncinetti, a gomitoli, pattern e istruzioni il più chiare possibili supportate da video. Non c’è limite alla fantasia e nemmeno alla community di knitters che ama condividere i propri manufatti artigiani o partecipare alle sfide proposte attraverso i social. “Volevamo creare uno spazio dove le persone potessero riscoprire il piacere del fare con le mani e sentirsi parte di qualcosa di più grande. La community è diventata il cuore pulsante di Bettaknit” spiega Barbara Fani, Ceo e co-fondatrice dell’azienda.
I filati? Sono tutti naturali, certificati e 100 per cento made in Italy. I gomitoli di cotone sono tutti certificati Gots (Global organic textile standard) e provengono da filiere tracciabili, dalla raccolta all’etichettatura. Il mohair, certificato Rms (Responsible mohair standard), si serve esclusivamente da allevamenti che non praticano mulesing. Questa procedura, dolorosa per la pecora, prevede l’asportazione chirurgica della pelle nella zona anale e perianale allo scopo di prevenire infezioni.
Ancora, in ottica circolare, la startup è attenta a ridurre il proprio impatto e consumo di risorse ricorrendo a filati rigenerati come il re-cashmere. Questa pregiata fibra è ricavata dal riciclo meccanico di vecchi maglioni, che vengono rigenerati e filati di nuovo insieme a lana vergine. Come garanzia di sicurezza, la totalità dei filati è certificata Oeko-Tex, un sistema di controllo tessile per la rilevazione di sostanze tossiche. Perché, come sanno bene le sorelle Fani, per rispettare sé stessi e il Pianeta ogni filo conta.
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