A Milano un murale intitolato “Respiro” ha l’obiettivo di dare un tocco di verde in più alla città e non solo.
3 film da non perdere dal London film festival, spiegati
Tre pellicole selezionate direttamente dalla 60 esima edizione del London film festival. Spiegate, tra diritti umani e rivoluzione web.
Il London Film Festival organizzato dal British film institute (che si è tenuto dal 5 al 16 ottobre) è giunto alla 60esima edizione portando nella capitale del Regno Unito grandi nomi del cinema internazionale, dando spazio a temi sociali e di interesse collettivo. Gli occhi sono stati puntati su tre opere: Lo and Behold: il futuro è oggi, già diventato il documentario di maggior interesse del 2016; A United Kingdom, uno dei film britannici del festival avvantaggiato dal giocare in casa; Starless Dreams, il nuovo documentario del veterano regista iraniano Mehrdad Oskouei.
Lo and behold: il futuro è oggi
Il documentario sulla rete e sul suo impatto sulle nostre vite, realizzato dal regista e autore tedesco Werner Herzgog, è strutturato in dieci capitoli che partono dagli inizi e arrivano al futuro. Herzgog, la cui voce narrante è presente in controcampo, intervista vari personaggi che hanno fatto la rivoluzione telematica, hacker e scienziati, senza pregiudizi, ma con una buona dose di ironia, grazie alla quale lo spettatore riesce a ridere anche di dati allarmanti riguardanti il web. Ci si interroga anche se internet sogni se stesso. Non a caso il sottotitolo del film è “Fantasticherie del mondo connesso”. Emblematica è la scena con un gruppo di monaci buddisti alle cui spalle si estende uno specchio d’acqua e lo skyline di Chicago, negli Stati Uniti. Ad un primo impatto i monaci sembrano godere della tranquillità del paesaggio, ma la voce narrante ci informa subito che qualcosa è andato storto: ognuno di loro è intento ad interagire col proprio smartphone.
Il primo macchinario da cui nasce la rete è un calcolatore della University of California Los Angeles (Ucla), una sorta di armadio indistruttibile dal quale sono partite le prime trasmissioni da un computer ad un altro, da Stanford a 650 chilometri di distanza. Il primo messaggio trasmesso è stato un fallimento parziale: doveva essere “login”, ma arrivarono solo le prime due lettere, “lo”. Da qui il titolo del film, Lo and behold, un’esclamazione di sorpresa che vuol dire “guarda un po'”. Internet è nata così, da un messaggio ricevuto in parte, da due lettere, L e O, e se si vuole capire come si è arrivati oggi, bisogna partire da qui. Nei cinema italiani dal 6 ottobre 2016.
A United Kingdom
Ispirato a una storia vera, quella di Seretse Khama, interpretato da David Oyelowo, e di Ruth Williams (l’attrice Rosamund Pike), una coppia che nel 1948 decide di sposarsi nonostante l’opposizione delle rispettive famiglie e quella dei governi britannico e sudafricano. Lei è un’impiegata inglese, bianca, lui si trova a Londra per studiare legge, ma in realtà è il legittimo discendente della stirpe reale ed in seguito leader indipendentista del Bechuanaland (l’odierno Botswana), all’epoca ancora un protettorato britannico.
Proprio nel 1948, lo stato confinante del Sudafrica, immerso in un clima di profonda apartheid, aveva dichiarato illegali le unioni interrazziali. Film di apertura della 60esima edizione del London film festival, A United Kingdom è il terzo film di Amma Asante, già acclamata per La ragazza del dipinto (Belle). La regista londinese con radici ghanesi torna ad affrontare tematiche rilevanti ancora oggi, specialmente nel clima di incertezza post Brexit, come l’identità nazionale e l’ipocrisia razziale e di classe. Come ha dichiarato Asante, questa era un storia mai raccontata prima d’ora che meritava di essere conosciuta, e proprio per questo un ringraziamento va a Pathé UK, che negli ultimi anni ha prodotto diversi film che riguardano la diversità. Nelle sale cinematografiche inglesi dal 25 novembre 2016.
Starless Dreams
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Omicidio, spaccio di droga, violenza, sono solo alcuni dei crimini per cui nubili madri e giovani mogli, tutte minorenni, si trovano a trascorrere le proprie vite in un centro iraniano di detenzione e riabilitazione. Vincitore del Grierson award per la categoria “documentario” alla 60esima edizione del London film festival, Starless Dreams è l’ultimo film del regista iraniano Mehrdad Oskouei che svela un mondo che ben pochi conoscono. Verrebbe quindi da immaginarsi un film cupo che esplora una dimensione squallida, ma Oskouei utilizza uno stile che è completamente l’opposto, portando lo spettatore in un luogo pieno di vita e di spirito, senza rinunciare a un tocco di umorismo.
Le storie di queste ragazze sono accomunate dalla povertà, dalla droga, dalle case distrutte, ma ognuna di loro è diversa nella sua tragicità. C’è una ragazza che si chiama “651”, come il numero di grammi di droga che la polizia le ha trovato addosso quando è stata costretta a spacciare. C’è chi racconta di come con la madre e con la sorella ha deciso di uccidere il padre, ormai irriconoscibile a causa della tossicodipendenza. Ironicamente le ragazze trovano in prigione un senso di famiglia, ma il pensiero di che cosa succederà una volta scontata la pena le riporta sempre alla realtà.
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