L’attivista Ales Bialiatski, premio Nobel per la Pace nel 2022, dovrà scontare dieci anni di carcere in Bielorussia.
Condannati insieme a lui altri due membri dell’organizzazione per i diritti umani Viasna.
Da più fronti il processo è ritenuto come un tentativo di mettere a tacere gli oppositori del regime di Lukashenko.
L’attivista bielorusso Ales Bialiatski, noto in tutto il mondo anche perché insignito del premio Nobel per la Pace nel 2022, è stato condannato a dieci anni di carcere per contrabbando e finanziamento di “attività che violano gravemente l’ordine pubblico”. A rendere nota la notizia è Viasna, l’organizzazione non governativa da lui fondata.
Chi è Ales Bialiatski e come ha difeso i diritti umani in Bielorussia
Ales Bialiatski ha sessant’anni (è nato nel settembre del 1962) e lavora fin dagli anni Ottanta per la tutela dei diritti umani nel suo paese, la Bielorussia, all’epoca parte dell’Unione sovietica. Dopo l’ascesa al potere di Alexander Lukashenko, e dopo l’emendamento alla Costituzione che nel 1996 gli conferisce poteri dittatoriali, Bialiatski istituisce il centro per i diritti umani Viasna (una parola che significa “primavera”). Inizialmente l’organizzazione supporta gli oppositori politici che erano stati incarcerati e le loro famiglie; con il tempo allarga le sue attività, diventando una sentinella degli abusi commessi dal regime.
Il regime autoritario bielorusso cerca da anni di metterlo a tacere. Nel 2011 Ales Bialiatski viene condannato per evasione fiscale e resta in carcere fino al 2014. Si dichiara sempre innocente. Nel 2020, quando Lukashenko viene rieletto per il suo sesto mandato consecutivo, decine di migliaia di persone scendono in piazza. La repressione non tarda ad arrivare. Nel 2021 Bialiatski finisce nuovamente in carcere, senza nemmeno un processo, e da lì viene a sapere di aver ricevuto il premo Nobel per la Pace nel 2022.
Il processo farsa contro gli attivisti bielorussi
Il processo inizia a gennaio 2023 e vede imputati, insieme a lui, Valiantsin Stefanovich (vicepresidente di Viasna e della Federazione internazionale dei diritti umani) e Uladzimir Labkovich (avvocato di Viasna). L’accusa è di “contrabbando di ingenti somme di denaro e finanziamento di attività di gruppi che hanno gravemente violato l’ordine pubblico”. Gli attivisti, stando alla pubblica accusa, avrebbero introdotto nel paese più di 200mila euro e 54mila dollari per finanziare proteste illegali.
Il 3 marzo 2023 arrivano le condanne. 10 anni di carcere per Bialiatski, nove per Stefanovich e sette per Labkovich. Dunja Mijatović, commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, parla di un “palese attacco contro la giustizia e un tentativo di mettere a tacere le voci critiche indipendenti e punirle per il loro legittimo lavoro sui diritti umani”. I tre sarebbero stati puniti “semplicemente per i loro anni di lotta per i diritti, la dignità e la libertà del popolo bielorusso”, sostiene la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, descrivendo le accuse come una “farsa”. Stando a Viasna, in Bielorussia al momento ci sono 1.458 prigionieri politici. Il governo smentisce.
Drogata e stuprata per anni, Gisèle Pelicot ha trasformato il processo sulle violenze che ha subìto in un j’accuse “a una società machista e patriarcale che banalizza lo stupro”.
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