Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
Bielorussia, un paese in marcia per la libertà contro Lukashenko
Le proteste contro la rielezione di Lukashenko nella capitale bielorussa sono state le più grandi della storia del paese. Putin: “Pronti ad aiutarlo con l’esercito”.
In Bielorussia il 16 agosto è stato il giorno dell’annunciata e attesa grande marcia per la libertà, che i mezzi di informazione del Paese descrivono come la più grande manifestazione nella storia bielorussa. La protesa ha invaso pacificamente le strade di Minsk. Sarebbero stati oltre 100mila, addirittura 200mila secondo il New York Times. Il tutto mentre a poche centinaia di metri il contestato presidente Alexander Lukashenko arringava dal palco una decina di migliaia di suoi sostenitori, convocati per una contro-manifestazione, chiamandoli a difendere l’indipendenza nazionale. Un braccio di ferro che si è consumato all’ombra di un possibile intervento russo di ‘assistenza militare’, evocato da Vladimir Putin.
I motivi della grande marcia per la libertà
Preceduta dal funerale del manifestante ucciso lunedì scorso negli scontri con la polizia, la grande marcia arriva simbolicamente a una settimana esatta dalle contestate elezioni presidenziali, che hanno consegnato il 9 agosto, con l’80 per cento di suffragi, il sesto mandato consecutivo a Lukashenko, ormai al potere da 26 anni.
Nel giorno in cui Papa Francesco all’Angelus ha rivolto un pensiero alla Bielorussia con un “appello al dialogo, al rifiuto della violenza e al rispetto della giustizia e del diritto”, la grande folla lungo il grande viale dell’Indipendenza ha scelto un simbolo: un lungo nastro coi vecchi colori nazionali bianco, rosso e bianco e l’emblema di San Giorgio.
Questa era stata la bandiera della Bielorussia dopo la scioglimento dell’Urss ma che fu sostituita da bandiera sovietica – senza falce e martello – rossa e verde nello stesso referendum del 1995 in cui Alexander Lukashenko estese i propri poteri.
Questo simbolo è un messaggio chiaro al tiranno di lungo corso, “Vattene!”. Scandito anche, come un mantra, dalla folla anche nelle città più piccole, dove le proteste hanno radunato fino a ventimila persone.
La marcia del 16 agosto è il punto culminante di una settimana di proteste, scontri e tensioni iniziata con la violenta repressione delle manifestazioni pacifiche da parte delle forze di sicurezza dopo l’annuncio dell’esito delle elezioni. Questa situazione ha portato alla morte di almeno due manifestanti, oltre 6.700 arresti, feriti e notizie di pestaggi e torture.
Svetlana Tikhanovskaya si dice pronta a guidare il paese
Non solo, la stessa Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione, che ha ottenuto solo il 9,9 per cento e non ha accettato i risultati, lunedì scorso è stata tenuta agli arresti per quasi sette ore dopo che si era presentata in tribunale per un reclamo sull’irregolarità delle elezioni. Quando è stata liberata le è stato fatto capire che avrebbe fatto meglio a lasciare il paese.
Tikhanovskaya intanto ha lasciato la Bielorussia per la Lituania. Questo mentre il marito rimane nelle carceri di Lukashenko. In una dichiarazione video di lunedì 17 agosto, Svetlana Tikhanovskaya si è detta pronta a diventare il “leader nazionale” del paese, rivendicando la vittoria alle elezioni presidenziali: “Sono pronta ad assumermi la responsabilità e servire in questo periodo come leader nazionale in modo che il paese si calmi e torni a un ritmo normale. Dobbiamo liberare tutti i prigionieri politici nel più breve tempo possibile e prepararci per nuove elezioni presidenziali“.
Intanto, dopo i primi giorni di pestaggi, la violenza è diminuita. Il ruolo del web continua ad essere di primo piano anche in Bielorussia: sia nell’evidenziare le manganellate e le botte ai manifestanti celati dalle cortine di lacrimogeni, sia perché ha fatto diventare virale la protesta di alcuni ex soldati che hanno pubblicato video in cui buttano via le loro vecchie divise, esprimendo vergogna per il comportamento dell’esercito e delle forze di sicurezza.
Lukashenko chiede aiuto a Putin. E l’Europa?
Per la prima volta in ventisei anni Lukashenko sembra in seria difficoltà, ma dalla sua parte ha ancora l’esercito e pensare che possa a breve lasciare il potere è ancora difficile. La grande marcia di sabato ha dimostrato però che “L’ultimo dittatore d’Europa”, messo in un angolo da cui non riesce ad avere ragione della piazza né con la forza né con atteggiamenti più concilianti, ha bisogno di aiuto anche da Mosca nonostante sia stato confermato presidente con l’80,2 per cento dei voti.
Oggi Putin è libero di decidere se seguire la logica della “zona d’influenza” e salvare Lukashenko, anche con l’uso della forza. Da questa valutazione del “padrone” del Cremlino dipenderanno gli avvenimenti futuri a Minsk. Si vivrà un’evoluzione conflittuale come quella in Ucraina a seguito della “rivoluzione arancione”, costata la vita a migliaia di persone e tutt’ora irrisolta? O ci sarà un cambiamento pacifico come durante la “rivoluzione di velluto” che nel 2018 ha portato al potere Nikol Pashinyan a Erevan in Armenia?
E l’Europa? I 27 paesi europei si trovano per l’ennesima volta in difficoltà, perché possono contare solo sull’arma, piuttosto inefficace, delle sanzioni per influire su una crisi che si svolge a pochi chilometri di distanza dai suoi confini. I paesi baltici e la Polonia vorrebbero un’azione concreta, ma si scontrano con l’eccesso di cautela che coglie immancabilmente gli europei quando si tratta di agire da potenza geopolitica. L’unica sparuta voce resta quella della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha parlato di “persecuzioni e repressioni violente di manifestazioni pacifiche” che “non dovrebbe verificarsi in Europa”.
Verità sui presunti brogli elettorali
Ci sono diverse prove a sostegno che le elezioni del 9 di agosto siano state truccate, nonostante non ci fossero osservatori internazionali a seguire le operazioni di voto. Di fatto non era stato permesso loro esserci. Prima delle elezioni, per esempio, le autorità avevano detto che quasi la metà degli elettori aveva votato in anticipo. Si era trattato di un aumento esponenziale del voto anticipato rispetto alle precedenti elezioni. Il che era sembrato molto strano e lo è diventato ancora di più quando il giorno delle elezioni in molte città del paese si sono formate lunghissime file davanti ai seggi, rendendo poco credibile l’ipotesi che quasi metà degli aventi diritto avesse già votato.
Il progetto Honest Elections ha ottenuto le foto dei protocolli finali da 126 seggi: Tikhanovskaya è la vincitrice in 85 di questi. La raccolta di dati dai seggi elettorali si è rivelata un compito particolarmente difficile dato che per due giorni di fila, la rete internet praticamente non ha funzionato in Bielorussia proprio a cavallo dei giorni delle elezioni. Ma le autorità respingono ogni accusa e affermano che internet è stato tagliato dall’estero. “Qualcuno ha voglia di scendere in strada. Dall’estero, si spegne internet per creare malcontento tra la popolazione. Se internet non funziona bene, non si tratta di una nostra iniziativa”, aveva dichiarato Alexander Lukashenko.
Secondo i risultati ufficiali delle elezioni, però, Lukashenko ha ottenuto più dell’ottanta per cento dei voti e Tikhanovskaya poco meno del 10 per cento: Lukashenko è stato l’unico dei cinque candidati ad aver accettato questi risultati.
Una protesta trasversale
Intanto, mercoledì scorso, il famoso presentatore televisivo e giornalista bielorusso Evgeny Perlin ha annunciato le sue dimissioni per protesta contro la repressione delle manifestazioni. In settimana ci sono stati anche diversi scioperi dei lavoratori delle grandi industrie del paese, un bacino elettorale dove solitamente il sostegno per Lukashenko è alto. Il voto per lo sciopero tra i lavoratori è stato praticamente unanime e si stanno formando comitati che si preparano a notificare formalmente all’amministrazione le proprie motivazioni. Tra le richieste avanzate spicca l’annullamento delle elezioni e lo stop delle violenze contro i manifestanti. Anche alcuni dipendenti della Belteleradiocompany, che riunisce le televisioni e le radio di Stato, sono in sciopero e alle 9.00 di lunedì 17 agosto è stato mandato in onda per diversi secondi un divano vuoto.
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