La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Il dugongo non avrebbe più i numeri per continuare la specie in Cina. Una notizie che deve mettere in guardia le altre nazioni che lo ospitano.
Poche persone possono dire di aver visto un dugongo in vita loro. D’ora in poi sarà ancora più difficile, dato che questa particolare specie di mammifero marino è stata dichiarata “funzionalmente estinta”: ciò vuol dire che ne esistono così pochi esemplari da non riuscire a garantire la sopravvivenza della specie.
Conosciuto come il gigante buono degli oceani, questo mammifero d’acqua simile al lamantino, è spesso vittima della pesca senza limiti e controlli, a tal punto che in Cina può essere considerato estinto. Nel suo studio Functional extinction of dugongs in China, il ricercatore Samuel Turvey della Zoological Society of London parla di “perdita devastante”.
Analizzando una serie di dati storici, e realizzando interviste sul campo, i ricercatori hanno scoperto che non ci sono avvistamenti di dugonghi in Cina dal 2000. Solo tre persone ne hanno visto uno negli ultimi cinque anni. Ciò ha portato i ricercatori a dichiarare l’animale “funzionalmente estinto”, perché non ha più i numeri per riprodursi in quantità tale da continuare la specie.
Il dugongo è un personaggio unico del mare. Con un peso di quasi mezza tonnellata, è l’unico mammifero marino erbivoro. Simile nell’aspetto e nel comportamento al lamantino, ma distinto per la sua coda simile a una balena, la sua disposizione gentile e apparentemente benigna ha spinto molti a credere che la sua forma abbia ispirato antichi racconti marinari di sirene.
Purtroppo, il suo habitat vicino alla costa cinese lo ha reso vulnerabile e i pescatori lo catturano per pelle, ossa e carne. Dopo un notevole calo della popolazione, i dugonghi sono stati classificati come animale protetto dal consiglio di stato cinese nel 1988.
Ma i ricercatori ritengono che la continua distruzione del suo habitat – inclusa la mancanza di fanerogame, pianta marina alla base dell’alimentazione di questo animale – abbia causato un “rapido collasso della popolazione”. Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente stima una perdita del 7 per cento di fanerogame a livello globale ogni anno a causa dell’inquinamento industriale e agricolo, dello sviluppo costiero, della pesca non regolamentata e del cambiamento climatico.
Il professor Turvey ha affermato che l’estinzione in Cina del dugongo dovrebbe fungere da avvertimento per le altre regioni che ospitano dugonghi, tra cui l’Australia e l’Africa orientale, definendolo “un promemoria che fa riflettere sul fatto che le estinzioni possono verificarsi prima che vengano sviluppate azioni di conservazione efficaci”.
La specie, infatti, si trova in altre 37 regioni tropicali del mondo – in particolare nelle acque costiere poco profonde dell’oceano Indiano e del Pacifico occidentale – ed è classificata come “vulnerabile” nella lista delle specie minacciate dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn).
E in effetti c’è chi ci prova a difendere i dugonghi: l’emirato di Abu Dhabi ha deciso di proteggere e ripristinare gli ecosistemi costieri con un piano per ripiantare 12.000 ettari di mangrovie, barriere coralline e e alghe sottomarine. Un intervento che dovrebbe favorire la sopravvivenza di quella che si ritiene essere la seconda popolazione mondiale di dugonghi nel mondo.
Abu Dhabi e gli Emirati Arabi Uniti presenteranno questo progetto a dicembre, quando a Montreal ci sarà la sessione conclusiva della Cop15 della Convenzione sulla Diversità Biologica, dove tutti i paesi del mondo dovranno presentare piani per la protezione e i ripristini degli ecosistemi marini e terrestri. La speranza è che questo esempio venga replicato dagli altri paesi che ospitano comunità di dugonghi nei mari di loro competenza.
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